Un cuore differente
Diego Roberto Godin Leal, più noto semplicemente come Diego Godin, è da ieri ufficialmente un giocatore dell'Inter. Nato a Rosario, in Uruguay, il 16 febbraio 1986, ha cominciato a giocare in patria nel Cerro e poi ha continuato nel Nacional, prima di approdare in Europa nel Villarreal. Tre anni nel Submarino Amarillo, dal 2007 al 2010, e poi il passaggio all'Atletico Madrid. Nei Colchoneros, nove anni di successi. Con un altro Diego in panchina (Simeone), vince tantissimo: una Liga, una Coppa del Re, una Supercoppa di Spagna, due volte l'Europa League e tre volte la Supercoppa Europea. In due occasioni, l'Atletico viene sconfitto in finale di Champions League, entrambe dal Real Madrid. In bacheca anche la Coppa America vinta con la Celeste nel 2011, oltre a vari riconoscimenti individuali. Un palmares che parla da solo e fa capire che tipo di giocatore si è messo in casa l'Inter.
Ma Godin è anche più dei trofei vinti. Molto di più. Godin è un campione e anche un leader. Ha dentro di sé l'anima del condottiero, la virtù di chi sa indicare la strada ai suoi compagni. Sa farsi seguire perché è credibile, coerente, affidabile. Se la difesa dell'Atletico è stata per anni un bunker difficilmente espugnabile lo si deve in particolare alla sua figura. Elemento positivo per qualsiasi spogliatoio, perché sa dare l'esempio e sa unire, soprattutto nei momenti di difficoltà. Non si fa fatica a rintracciare sue interviste dopo ko dolorosi. Col passare degli anni, ha affinato anche l'aspetto della comunicazione, risultando incisivo e fondamentale per motivare tutto l'ambiente. È accaduto tanto nel club quanto in Nazionale.
Godin arriva in un'Inter che ha già una sua fisionomia delineata, ma che allo stesso tempo sta cercando tasselli pregiati per una crescita ulteriore. Forse il salto definitivo dopo un purgatorio durato anni. Si dice che Antonio Conte imposterà la sua difesa a tre elementi, e qualcuno ha sottolineato come questo potrebbe rappresentare un ostacolo per chi è stato abituato a giocare per anni in una linea a quattro. Ma Diego Roberto è calciatore intelligente, che fa della lettura tattica e della marcatura puntuale due punti di forza. Ragionevolmente, non avrà problemi nel piazzarsi in mezzo a De Vrij e Skriniar e guidarli con maestria. Stesso discorso qualora Conte volesse utilizzare l'olandese 'alla Bonucci', con l'ex Atletico e lo slovacco ai suoi fianchi in marcatura.
E poi Godin è anche uno dai gol pesanti in gare decisamente non banali. In carriera ha già segnato la rete che ha regalato la Liga all'Atletico nella storica ultima giornata al Camp Nou contro il Barcellona e aveva anche regalato l'illusione del titolo di campione d'Europa con l'inzuccata a beffare Casillas nella finale Champions di Lisbona, poi persa nei tempi supplementari. Amaro per i colori azzurri la capocciata che perforò Buffon e che decretò l'eliminazione dell'Italia di Prandelli ai Mondiali brasiliani del 2014. Storia recente, invece, il punto del 2-0 al Wanda Metropolitano contro la Juventus nell'andata degli ottavi di Champions nella stagione passata.
Quando serve, Diego c'è. E se la narrazione calcistica ha spesso abusato negli ultimi mesi dell'ormai famigerata Garra Charrua, nel caso di Godin si può tranquillamente asserire che il racconto è reale e calza a pennello. El Faraon ha davvero un cuore differente.
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