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Abodi a FcIN: "L'Inter ha diritto al suo stadio. Strano che il Comune..."

di Christian Liotta

Il futuro dell’Inter passa anche e soprattutto dal progetto dello stadio di proprietà, per il quale è stato raggiunto nelle scorse settimane l’accordo con la Chinese Railways Construction Corporation, uno dei colossi a livello mondiale nel settore delle costruzioni. La società di Massimo Moratti si muove verso un passo che il calcio del presente è ormai diventato fondamentale, e che vede l’Italia, Juventus a parte, annaspare al cospetto delle principali realtà europee del mondo del pallone. Una questione, quella dello stadio, ma non solo, che FcInterNews.it ha avuto il piacere di approfondire con una figura istituzionale importante, un presidente di una lega calcistica ma anche un manager molto attento alla questione delle infrastrutture nel mondo dello sport, ovvero Andrea Abodi, presidente della Lega Serie B, che abbiamo raggiunto quest’oggi all’Università Bocconi di Milano, dove ha ricevuto lo Sport Business Award 2012 assegnatogli dalla Sport Business Academy di RCS Sport e SDA Bocconi School of Management.

Dottor Abodi, volevamo chiederle innanzitutto un parere sui primi passi mossi dall’Inter per la costruzione del suo stadio di proprietà e sull’iniziativa dell’accordo con la CRCC.

E’ un progetto che vorrei conoscere più a fondo, visto che vorrei scoprire innanzitutto la parte cognitiva, che è un presupposto importante. Prima di disegnare uno stadio bisogna capire dove va posizionato, quanto deve essere grande, che tipo di servizi deve offrire. Penso che comunque l’Inter queste attività le abbia sviluppate brillantemente. Mi sembra che fino a non molto tempo fa la vera criticità fosse nel trovare la sintonia con l’amministrazione comunale che consentisse di localizzare questo stadio. Tra l’altro, in un momento nel quale la città e tutto il territorio allargato si sono cimentati con lo sviluppo infrastrutturale in funzione dell’Expo in modo anche ampio. E’ strano che questa città abbia saputo produrre effetti con grattacieli, la nuova fiera, e tutto quanto si costruirà ancora in funzione dell’Expo e non sia riuscita a trovare uno spazio per lo stadio e per tutte quelle esigenze di cui parlavamo prima per un imprenditore importante per il Paese oltre che per la città come Massimo Moratti e per una squadra dalla caratura nazionale e internazionale come l’Inter. Mi auguro che, tanto più in previsione del 2015, questo sforzo di elaborazione preventiva di un modello da parte dell’Inter possa trovare ascolto e una possibilità di attuazione. Credo che l’Inter, oltre ad averne la titolarità abbia in qualche modo diritto ad avere un suo stadio”.

Durante la conferenza successiva alla consegna dell’SBA Award ha parlato di innovazione come “sapere anticipare quello che il mercato può gradire”. Secondo lei, può rispondere a questo concetto il fatto che l’Inter stia aprendo agli investitori cinesi con la prossima cessione del 15% delle proprie azioni? Può essere questa una via per l’innovazione?

Se non è innovazione, è certamente una piacevole e positiva novità. Rappresenta ancora un limite del nostro sistema Paese, non solo sistema calcio, lo scoraggiare spesso gli investimenti internazionali, il nostro Paese ha un elevato tasso di precarietà burocratica, amministrativa, politica e di instabilità, quello che generalmente viene chiamato “rischio Paese”. Paradossalmente, siamo tra i grandi mondiali ma abbiamo un livello di instabilità elevato. Un investitore straniero cerca soprattutto certezze, sburocratizzazione, e capacità di vedere riconosciuto l’investimento effettuato. Il Presidente Moratti, che è una persona brillante, di spessore e di valore, ha trovato dei soggetti interessati; certo, preoccupa il fatto che quest’apertura possa portare ad un’internazionalizzazione eccessiva, che faccia perdere la matrice nazionale. Però per una realtà come l’Inter che ha nel proprio DNA l’internazionalità, mi sembra un fatto naturale non solo sul campo con la sua cifra tecnica, ma anche a livello di proprietà, che possa aprirsi a un mercato affascinante come quello cinese”.

La Serie B ha lanciato recentemente il programma ‘B Futura’, una piattaforma di sistema  atta a favoriee la riqualificazione e l'ammodernamento di stadi già esistenti o la realizzazione di nuovi impianti. Confermando di essere una Lega molto attiva sotto molti aspetti. Perché in Serie A non si riesce ad arrivare alla creazione di iniziative simili?

“La risposta può sembrare semplice: il tutto nasce dalla dimensione economica, che è data anche dal contributo della gente, degli appassionati, che in Serie A arriva a bloccare quelle che sono le enormi potenzialità insite nella massima divisione nazionale. Lo sviluppo è frenato in primo luogo dal problema del mancato accordo per la distribuzione delle risorse economiche. Credo che non appena la Serie A riuscirà a trovare un modello oggettivo e condiviso per la spartizione dei proventi, verranno comunque fuori tutte le potenzialità dei club, sia sul mercato domestico, dove comunque grazie ai diritti tv si sta muovendo bene, che su quello internazionale”.

E’ auspicabile che anche la Serie A possa intraprendere un progetto simile a B Futura, anche per non aspettare troppo a lungo questa legge sugli stadi che fatica ad essere approvata in Parlamento?

Da un lato la Serie A avrà la possibilità di importare questo progetto, perché le tre società che saranno promosse dalla Serie B, se tutto andrà per il verso giusto, potranno comunque trasferire gli effetti della nostra progettualità anche nella massima serie, e sarà un processo naturale. Poi, la nostra piattaforma nasce sul presupposto che possa nascere una piattaforma più ampia che riguardi Serie A e Serie B. Il nostro è un sistema aperto per definizione, forse ne abbiamo più bisogno noi della Serie A perché abbiamo realtà più piccole magari con la necessità di far crescere anche la cultura industriale, quindi il fatto di metterci assieme e mettere a fattor comune alcuni elementi di maggiore aiuto alla nostra dimensione e condizione, mentre in Serie A ci sono realtà già strutturate con un’idea ben precisa di ciò che dovrebbe essere fatto. Credo che un altro fatto importante è che la massa critica che vogliamo generare possa portare dei benefici in termini di rapporto con le amministrazioni locali, proprio in assenza di leggi. Il rapporto con le amministrazioni e l’iter amministrativo possono essere fattori critici di successo per l’iniziativa di sviluppo infrastrutturale, e quindi farlo tutti insieme, e lo stiamo misurando nel rapporto con l’Anci, Associazione dei Comuni Italiani, produce più effetti significativi del testa-a-testa che avviene in altri ambiti”.

Un altro tema molto caldo è quello della creazione di squadre B, allo scopo di agevolare il passaggio dei giovani dalla Primavera al calcio dei grandi, fronte dove l’Inter, insieme ad altre squadre, è molto attiva. Qual è la posizione della Lega Serie B? Siete aperti a questa innovazione caldeggiata anche dal vice-presidente Figc Albertini o ci sono delle riserve?

Premettendo che quello delle seconde squadre è un tema che interessa principalmente la Lega Pro, perché è da lì che dovrebbero eventualmente partire, noi non abbiamo chiusure preconcette per definizione. Siamo persone che amano discutere, ci piace ragionare più che sul singolo elemento sul quadro d’assieme. Quindi, partendo dagli obiettivi e non concentrandoci sull’analisi degli strumenti. Esiste un problema, che è quello della valorizzazione dei giovani, come esiste il problema dell’eccessiva ampiezza delle rose ed esiste il problema della missione della Serie B. Mettendo insieme questi tre fattori, si può trovare anche la soluzione al problema degli eccessi delle rose e alla necessità di far giocare i giovani, e si può consolidare la mission della Serie B come incubatore di talenti”.

 

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