Vi racconto Milito, il Principe ritrovato
C'era da aspettarselo che accadesse. Il ritorno di Milito, che in molti avevano già trasformato in un brutto anatroccolo, era cosa che, prima o poi accadesse. Diego Alberto, ma per tutti ormai il Principe, consacrato da reti e da assist, è calciatore vero. Nato in quella lontana Bernal, del partido di Quilmes, il luogo "cervecero" per eccellenza, dove crearono la più famosa birra (cerveza in spagnolo) d'Argentina, è città della sterminata periferia di Buenos Aires, qui Diego ebbe i natali da una famiglia originaria della Calabria. I suoi nonni paterni, infatti, raggiunsero l'Argentina negli anni della grande emigrazione. Salvatore Milito e Caterina Borrelli, lasciarono Terranova da Sibari, per emigrare in terra lontana. E furono proprio queste due persone che segnarono, in modo indelebile la formazione e crescita del Milito uomo. Intriso di sentimenti veri, autentici, degli insegnamenti di quei due vecchietti calabresi. L'ho intervistato qualche mese fa per un programma di Rai Internazionale, proprio in questa cittadina calabrese, che gli ha consegnato la cittadinanza onoraria.
Diego era lì, visibilmente commosso, mi mostrava una vecchia foto scattata in Argentina che ritraeva i suoi genitori e i due nonni, roba d'altri tempi, un bianco e nero che Diego ha guardato chissà quante volte in questo suo piccolo tour calabrese. L'ho visto emozionarsi, a tal ricordo, gli visto arrossire gli occhi stringedosi fra le spalle quel vecchio e lontano ricordo dei due anziani nonni, i loro sacrifici, le loro giornate accanto a lui, che lo hanno segnato in maniera più che positiva. Il papà Jorge è lì che lo guarda anch'egli con commozione. Quel suo anziano padre sarebbe stato molto contento di vederli tutti e due lì, nella terra delle sue origini. "Chissà come sarebbe orgoglioso di vederci tutti qui" mi diceva sottovoce, quasi sussurrando. Quel paesino decantato ai suoi nipoti (Diego, Gabriel e Natalìa) li aveva accolti fra le sue braccia amorose. Affetti che nascono da lontano.
Diego ha passato momenti duri, nel dopo Madrid, quella frase detta dopo la finale ha segnato molto il suo percorso post Champions, ma tant'è quello era il suo pensiero e lo ha detto. Salvo poi spiegare che forse il momento era sbagliato. Diegol, come qualcuno lo chiama in Argentina, è tronato ad essere pungente, graffiante, con quei colpi che sembrano da vecchio giocatore di biliardo. E con Diegol, e la ritrovata difesa è tornata l'Inter. Io l'ho sempre sostenuto, anche quando mandava in curva palloni invitanti, sapevo che Diego non era quello, e che la sua sensiblità lo stava penalizzando. Tenes que aguantar Diego, devi resistere e far passare questo momento. Così è stato, oggi magari qualche frettoloso critico del giorno dopo, si è ravveduto, nei giudizi. Qualcuno lo ha tartassato, dato per finito. Ha già dato sostenevano in tanti. No, signori, non è così. Diego c'è ancora. perchè il suo compito è ancora quello di regalare reti ed emozioni a questa Inter ritrovata. El Principe sube al escenario otra vez... Senza dubbi.