Una cosa da imparare
Siamo così, è più forte di noi; dobbiamo sempre e comunque discutere di quel che non va. Perché il tifoso nerazzurro non ha mezze misure, non aspetta prima di parlare; tutto è bianco o nero, giusto o sbagliato, stelle o stalle, utile o inutile. Dico questo dopo aver sentito l’ennesima, noiosa ed insensata critica verso il presunto non gioco della squadra, nello specifico parlando di centrocampo accusato dai soliti noti - quelli che ormai devono ricoprire un ruolo, urlatori estivi sbugiardati dal comportamento in campo e fuori dei giocatori – di lentezza e prevedibilità; evito accuratamente di citare il famoso motto di grandi frequentatori del settore tecnico di Coverciano, novelli scopritori di talenti ed osservatori per conto dei maggiori club mondiali, ma lo cito: eh, abbiamo preso il centrocampo della Fiorentina, che l’anno scorso è arrivata ottava. Dovessimo seguire l’onda creata da questi fini ed esperti dicitori, non sarebbe mai dovuto arrivare, vado a memoria, Eugenio Bersellini da Borgo Val di Taro (ciao Mister), retrocesso con la Sampdoria nella stagione precedente all’approdo ad Appiano, che ci ha regalato due coppe Italia ed uno scudetto per non parlare, tralascio in nome del pudore ma non tralascio, di Diego Milito e Thiago Motta, giunti a Milano sponda corretta del Naviglio dal Genoa, nono (NONO) nel campionato 2009/2010, pilastri indimenticabili di un gruppo che ha vinto tutto, e quando dico tutto intendo tutto. Evitate cortesemente le robe tipo… eh, ma quella era una grande squadra, ci potevo giocare anch’io perché no, Voi in quell’Inter non ci potevate giocare e ricordate, perché io me lo ricordo bene, quante critiche sono piovute addosso ai nerazzurri all’epoca con una parte del pubblico – sempre i soliti – a chiedere, nel bimestre novembre/dicembre, la testa di José da Setubal al grido di… ma cosa ci sta a fare quel portoghese lì in panchina… prima di guidare il carro qualche mese dopo, tenendo le redini oltretutto.
Insomma, tanto per cambiare la storia non serve a nulla. Ragazzi miei, il calcio è differente rispetto ad un lustro addietro, oggi tutti sono allenatori ed attenti giudici. Tuttologi e conducenti tardivi di carri compresi. Per i quali aggiornarsi e criticare è un must. Ma criticare chi? Sarà che sono un inguaribile romantico pallonaro, sarà che sono profondamente innamorato dei miei colori e li difendo anche di fronte ad evidenze sconcertanti (ogni tanto mi girano le palle ma lo trovo fisiologico), sarà che per me chi indossa la maglia è sacro ed inviolabile (a meno che non cammini in campo, si selfizzi i piedi o cazzeggi tipo quindicenne appoggiato al muro fuori da scuola che fuma di nascosto), cerco sempre di vedere il classico e noiosissimo bicchiere mezzo pieno.
E parliamone allora di questi centrocampisti ottavi con la Fiorentina, parliamone che mi sembra corretto. Partendo da Borja Valero, trentadue anni, un passato non italiano nelle fila di Maiorca (stessa parrocchia di Eto’o), West Bromwich Albion e Villarreal, un metro e settantacinque di fosforo pallonaro; i negazionisti di Sabatini ed Ausilio, giustamente dal loro punto di vista, sostengono che il ragazzo non ha novanta minuti nelle gambe e, mediamente dopo il sessantacinquesimo, entra in un tunnel che lo porta inevitabilmente alla sostituzione. Sarà anche così, ma chiedo: avete mai visto ciò che fa Borja nei sessantacinque presunti minuti di autonomia? Primo a pressare sul portatore di palla avversario, lo soffoca a tal punto da renderlo quasi inutile alla causa della propria squadra. Non me lo invento, basta andarsi a leggere le statistiche di chi gli gioca contro per capirlo. Borja è l’uomo che l’Inter ha cercato a lungo, voluto e sponsorizzato da Luciano nostro, il suo primo fan. Beh, sento già le sibille nerazzurre; si poteva prendere qualcuno più giovane in quel ruolo. Risposta semplice; no, non si poteva. Perché nessuno giovane e forte con quello spessore tecnico lascia la piazza dove sta giocando per scegliere una squadra senza Champions; questione di immagine, non di soldi. Lo spagnolo è uno fuori dall’ordinario, grande giocatore di rara intelligenza calcistica, sa un secondo prima dove smistare il pallone che gli sta arrivando. Oltre a poter vantare, anche qui basta leggere per sapere, un altissimo chilometraggio durante la partita; in sostanza un moto perpetuo, una mosca tse-tse per chi lo affronta faccia a faccia.
Già che ci siamo sprechiamo due parole due su Matias Vecino da Canelones, spilungone uruguaiano che pian piano sta assumendo sempre più la leadership della linea mediana. Bestemmierò calcisticamente, qualcuno lassù mi perdoni, ma quando parte palla al piede (lo dovrebbe fare più spesso, cribbio) mi ricorda tanto un idolo delle folle nerazzurre, Nicola Berti. Oltre al poter spaccare in due le difese avversarie con le sue percussioni, Vecino recupera palloni e corre come un forsennato per novanta minuti. E la mia sensazione è che Matias il meglio di sé ce lo debba ancora mostrare. Anche lui, come Borja, pupillo del tecnico di Certaldo; anche lui, come Borja, voluto ed ottenuto da Luciano nostro nonostante una critica troppo preventiva, capace di discutere esclusivamente sulla clausola rescissoria del ragazzo e non sulle potenzialità dell’ex viola, nato nel Central Espanol e raffinatosi in Italia tra Cagliari ed Empoli. Ventiquattro milioni ben spesi, almeno alla luce di quanto Vecino ha mostrato fino ad oggi. In Gagliardini ho fiducia; il Gaglio può solo e soltanto crescere al fianco di due come quelli appena citati, trasformandosi da bruco in crisalide e da ultimo in farfalla. Perché Roberto rappresenta un investimento importante per il futuro ed il suo futuro è qui, altro che crisi con l’allenatore. Degli otto milioni più Caprari per Skriniar non parlo nemmeno, sarebbe come sparare sulla croce rossa dall’alto delle prestazioni che lo slovacco sta fornendo al centro della difesa, vero e proprio leader, l’uomo che chiama la linea ed i compagni, una sorpresa ma solo relativa per chi lo aveva seguito lo scorso campionato in quel di Genova sponda doriana.
Insomma, facendo quattro conti i tre acquisti oggi come oggi inamovibili nello scacchiere di Spalletti sono costati, euro più euro meno, neanche una quarantina di milioni, tanto quanto speso da altri per un solo uomo che magari sta pure rendendo al di sotto delle aspettative. Ecco, la prossima volta prima di sentenziare presunte incapacità dirigenziali e dei calciatori stessi vediamo di aspettare un pochino di tempo, impariamo a fidarci di più di chi ci rappresenta in campo e fuori. Il cammino è ancora assai lungo, pieno di insidie, trappole e nemici (sportivi); armiamoci di fede e diamo credito a questa Inter. I 70.000 di oggi sono un gran bel segnale, ma devono essere solo l’inizio ed il feeling squadra-tifosi dovrà mantenersi costante e continuo, soprattutto di fronte alle avversità che capiteranno nel corso della stagione. Amatela, sempre. Buona domenica a Voi!