Una faccia da (costoso) flop
Doverosa premessa: ammetto con un pizzico di rammarico e di nostalgia che all'interno del cerchio di centrocampo prima dell'inizio della partita si registrava un tasso di talento calcistico a cui chi è sceso in campo poco dopo neanche si avvicina. Ma tant'è, oggi va così. Domani magari racconteremo storie epiche degli attuali nerazzurri, almeno lo spero. Chiusa parentesi, vado al sodo. Tre punti contro il Bologna, missione compiuta. Non in modo brillante, ma chi contro la squadra di Donadoni ha espresso bel calcio? E soprattutto, quante big ne hanno avuto la meglio? Rispondo a entrambe le domande: nessuno.
Eppure la sportellata in pieno viso arrivata già al 6' con l'uscita zoppicante di Icardi, punto di riferimento offensivo di chi ha bisogno di fare la partita, poteva sortire effetti tremebondi. Così non è stato, perché l'assioma che vorrebbe l'Inter esibirsi con maggior sfrontatezza e verticalità in assenza del suo numero 9 ha trovato conferma anche ieri sera. Almeno nel primo tempo, chiuso in crescendo. Tutto bene, penso io. Nella ripresa con questo atteggiamento prima o poi il muro ospite crollerà. E invece l'intervallo ci restituisce una squadra molle, impaurita, che lascia campo all'avversario (che tendenzialmente non sa che farsene) e pare vittima di ataviche paure.
Del suo lo mette anche Mancini, che prima interpreta alla perfezione la sfida tattica contro Donadoni, anche dopo l'uscita di Icardi, poi inverte gli esterni e priva Perisic di almeno un quarto del suo potenziale spostandolo a destra. Passi per Nagatomo e D'Ambrosio, che tendenzialmente non patiscono il cambio di corsia, ma ho la sensazione che il croato dia il meglio di se quando può puntare l'avversario partendo da sinistra. Non è un caso se, una volta tornato nel suo habitat naturale, l'ex Wolfsburg propizi entrambi i corner vincenti e concretizzi il primo aprendo la scatola rossoblu.
Dopo la terza prestazione monstre, posso sbilanciarmi bacchettando simpaticamente chi fino a un mese fa lo definiva un flop, un acquisto errato e costoso, uno degli errori di mercato di Mancini che tanto ha insistito per averlo. E chi finora lo ha difeso, predicando pazienza per chi arriva da un altro mondo calcistico, ora si lecca i baffi e qualche sassolino se lo toglie. Certi giudizi, e lo dico anche a certi tifosi interisti, andrebbero esposti solo quando si ha il quadro completo della situazione e non ai primi fastidi da mal di pancia.
Un paio di sassolini se li è tolti anche Danilo D'Ambrosio, che ha trascinato alla vittoria l'Inter con un gol, un assist e, perché no, un salvataggio sulla linea che ha fortunatamente ritardato la rete del Bologna. Pochi secondi prima il terzino di Caivano si era messo in tasca più di un fischio per un cross sbagliato (non certo la specialità della casa), senza farsi condizionare. E la sorte lo ha premiato, ergendolo a protagonista di un successo vitale nella corsa al terzo posto.
D'Ambrosio, così come Perisic, è stato protagonista della fascia sinistra nel secondo tempo, così come il croato e Nagatomo lo erano stati nel primo. È su quella corsia che l'Inter ha messo la freccia e ha sorpassato i ragazzi di Donadoni, prima di rischiare un testacoda nel finale. Ma se portasse a casa una vittoria tranquilla, non si chiamerebbe Inter. Ancora di più a pochi giorni dal suo compleanno. Ora a Roma, senza Icardi e Palacio (perché quel giallo al 93'...), a fare all-in sul tappeto verde dell'Olimpico. Poche certezze, tanta speranza. E un croato da cui farsi trascinare.