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Un'Inter 'europea' e una 'italiana': servono risposte, non finte analisi

di Stefano Bertocchi

È un’Inter dai due volti quella che si è vista in questa prima parte di stagione. C’è quella ‘europea’, capace di centrare un’impresa sotto gli occhi di tutti strappando il biglietto per gli ottavi di finale di Champions in un girone di ferro con Bayern Monaco e Barcellona; c’è quella ‘all’italiana’, che arranca in classifica ad ampia distanza da quella vetta che ad inizio stagione ci si augurava i nerazzurri potessero tenere nel mirino ben più da vicino.

In Champions League è fresco il sorteggio con il Porto, avversario ostico e da non sottovalutare nel doppio confronto in agenda tra febbraio e marzo ma certamente tra i più abbordabili inseriti nell’urna di Nyon, considerando che tra i possibili ostacoli dei nerazzurri (per certi versi impossibili da saltare) figuravano anche i nomi di corazzate come Manchester City e Real Madrid, oltre ad altri top club come il Chelsea e il Tottenham. Le prestazioni della fase a gironi contro il fanalino di coda Viktoria Plzen (regolato comunque con 6 gol fatti e due clean sheet) e nella doppia euro-sfida con il Barcellona hanno finora rappresentato il picco della strana annata interista: contro i blaugrana è arrivata una vittoria a San Siro, seppur sofferta, poi seguita dal pareggio di prestigio al Camp Nou. Match in cui è emersa la viglia di rischiare e, soprattutto, la forza di lottare da squadra e di reagire alle difficoltà. Come possono essere quelle generate da un gol preso.

Un problema, questo, che emerge invece spesso e volentieri quando l’Inter scende in campo in campionato e che è stato evidenziato - con eccessiva tranquillità (e mediocrità) - da Simone Inzaghi dopo il discutibile ko di Torino contro la Juventus, dove l’Inter ha sprecato l’inverosimile per poi essere punita dalle brucianti ripartenze bianconere che con un pizzico di malizia in più potevano essere stroncate sul nascere: di prendere gol e non reagire "ci era già capitato in altre partite - ha giustamente fatto notare Inzaghi nella conferenza stampa post-Juve -. Quando prendi gol soffri il momento e questo non deve accadere: dopo il gol ci siamo allungati e sfilacciati. La squadra risente troppo dell’episodio, era una partita sentita e volevamo farla nostra a tutti i costi, ma il primo gol ci ha penalizzato". Il punto principale della crisi in campionato risiede proprio qui. E dalle dichiarazioni del tecnico piacentino si trasferisce poi al campo, dove anche i giocatori hanno ovviamente le loro colpe che vanno da una grande mole di gol sbagliati fino ai tanti incassati: una squadra come l’Inter non può e non deve risentire dell’episodio a sfavore, ma deve trovare da quello la forza di rialzarsi. Non è successo nel derby contro il Milan, non è successo contro l’Udinese e non è successo negli altri scontri diretti contro Lazio, Roma e Juventus. Dove sono arrivati cinque ko che, a meno di miracoli sportivi - e in una stagione che, ricordiamo, sarà anomala per via del Mondiale -, probabilmente condannano già il Biscione a salutare il tricolore. In alcuni di quei cinque scontri diretti persi Lautaro e compagni erano addirittura passati in vantaggio (vedi derby, Udine e match casalingo contro la Roma), ma la rete incassata, anche se del momentaneo pareggio, ha improvvisamente spento gli entusiasmi nerazzurri e riacceso la miccia della rimonta negli avversari. Perché?

C’è un problema di fondo legato alla mentalità che trova tristemente conferma nelle molli dichiarazioni dell’allenatore, figura in grado di far capire il battito dello spogliatoio all’esterno dello stesso e che, specie nei momenti delicati, dovrebbe fungere da parafulmine e indicare la via per la svolta definitiva. Se uno come Inzaghi, ad esempio, preferisce invece giustificare la netta differenza tra il rendimento dell’Inter in casa e in trasferta in campionato ricordando che "le partite più complicate le abbiamo giocate fuori, ma dobbiamo migliorare nei big match e nei gol presi", allora le già palesi difficoltà non possono che venire a galla con ancor maggior facilità. È mai esistito un campionato in cui si gioca solo in casa? No. C’è un problema di gol subìti? Sì. E allora si prenda noto dell’ovvio: si è alla guida di un top club che da sempre punta a vincere, sia in casa che in trasferta. E si metta anche una toppa dove c’è urgenza di farlo, blindando una difesa che finora ha incassato 19 reti in campionato, stessa cifra del Bologna di Thiago Motta ospite questa sera a San Siro. Dove servono risposte, non finte analisi.


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