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Un nuovo/vecchio format per le coppe europee

di Alessandro Cavasinni

Ancora non si sa se la stagione potrà essere conclusa e quando. C'è addirittura l'ipotesi di andare oltre l'estate, terminando in autunno. Si passa dal ripartire a maggio al non ripartire per nulla, e la frattura c'è soprattutto all'interno della Lega di Serie A. Ma non solo, perché il problema dei calendari da riformattare riguarda anche la Uefa che non intende rinunciare a Champions ed Europa League. Finora, però, il virus non ha lasciato tregua, e così non si può fare altro che aspettare gli eventi e sperare che l'ondata passi il prima possibile.

Sarà di certo un calcio a porte chiuse quello che vederemo alla ripresa, questa è l'unica certezza. La normalità è ancora lontana dall'essere ripristinata e, giustamente, si andrà per gradi. Il calcio è una parte importante del tessuto sociale del nostro Paese e anche di tutto il globo. Vedere nuovamente un pallone che rotola su un campo verde vorrebbe dire tanto, al di là di ogni tipo di interesse economico. Serviranno, quindi, nuove idee per far fronte a una situazione così eccezionale. Perché se da una parte c'è una stagione da completare, dall'altra ce n'è una che non può essere compromessa: quella del 2020/2021 deve essere la stagione della rinascita, che poi conduce all'Europeo, alla Coppa America e alle Olimpiadi.

Presumibilmente, il calendario del calcio 2020/21 si dovrà compattare, sintetizzare, per poter chiudere i battenti il 1° giugno e lasciare spazio alle nazionali. Un'idea romantica che potrebbe sembrare anche una provocazione: perché, almeno per un anno, non si torna al vecchio format delle coppe europee cancellando la fase a gironi e ripristinando fin dai primi turni gli scontri diretti con gare di andata e ritorno? In fondo, si è capito che i campionati domestici non possono essere accorciati più di tanto, ma sulle Champions ed EL intervenire è possibile. Un'eccezione che ci farebbe tornare al fascino delle coppe di quando eravamo ragazzi. Quando ogni sfida diventava da dentro o fuori. Quando i 90 minuti non lasciavano mai spazio alla noia o alla prevedibilità.

Se ci facciamo caso, ricordiamo molto di più un'Inter-Malmö del 1989 piuttosto che un'Inter-Barcellona del 2003. E potremmo dire lo stesso pure per tutte le altre presunte grandi sfide dei gironi di Champions ed Europa League degli ultimi anni. A parte qualche caso raro di 'girone della morte' o di sorpresa, per il resto le competizioni europee sono diventate scontate, ridondanti, con scarsissimo pathos fino alle battute finali. E anche lì non sempre si avverte quella sensazione di evento come dovrebbe essere. Succede a causa della ripetitività: se ogni anno c'è un Real-Bayern o un City-Psg, l'attenzione scema. Inevitabile.

Magari fare un passo indietro potrebbe portare a compierne due in avanti. Meno partite e meno incassi da sponsor e tv? Possibile, ma non scontato. Perché alla fine anche il pasto preferito non è più così tanto sognato se te lo propongono ripetutamente.


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Domenica 15 dicembre