Vincere è l'unica cosa che Conte
Non è facile prendere una posizione rispetto ad un'Inter che sta decisamente cambiando pelle e lo sta facendo diventando quell’azienda, in parte reclamata dai tifosi che pretendevano una società più organizzata e attenta ai particolari. L’ha fatto anche e soprattutto dal punto di vista delle scelte tecniche, strategiche e comunicative e se l’intenzione è solo quella di fidarsi, non c’è alcun problema nel condividere la nuova modalità societaria. Diversamente qualche perplessità è giusto averla, quantomeno per poterne dibattere.
I punti in questione sono la conferenza stampa ad inviti, la scelta dell'amministratore delegato di annunciare pubblicamente che Icardi e Nainggolan sono fuori dal progetto e il calciomercato che, ad oggi, ha portato in nerazzurro Godin, Sensi, Agoume, Lazaro, con vista su Barella, Lukaku (su cui la Juve è piombata) e Dzeko.
Ascoltando i commenti dei tifosi c’è una divisione emotiva. L’entusiasmo viene dalla gioia di chi individua la stampa sportiva in ostile e nemica dell’Inter, “finalmente messa al suo posto”. Una direttiva capace di mostrare una forte attenzione verso i contenuti in entrata e uscita dall’Inter, senza più spifferi e voci senza controllo.
Dall’altra parte la conferenza di presentazione della nuova stagione, priva di trasporto, si è diretta verso quattro concetti importanti, distribuendo parole chiave come “fatica”, “sudore”, “lavoro” e “noi” in sostituzione di “io”, mortificando le aspettative verso qualunque espressione brillante. Solo fatti e l’inevitabile impaccio di un allenatore profondamente radicato nella juventinità e la sua appartenenza. È certamente un bene che si punti sulla sobrietà, mostrando l’intenzione di credere nella sola praticità, accompagnando verso l’uscita ogni possibile problema. È giusto che Conte non abbia mostrato un “interismo” ipocrita ed è anche corretto che faccia delle scelte.
Dall’altra parte è anche giusto porsi delle domande. Siamo tutti d’accordo che l’Inter debba abbandonare quella tendenza masochista verso quella discontinuità costruita in casa, specie a ridosso delle cene natalizie, ma è anche giusto che la storia dell’Inter e la sua tradizione, che l’ha resa non solo pazza ma anche entusiasmante, venga rispettata e integrata con un’anima più solida.
Se invece il principio è quello di riformare il club rinnegandone la sua identità, per renderlo ad immagine e somiglianza della Juventus, è un pericolo. Fece lo stesso errore Lippi nella sua determinazione, che diventò arrogante, nella pretesa che avvenisse con i suoi modi e tempi. Conte è un allenatore biennale, che ottiene tutto e subito, Marotta ha il compito di edificare a lunga distanza e i due devono sapere che l’Inter ha un patrimonio genetico differente che va valorizzato, non solo cancellato o nascosto.
Marotta, dicevamo, ha annunciato che Icardi e Nainggolan non rientrano negli standard richiesti. Questo traduce senz’altro idee chiare e una certa risolutezza, ma ci è sempre stato detto sia buona regola non dichiarare pubblicamente le intenzioni, rispetto ad un giocatore che si vuole cedere. Se il club avesse già in mano per la cessione all’estero, nessuno avrebbe da obiettare. Con i giocatori ancora in rosa sembra invece una forzatura, il cui esito non è sicuro.
Nel caso del belga può darsi che lo incentivi ad accettare le offerte cinesi ma nel caso di Icardi la questione è differente. Oggi le uniche possibili pretendenti sono le due principali rivali dell’Inter e la sola idea di poter cedere ad un prezzo conveniente un giocatore che, comunque la pensiate, è uno dei migliori attaccanti in circolazione, è un’idea disorientante.
Non ci sono alternative? Qualunque scelta differente, compreso quella di tenerlo e lasciarlo in tribuna, sembra migliore rispetto alla cessione ad una concorrente già più forte. È già triste, penosa, amara da sola, una vicenda che culmina in pochi mesi, in una messa al bando di un ex capitano, con la giubilazione di una buona parte di tifosi. La beffa di una cessione ad una competitor, col giocatore che ti ritroveresti contro e iper motivato, diventerebbe una beffa storica, simile a quella di Pirlo e Seedorf.
La cosa importante è però che l’Inter torni a vincere e sembra che per farlo voglia avvizzire la sua filosofia, rimuovere il suo passato, inaridire il suo elemento e puntare su quel tormentone cinico che esalta la sola vittoria. La speranza è che si trovi un compromesso tra le due identità, senza che una forzi troppo l’altra e arricchendosi nell’integrazione tra istinto e organizzazione, tra candore e determinazione.
In quel caso ne nascerà qualcosa di straordinario.
Amala.
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