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Tutti per sé. Nessuno per l'Inter

di Lapo De Carlo

Pare che dopo l’ultima di una interminabile serie di sconfitte, intervallate dalla vittoria col Torino, non ci saranno conseguenze. L’Inter è in una zona più vicina alla retrocessione che all’Europa League, ha un allenatore attualmente privo di contenuti e dei giocatori del tutto sprovvisti di personalità, svuotati anche di un briciolo di raziocinio, incapaci di pensare semplice e lontani dal loro effettivo livello in modo persino sospetto. Già, perché un conto è sbagliare l’aspetto tattico, un altro è quello di sbagliare banali controlli di palla, tiri dalla distanza, cross semplici e altri dettagli tecnici che un giocatore dovrebbe padroneggiare.

La squadra gioca in modo ottuso, insicuro, senza mai un progetto di partita e, contro la Sampdoria, persino inspiegabilmente allungata. In ogni gara Murillo sbaglia sempre posizione, Ansaldi non è nemmeno il trisavolo del giocatore visto col Genoa, Banega, quello conosciuto come un fenomeno con la palla ai piedi, sbaglia cross, scelte di gioco, tempi, tutto.

E ancora: Joao Mario improvvisamente normalizzato, inutile, Murillo sempre più incerto, come il peggior Juan Jesus. Il comportamento più riprovevole è proprio di giocatori che, in casa (Europa League a parte) giocano con un maggior mordente, in trasferta affrontano l’impegno con sufficienza. La nave intanto va a fondo e, se devo dirla tutta, la stagione è già compromessa: niente Champions League nemmeno l’anno prossimo. Il campionato è ancora lungo, è vero, ma il tessuto della squadra, la composizione umana dei giocatori è quella di personaggi trovatisi per caso qui a Milano, ad indossare una maglia di passaggio, incassando un bonifico che non li fa percepire il minimo denso della realtà. Siamo ostaggi dunque di un gruppo di ragazzi.

La questione è anche la seguente: gran parte della tifoseria nerazzurra è giunta alla conclusione che la colpa non sia solo di De Boer perché dopo 6 anni e 8 esoneri nemmeno Zamparini sceglie così tanti allenatori e li caccia in un amen.
Quale che sia la vostra opinione sula vicenda De Boer, la situazione societaria è quella più delicata.  Le dirigenze di questi anni hanno abituato, o meglio, educato i giocatori a ritenerli fuori dalle responsabilità, esonerando ogni tipo di allenatore ritenuto colpevole. Dopo l’infinito numero di emergenze che la proprietà ha affrontato da luglio ad oggi, le clamorose falle nei tempi e le modalità di intervento, dopo il silenzio societario a seguito della sconfitta con l’Atalanta oltre ai paginoni interi dedicati ai nomi del prossimo allenatore, Piero Ausilio ha pensato bene di dire che nulla era vero, nessun allenatore è mai stato contattato e che la società crede fermamente nel lavoro del tecnico olandese. Chiunque immaginasse un cambio tecnico sognava. 

Boligbroke, Zanetti e Ausilio hanno dunque azzerato con fastidio le malizie giornalistiche. Un intervento, quello del direttore tecnico, che sarebbe stato robusto e opportuno, se non fosse per il fatto che è arrivato cinque giorni dopo la partita incriminata e due giorni dopo una vittoria soffertissima col Torino. Il consiglio che ha approvato il bilancio venerdì ha visto l’assenza di Zhang e Thohir, per motivi diversi, lasciando ancora un vuoto. Nessun dirigente forte con potere decisionale, solo questo vuoto pneumatico in cui ognuno dice di pensare all’Inter.

La questione ora non è se mandare via De Boer o tenerlo ancora un po’. Se l’unica reazione della dirigenza è quella di essersi stizzita rispetto alle voci di esonero che anche in queste ore si stanno diffondendo, significa che la situazione non è promettente. Non importa solo che Zanetti e Ausilio siano tutti i giorni alla Pinetina ma che una figura forte, autorevole e dal potere decisionale sia insediata a Milano. Ausilio ha questo potere? Zanetti lo ha? Thohir, oltre ad ottenere i tassi di interesse tra l’8 e il 9,5% del prestito fatto all’Inter e chiedere ai giocatori di impegnarsi di più quando capita, se capita a Milano, che ruolo ha? Zhang dopo il promettente “Forza Inter” dov’è finito?

La situazione oggi è che tutti pensano a se stessi e nessuno davvero all’Inter. La forza di una squadra, oltre al blasone dovrebbe essere una presenza aggregante, una riconoscibilità dei ruoli, un allenatore non difeso ma imposto e aiutato anche contro la sua volontà (se vuole stare all’Inter). Oggi non c’è niente di tutto questo e gli avversari (Southampton in arrivo, compreso) lo sanno e continuano a banchettare. C’è da aver paura.

Amiamola (almeno noi).


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