Vivere di rendita
Un lusso. Difficile definire diversamente il punto che l'Inter porta a casa dalla trasferta di Bologna, dove una sconfitta sarebbe stata anche legittima. A voler guardare forzatamente il bicchiere mezzo pieno, c'è da dire che da ieri sera la classifica dei nerazzurri è migliore rispetto a quanto espresso dalle ultime due prestazioni e guai a lamentarsi. Eppure Luciano Spalletti, dopo il sufferto e meritato fino a un certo punto successo dello Scida aveva ammonito: "Non si può vivere di rendita". Detto, non fatto. Perché l'Inter al Dall'Ara ha replicato lo stesso atteggiamento e mostrato contro i calabresi, ai quali ha strappato i 3 punti solo nel finale. La differenza però l'ha fatta l'avversario: il Bologna messo in campo dal bravo Donadoni ha letteralmente e per tutto il primo tempo travolto sul piano del ritmo l'avversario, incapace di costruire nulla e di uscire palla al piede agevolmente dalla propria metà campo. Squadra lenta (già stanca?), idee poche e confuse e poca concentrazione, come si evince dagli errori in serie commessi da giocatori che hanno nella qualità tecnica il loro must. Di certo non è quello che Spalletti avrebbe voluto vedere e se alla fine ne è scaturito un pareggio è tutto grasso che cola. In un paese risultatista come il nostro, ci si deve necessariamente accontentare.
Negli ultimi anni il Dall'Ara è stato teatro di prestazioni poco gradevoli da parte dell'Inter, ma nelle due trasferte precedenti è sempre arrivato un successo di misura e sofferto. Nella scorsa stagione fu addirittura Gabigol a firmare la vittoria, a conferma di quanto il destino abbia voce in capitolo tra queste due squadre e sotto le due torri. Ieri sera un intervento scomposto di Mbaye ha evitato una sconfitta che avrebbe demoralizzato e non poco l'ambiente, trasformandola in un punto prezioso per la classifica. Il primo posto e la corsa al record andranno a farsi benedire, ma non importa. Questo gruppo deve continuare a lavorare molto, perché è evidente come faccia fatica nel suo complesso se due o tre elementi girano a vuoto.
Oggi non siamo nelle condizioni di sognare in grande, per quanto intorno all'Inter sia stata creata un'aurea troppo ottimistica figlia delle prime quattro vittorie in campionato. Pensare di essere già al livello delle favorite sarebbe un errore grossolano e le ultime due trasferte in provincia devono riportare tutti con i piedi per terra. Dei risultati ci si può anche accontentare, dell'atteggiamento e della prestazione certamente no. Non sempre Skriniar troverà la buca d'angolo in mischia, non sempre il difensore di turno causerà un rigore nel contesto di un'azione innocua. Vivere di episodi, così come di rendita, è controproducente anche se in una fase di costruzione qualche passaggio a vuoto è inevitabile e va accettato con serenità. Però bisogna cercare di dare qualcosa di più, e il discorso vale per tutti visto che tra Scida e Dall'Ara nessuno merita solo complimenti.
A questo si aggiunge, e mi addentro nel discorso tecnico-tattico, il preoccupante vuoto sulla trequarti intravisto a Crotone e manifestatosi nella sua interezza a Bologna. Discreto sabato scorso, ieri sera Joao Mario è stato impresentabile. Serata storta, certamente, ma il problema è più radicato: il portoghese non è un trequartista, ma un progetto di trequartista che Spalletti, volente o nolente, si è dovuto accollare. Credo tuttavia che anche il meno esperto si sia accorto della scarsa incisività dell'ex Sporting Lisbona in una zona del campo in cui la concretezza è irrinunciabile. Il modo in cui ha bucato l'assist di Candreva dopo pochi secondi è emblematico: sotto porta è troppo grezzo per poter essere graffiante e Icardi ne risente, trovandosi come in passato il peso dell'attacco sulle spalle. Manca, come l'anno scorso quando in quella zona transitava Banega, il centrocampista con il gol in canna, quello che sfrutta i movimenti dell'argentino per trovare spazi e calciare in porta. Un limite non da poco che rende prevedibile la manovra offensiva nerazzurra, aggrappata a Icardi e alla vena di Perisic, ieri sotto tono. Tutto il resto è noia. Non scopro l'acqua calda, in estate si è disperatamente cercato questo profilo ma non è arrivato e l'allenatore sta facendo di necessità virtù. Il problema, sia ben chiaro, non nasce ieri sera, ma è stato mascherato dalle prestazioni di alto livello, a turno, dei centrocampisti impiegati. E quando anche Borja Valero va in riserva, esplode in tutta la sua evidenza.
Ribadisco: c'è da essere soddisfatti per il punto alla luce della prestazione ma la classifica, più che positiva, non deve assolutamente illudere nessuno. Chi si concentra sul dito che indica la luna andrà incontro a qualche delusione in questo campionato, come le ultime due prestazioni opache mascherate dai 4 punti in più. Per fortuna ad Appiano Gentile ne sono consapevoli e Spalletti costantemente allontana gli entusiasmi, filtrandoli per trasmettere etica del lavoro ai propri calciatori e per convincerli di essere tutti potenziali top player. Un lavoro sulla testa più che sulle gambe ancora in pieno svolgimento, e che necessita di consapevolezza anche nel contesto esterno, soprattutto da parte dei tifosi. La rosa ha dei limiti e il progetto spallettiano è ancora agli inizi. Però non c'è motivo di preoccuparsi perché la squadra c'è, si è guadagnata il rispetto di critica e avversari ed è in buone mani. E anche un punticino strappato così al Bologna alla lunga potrà far comodo.