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Un destino per niente eroico

di Giulia Bassi

Il destino degli eroi non prenderà forma questa sera. Perché, comunque vada, non sarà un’impresa, né un’azione straordinaria. Nulla di eroico, in sostanza. Nella migliore delle ipotesi, l’Inter avrà semplicemente e solamente evitato una figuraccia, una sorta di 5 maggio 2.0 rivisitato in vista di un obiettivo meno scintillante ma che ugualmente sente riecheggiare l’eco del suicidio sportivo.

Lo si scrive da mesi, precisamente da quando il gruppo di Spalletti ha salutato l’ultimo obiettivo concreto rimasto, l’Europa League. Si scrive da mesi che per questa squadra, con la mentalità che ha mostrato più volte nel corso dell’anno, non sarebbe stato affatto scontato riuscire a mantenere la rotta su un terzo posto che pure era solo da conservare senza strafare.

Si era parlato di una zattera carica di moribondi che avrebbe faticato a raggiungere il porto. Per quello che si era visto nel corso della stagione, che aveva determinate potenzialità e che ha finito per sgonfiarsi, la squadra, infatti, non aveva dimostrato il carattere e la testa adatti nemmeno per fare una cosa semplice. Il rischio, elevato, di perdere la concentrazione ognuno pensando al proprio orticello e magari al proprio futuro lontano da Milano, si è materializzato come conseguenza inevitabile delle ultime settimane in cui sembrava essere stato proclamato il rompete le righe.

Ora Spalletti si gioca tutto, l’accesso alla Champions nonché obiettivo minimo stagionale, all’ultima giornata. Non c’è due senza tre perché la stessa cosa gli è successa due anni fa con la Roma e lo scorso anno nella serata magica e fortunata dell’Olimpico. Ma stavolta, la vittoria obbligata contro l’Empoli a San Siro non appare tanto come la caccia all’impresa ma come un disperato tentativo di evitare una figuraccia. Perché l’inter si è divorata punti di vantaggio, posizioni, match point e soprattutto la tranquillità di chi poteva chiudere il campionato in scioltezza e, invece, ancora una volta, deve fare i conti con i propri fantasmi, le proprie paure e le proprie debolezze.

La fortuna, nemmeno tanto meritata, dei nerazzurri, è che San Siro ha una gran voglia di imprese e di considerare tali anche le partite che non lo sarebbero. Ed è pronto a sostenere chi ha fatto di tutto per mandare in malora una stagione che poteva, e in parte doveva, offrire altro. Per fortuna l'ultima giornata di campionato è arrivata: primo perché l'Inter col suo andamento lento avrebbe continuato a perdere punti; secondo perché così si potrà davvero iniziare a cambiare e a lavorare per la prossima stagione.

Pensando di affidarsi principalmente a uomini e professionisti seri che sappiano che il calcio è un gioco di squadra e non uno sport individuale (e che magari non pubblichino su Instagram, alla vigilia di una partita delicata, una foto con tutti i numeri e le statistiche personali come fatto da Mauro Icardi). Al 90' di Inter-Empoli la stagione avrà i suoi titoli di coda e, si spera, il suo sospiro di sollievo. Non servirebbero nemmeno feste (quelle hanno il diritto di farle solo i tifosi per la loro passione) o guerre (non ne vale di certo la pena), come dichiarato dalla Curva Nord. Servirebbe soltanto la consapevolezza che da lunedì servirà contare su altri uomini e altri professionisti.

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