.

Uno strano Sensi del tempo

di Egle Patanè

Questo matrimonio non s'ha da fare... E difatti non s'è fatto. Come era già nell'aria da giorni, le strade di Lazar Samardzic e dell'Inter si separano definitivamente. Le vicissitudini che hanno portato al clamoroso cambio di rotta fino al naufragio di ieri della trattativa sono ormai ben note e sottolinearne torti o ragioni di una o dell'altra parte servirebbe esclusivamente a mero chiacchierio da salotto utile a nessuno. Eppure, al netto del 'tant'è', le considerazioni risultano difficili da contenere. Il centrocampista classe 2002 torna lì da dove è partito, e non ci sono mediazioni, tentativi di ricucita e rassicurazioni ai tifosi che tengano. L'Inter non si fida, la puzza di bruciato si è espansa troppo e la rinuncia all'acquisto di un potenziale gioiellino di presente e futuro è il naturale corso di una trattativa che ha preso la piega di un capriccio inaccettabile. Una presa di posizione sulla falsa riga delle puntate precedenti della finestra di mercato in corso che mette in luce ancora una volta l'aspetto caratteriale di un personaggio dirigenziale che non si piega. Questo è un fatto. 

'Schiena dritta e niente eccezioni concesse' è il solco tracciato da Marotta e Ausilio dall'11 giugno in avanti senza esclusione di colpi dinnanzi a nessuno: Lukaku, Scamacca, adesso Samardzic. Ragioni diverse, problematiche diverse, medesimo epilogo. Un'amara pillola da digerire, l'ennesima. Altro innegabile dato di fatto. E ai fatti conseguono svariate reazioni: cause e conseguenze. Cause inappuntabili, conseguenze 'incontestabili'. Un cane che si mode la coda di una problematica che trova un girotondo di 'colpevoli' e 'vittime'. La soluzione è tentare la fuga da una forza centripeda che sembrerebbe portare all'implosione e l'escamotage dei dirigenti interisti è un tentativo di inversione dei poli che cerca forza proprio da dentro. Al ritorno, parecchio clamoroso e inaspettato di Marko Arnautovic, che riporta ad Appiano una brezza di Triplete probabilmente un tantino fuori luogo, ritorno al passato che funge da grande 'attacco d'arte', scommessa del mercato in corso, si aggiunge anche la vociferata conferma di Stefano Sensi. Una retrospettiva tra i meandri delle qualità 'casalinghe' della rosa di Simone Inzaghi che fa pensare a quella tanto familiare necessità di autarchia già ben esplorata negli scorsi anni che rispolvera angeli e demoni.

Ancora una volta l'impossibilità di capire la vera natura delle scelte dirigenziali, comprensibilmente incomprensibili al netto del nobile motto del 'fine che giustifica i mezzi', non si placa neppure dinnanzi all'affidabilità di un assett manageriale che si è sempre ben destreggiato tra le varie gravi vicissitudini capitate e finito in finale di Champions. Un'inquietudine maturata nel corso delle settimane che ha seminato un alone di sconforto che ad oggi non può trovare sollievo nell'ufficialità di Marko Arnautovic, sentimento di cui tra i corridoi del The Corner sono ben consci. Il timore che serpeggia nel mondo interista è un demone già comparso anche in quel di Viale della Liberazione dove però la consapevolezza dei reali mezzi e piano a disposizione, questa sconosciuta al di sotto del sesto piano del palazzo Generali, funge se non da antidoto quantomeno da calmante. Sedativo che potrebbe trovare ragion d'essere, per quanto lecito il sospetto, nella scelta di trattenere Stefano Sensi. Un'opzione che, volendo non curarsi dell'inevitabile percezione di obbligata autarchia, regala una seconda chance al giocatore e alla società stessa, nelle condizioni di re-investire su un patrimonio dalle qualità e talento indiscussi, evitando lo spreco di una risorsa che senza la brutta rogna della cagionevole condizione fisica avrebbe un valore decisamente differente. In queste amichevoli estive, Sensi, pur con un minutaggio non elevato  ha regalato prestazioni di alto livello facendo intravedere i lampi di quel giocatore che una sera si divertì a insegnare calcio al Camp Nou. E dopo le parole del suo agente, il centrocampista urbinate non è più poi così sicuro di dover lasciare ancora Appiano. Scelta magari dettata dalle condizioni paradossali in cui opera l'Inter, ma che per un elemento che comunque viene da una stagione da 30 partite al Monza può essere significativa. Una chiave di lettura che potrebbe fornire ai tifosi uno spiraglio di luce in mezzo a tanto timore specie se corroborata dalla vociferata possibilità di un terzo rinforzo in attacco, di un innesto in difesa (novità dell'ultimissima ora il ritorno di fiamma per Scalvini) e di un ulteriore centrocampista che possa fare da staffetta con Sensi. Ma il punto è esattamente questo: il se ad oggi ancora troppo ipotetico. Il se ad oggi ancora troppo ipotetico, con una scadenza del mercato che si avvicina inesorabilmente e un campionato praticamente al giro di ricognizione prima del via. Il margine c'è ma non è tantissimo e la dirigenza sa che l'imperativo è: "Non sbagliare". Riusciranno i nostri eroi a conciliare buone intenzioni e ristrettezze temporali che inevitabilmente portano anche a restringere il campo delle opzioni?


L'accoglienza dei tifosi per Arnautovic
Altre notizie