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Avv. Valori a FcIN: "La relazione di Palazzi non ha valore. E la Juventus..."

di Mario Garau

Lo sfogo post Inter-Cagliari di Massimo Moratti ha portato la società Juventus, seppur mai chiamata in causa del presidente nerazzurro, a pubblicare sul proprio sito ufficiale, accompagnata da un 'No comment', la relazione che il pubblico ministero della Figc Stefano Palazzi ha reso nota nell'estate 2011 in cui contestava anche all'Inter il reato di illecito sportivo, così come ad altre società. Un gesto volutamente provocatorio che vale più di qualsiasi commento, attraverso cui la Juventus ha tenuto a sottolineare la teoria del 'tutti colpevoli', evidenziando come per il magistrato anche i nemici di sempre fossero colpevoli dei fatti emersi nel 2006. Per capire la legittimità di questo gesto FcInterNews.it ha intervistato l'avvocato Guido Valori, esperto di diritto sportivo, tra i più interpellati dalle testate giornalistiche italiane in questo genere di situazioni.

Avvocato, che valore ha la relazione pubblicata dalla Juventus sul suo sito ufficiale in risposta alle dichiarazioni di Moratti?
"E' una richiesta di archiviazione che archivia i fatti per i quali stava indagando Palazzi. Non ha alcun valore giuridico, è una richiesta di archiviazione. Non è un accertamento della verità, il procuratore federale fa le indagini. All'esito delle indagini o archivia o prosegue con un deferimento. Qui ha chiuso con una motivazione anziché con un'altra, la motivazione purtroppo non ha alcun valore rispetto a quello che è l'accertamento di quelle che non possono essere delle ipotesi di contestazione disciplinare. Peraltro qui l'archiviazione avviene su quello che dice Palazzi perché sarebbe trascorso un certo tempo e quindi non è possibile andare all'accertamento. Poi che lui esprima anche una sua ipotesi relativa a responsabilità dell'Inter e quindi di Moratti, rimane un'ipotesi che non passa al vaglio di nessuno".

Cosa avrebbe rischiato l'Inter in caso di mancata prescrizione?
"Avrebbe rischiato un deferimento e quindi un giudizio di fronte alla disciplinare".

Perché la Procura ha redatto questa relazione?
"Bisognerebbe chiederlo a chi l'ha predisposta. Posso immaginare le reazioni che hanno condotto a essa, ma sono ragioni giuridiche non certe. Qualche volta avviene che negli atti d'archiviazione si facciano dei riferimenti, qui sotto il profilo giuridico non c'era nulla che giustificasse una motivazione particolare. Lo ha fatto ma rimane un atto unilaterale che non ha trovato vaglio da parte di nessuno. Nel senso che l'archiviazione non viene vagliata. Un deferimento, invece, ha una commissione o un giudice sportivo. Ti viene fatta una contestazione disciplinare, tu vai lì, ti difendi, quella commissione esamina se sei più o meno responsabile e se non lo sei per niente. Si fa un accertamento, questa dichiarazione è priva di accertamento".

La Juventus può rafforzare con questa relazione la sua teoria del 'tutti-colpevoli' e ripulire la propria immagine?
"No, diciamo che questa cosa ha innescato una serie di azioni dando convincimento alla Juventus che non fosse l'unico soggetto che avrebbe dovuto patire delle sanzioni disciplinari. Però è un coinvolgimento basato su una relazione unilaterale, per quanto attento, per quanto persona capace e garbata, è pur sempre unilaterale. Palazzi in tutti questi deferimenti ha avuto molto spesso ragione. Però tra avere molto spesso ragione e averla sempre c'è una differenza importante. Questo non vuol dire che quello che dice Palazzi sia la verità. Anche nella ricostruzione dei fatti, non è proceduralmente corretto arrivare ad affermare una cosa del genere. Lo ha fatto però, ripeto, dal suo punto di vista e con gli elementi che aveva raccolto fino a quel momento".

Quanto avrebbe influito l'assenza di Facchetti in un eventuale processo?
"Chi può dirlo. Io penso niente. L'accertamento qualora fosse stato richiesto sarebbe stato fatto doverosamente nei confronti delle persone che avevano contestazioni disciplinari. Chi non ne risponde, nel caso di Facchetti, non avrebbe influito se non per il fatto che in qualche maniera è una persona indirettamente chiamata causa. Questo non avrebbe avuto una grande influenza. I reati non potevano essere contestati, perché il procedimento - come in penale - si chiude quando una persona è deceduta".


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