Zero personalità
Grigia senz’anima. È questa la squadra che è scesa in campo con 11 giocatori che avevano in testa pensieri diversi. Nessuno armonico a quello dei compagni. Hanno giocato in modo “professionale”, senza strafare. Si poteva e si è andati vicini a vincere, per poi scoprire che si poteva persino perdere in casa.
Il primo tempo l'Inter lo gioca in modo equilibrato contro un Chievo che applica diligentemente un insano catenaccio, del tutto inspiegabile per una squadra già salva, che costringe l'Inter a fare una gara nella trequarti clivense, cercando pertugi di ogni genere. Il fatto è che, come già detto in altri editoriali, l'Inter è una squadra composta da giocatori senza senso del collettivo, incapaci di leggere naturalmente la grammatica di un'azione ma ottimi nella realizzazione di un'azione individuale. Perciò il tifoso nerazzurro è costretto ad assistere a un monologo, nemmeno tanto ispirato, di una squadra che fa le cose come un compito a casa, con impegno ma senza cuore. L'Inter costruisce alcune opportunità, tira 14 volte, ottiene 7 calci d'angolo e prende un palo. Alla fine della prima frazione meriterebbe di essere in vantaggio ma contemporaneamente comprendi che nel secondo tempo le cose non miglioreranno. Sai che Mancini correrà dei rischi in più e, insieme a lui, l'Inter tutta.
Infatti nel secondo tempo il Chievo mette fuori il becco, poi si ricorda che la partita dev'essere tutta difensiva e la rimette sui binari del monologo nerazzurro. Dalla metà della ripresa i veronesi intuiscono che l’Inter preferirebbe essere a letto a dormire e allora si rende pericolosissima ben quattro volte. In tutta la gara si registra un Guarin indisponibile a un'illuminazione, un tiro decente, un passaggio che sia uno ben calibrato. Lo vediamo tutti ma Mancini persevera nel suo impiego. Anche Hernanes non è in giornata, giochicchia col pallone tra i piedi ma sbatte contro il muro dei veneti
La realtà dei fatti dice che l'Inter ha una manovra prevedibile, anche perché non ha esterni in grado di saltare l’uomo. Non D’Ambrosio che, nonostante la generosità, è inadatto a far fronte alle sue carenze tecniche, le quali emergono proprio in partite come queste. Non Juan Jesus che viene adattato ma, come il suo collega, non è uomo dribbling (tranne quando gioca come centrale…) e tantomeno è in grado di produrre cross decenti. Santon sarebbe l’esterno ideale ma non dà alcuna garanzia in copertura, un fatto non trascurabile che sta facendo ragionare seriamente la società sulla rosa della prossima stagione. Inoltre ogni singolo giocatore non è in grado di tirare senza prima ricevere il pallone, controllarlo, cercare la posizione, un'ispirazione, di sperare che l'avversario si sposti dalla sua linea di tiro, allora ci pensa, ci ripensa, poi si sposta e forse calcia. E quando lo fa tira in tribuna o produce una mozzarella.
Per fare un giro palla decente Juan Jesus, D'Ambrosio, Medel, Guarin su tutti, impiegano secondi interminabili rendendo prevedibili anche i loro pensieri più profondi. Se una squadra non sa alzare il ritmo, non aggredisce l’avversario dal primo all’ultimo minuto quando ha un obiettivo come l’Europa alla portata, significa che questi giocatori non possono sostenere il peso di nessuna responsabilità. Non è un caso che l’Inter abbia totalizzato più punti di tutti nelle ultime cinque partite, cioè quando giocava senza più uno scopo preciso. L’immaturità non la cancelli in un mese.
In questa partita è definitivamente emerso anche un piccolo caso Shaqiri. Lo svizzero è entrato nel secondo tempo svuotato, demotivato, mai in partita. Anche a lui è bastata qualche panchina per spegnersi. Così come Kovacic che ha fatto un passo indietro rispetto alle ultime due gare. Prima di cominciare la partita l'Inter ha messo sul tavolo un piano per il futuro che mostra quanta fretta abbia la dirigenza nel pianificare e presentare la nuova squadra. C'è una necessità di fare il salto di qualità in termini di riconoscibilità dei giocatori e di importanza dei risultati, proprio per accelerare l'ingresso di sponsor sempre più importanti e soprattutto per acquisire valore nel merchandising.
Ma diventa vitale, specie guardando l'Inter di questi ultimi anni, scegliere prima l'uomo e poi il giocatore. La tempra, la forza mentale di un ragazzo che indossa una maglia tanto pesante ha un valore inestimabile nell'economia di una stagione. Quest'anno sono parecchie le squadre che si sono sfaldate per debolezza caratteriale, sintomo di una categoria gonfiata a elio, a cui basta uno spillo per demotivarsi, lasciarsi andare e non avere più riferimenti. Lo dimostrano gli andamenti dei primi e secondi tempi dell'Inter, i ritiri voluti per sfinimento da De Laurentis per il Napoli, da Galliani per il Milan, da Giulini per il Cagliari. Conto molto sulla volontà di costruire una squadra mentalmente matura, arrabbiata, affamata, che voglia vincere, senza dirlo più solo a colpi di tweet.