Melo a FcIN: "Con Mancini in Champions. Icardi? Top, non capitano. E Gabigol..."
Non parla da tanto. Da quando ha salutato Milano e l'Inter ha deciso di concentrarsi solo ed esclusivamente sul Palmeiras, il suo nuovo club, la sua nuova sfida. Un'avventura che prosegue e che lo sta rendendo particolarmente felice, grazie soprattutto al calore di un popolo che lo ha considerato da subito come un vero e proprio idolo.
Felipe Melo de Carvalho si racconta in questa intervista esclusiva concessa a FcInterNews durante la quale ripercorre ogni tappa della propria esperienza nerazzurra, terminata lo scorso gennaio quando si è concretizzato il passaggio all''Allianz Parque'. La prima parte della scorsa stagione, quando i nerazzurri guardavano tutti dall'alto in basso, il vistoso calo nel ritorno, le successive problematiche tra Roberto Mancini e la società che hanno poi portato all'addio del primo, l'infelice esperienza con Frank de Boer in panchina fino ad arrivare a Stefano Pioli, tecnico che il classe '83 di Volta Redonda ha voluto ringraziare per avergli concesso un'ultima chance prima di salutare Appiano Gentile.
Particolarmente interessanti i passaggi su Mauro Icardi ("Parliamo di un fenomeno, ma non può indossare la fascia da capitano") e Gabriel Barbosa ("Inter, usa la testa. Non commettere l'errore di perderlo: ricordi Coutinho?"), mentre non manca una frecciata nei confronti della Juventus: "La finale di Champions League? Ho tifato per il Real Madrid, anche se mi dispiace per il calcio italiano". Parola, quindi, al Comandante. Con frasi, superfluo sottolinearlo, mai banali.
A gennaio ha salutato Milano per tornare in Brasile. Dopo Cruzeiro, Flamengo e Grêmio, ormai tanti anni fa, oggi indossa la maglia del Palmeiras: qual è il bilancio di questi primi mesi?
"Senza dubbio positivo, per fortuna sta andando tutto molto bene. Ringrazio Dio perché sono felice e ogni cosa va per il meglio. Sono tornato in Brasile dopo tantissimo tempo, sono estremamente soddisfatto perché gioco in una squadra in cui mi trovo a meraviglia: i giocatori sono forti e ogni componente mi sta dando una grossa mano. Per non parlare della società che non ci fa mancare assolutamente nulla. Come detto, sono molto felice".
Inoltre la stagione può dire ancora molto, considerando che il Palmeiras è in corsa su tutti i fronti.
"Esatto, possiamo toglierci tante soddisfazioni perché abbiamo l'occasione di giocare in tutte le competizioni. Abbiamo superato il turno in Copa do Brasil, ora affronteremo il Cruzeiro, mentre il campionato è appena iniziato. Inoltre nella Libertadores, la nostra Champions League, siamo riusciti a superare il girone da primi in classifica. Siamo lì, siamo in corsa per tutto. La squadra è composta da tanti calciatori nuovi, ma siamo molto forti e motivati a mille. Si lavora tantissimo e la strada è sicuramente quella giusta. Possiamo vincere qualcosa, noi ci siamo e ci proveremo con tutte le nostre forze".
Il futuro lo immagina ancora con questa maglia?
"Non abbiamo vinto il campionato Paulista, questo è vero, ma il fatto di essere stato nominato come uno dei migliori centrocampisti del torneo mi inorgoglisce. Alla mia età, a 33 anni, non è semplice tornare in patria e confrontarsi con ragazzi di 20-22 anni. Ma sono contento perché sto facendo bene. Io so come sono fatto: il Felipe Melo extra-campo non 'sgarra' mai. Conduco una vita assolutamente regolare, da vero professionista, alimentazione perfetta e mi alleno sempre al massimo. Insomma, non mollo di un centimetro. E questo credo si sia sempre visto sul campo, oggi come in passato".
Addio all'Inter a gennaio: da chi o cosa è scaturita questa decisione?
"Guardi. Per me l'arrivo all'inter ha rappresentato la realizzazione di un sogno, volevo vestire quella maglia da tanti anni. Già dai tempi di Mourinho, il quale ha provato a prendermi. Ma non si sa mai come può andare la vita e la carriera di un calciatore, le cose cambiano velocemente e non ci sono certezze. Ho giocato per altre squadre importanti e in altri Paesi come la Turchia, ma alla fine fortunatamente sono riuscito ad arrivare all'Inter con Mancini. Questo è ciò che conta e che per me è importante".
Ha citato Mancini, con il quale il feeling non è mai mancato. Già dai tempi di Istanbul.
"Grazie a Dio insieme ai miei compagni e a Mancini abbiamo fatto la storia del Galatasaray, vincendo anche tanti trofei. Ho passato quattro anni di conquiste in un periodo in cui sono stato protagonista. Poi si presentò l'occasione, finalmente, di venire a Milano: parlai con la società e trovammo l'accordo per liberarmi. Da quel giorno per me è stato impossibile non diventare un tifoso interista: sono carico quando giocano e non mi perdo una partita. Purtroppo ho passato solo un anno e mezzo in nerazzurro, troppo poco. Ma ho meritato di giocare e di ritagliarmi il mio spazio. Ci sta poi essere arrivati all'addio lo scorso gennaio: la società è nuova, sono cambiati i proprietari ed è normale puntare maggiormente sui giovani".
Quello del Gala è stato il miglior Felipe Melo di sempre?
"No, direi di no. Anche a Firenze ho giocato ad altissimi livelli, in parte anche alla Juventus. Poi quando le cose non girano è normale trovare delle difficoltà, come capitato a me e ad altri miei compagni dell'epoca".
Pensa di essere arrivato all'Inter troppo tardi?
"No, non lo penso. Non sono dispiaciuto di essere arrivato a Milano a 31 anni, per nulla. Ho fatto il mio percorso che mi ha permesso di crescere tantissimo, compresa l'esperienza alla Juventus che per me è stata fondamentale. I professionisti e i grandi calciatori si vedono soprattutto quando non si vince, altrimenti sarebbe troppo facile. Troppo facile farsi vedere quando le cose vanno bene e si vincono i campionati. A Torino, nonostante quel preciso momento storico fosse difficile per la Juventus, sono migliorato. Colgo l'occasione per ringraziare la società per avermi scelto dopo l'esperienza con la Fiorentina dandomi un'opportunità di quel livello".
Inevitabile tornare a un anno fa, con la querelle Mancini che caratterizzato uno dei periodi più difficili della storia recente di questa società: quel è la sua versione in merito?
"Se Mancini non fosse andato via oggi l'Inter sarebbe in Champions League. E non ci sono dubbi, lo dico al 100%. Roberto è interista, conosce benissimo il mondo nerazzurro ed era sicuramente l'allenatore migliore per la nostra squadra. Poi è una persona troppo intelligente, un grandissimo tecnico. L'estate scorsa è stata particolare: tutti si ricordano delle batoste che abbiamo preso tra Stati Uniti e Oslo (contro il Tottenham, ndr), ma quanti dicono che abbiamo fatto mille viaggi con pochissimi giocatori a disposizione? Eravamo contati, giocavano sempre gli stessi ed era di più il tempo che passavamo sugli aerei che sul campo a lavorare. Pensi che i giocatori di Bayern Monaco e Paris Saint-Germain, parlando con loro e spiegando la nostra situazione, non credevano a tutto questo, a queste grandi difficoltà logistiche. E Mancio era molto arrabbiato per queste problematiche, anche perché al contempo non c'era chiarezza dal punto di vista societario. C'era tanta confusione. Ripeto, il mister era perfetto per noi. E la stagione senza di lui sappiamo tutti come è andata".
Che rapporto aveva con De Boer?
"Non mi piace parlare del professionista De Boer, preferisco non farlo. Mi limito a dire che con lui ho sempre svolto il mio lavoro al meglio, dando il 100% per la maglia dell'Inter. Probabilmente non gli piacevo dal punto di vista tecnico, preferiva giocatori più veloci rispetto al sottoscritto che è molto più fisico. Ma è solo un'ipotesi, perché non saprei cosa rispondere. Sono sincero. De Boer mi ha concesso poco spazio, anche se durante la sua gestione mi allenavo e lavoravo ancor di più rispetto al normale. Poi quando è andato via, con Pioli ho avuto la mia chance. Mi ha dato un'altra occasione e penso di aver risposto sul campo. Abbiamo portato a casa tante partite, perdendo pochissimo, mai in pratica. E io sono soddisfatto delle mie prestazioni. E su De Boer non posso dire altro se non questo: il poco spazio è stata una scelta sua, ma ha comunque il mio rispetto".
Stagione 2015-2016: grandissima prima parte di campionato, con l'Inter stabilmente prima in classifica, poi il calo (generale e personale) durante il ritorno.
"Ma io me lo aspettavo. Sapevo che da gennaio in poi avrei incontrato delle difficoltà. Non avevo fatto il ritiro con il Galatasaray, e per un giocatore che ha superato i 30 anni è dura essere al top per tutta la stagione senza la 'benzina' derivante dal lavoro in fase di pre-season. Era normale un calo. Durante il periodo del mercato ho fatto di tutto per andare all'Inter, purtroppo la trattativa si è chiusa proprio alla fine. La prima parte è andata benissimo dal punto di vista personale, ma solo perché mi sono allenato alla grande durante le vacanze".
Il calo sopraccitato è iniziato dopo la sconfitta interna contro la Lazio del dicembre 2015: a distanza di tempo, è riuscito a individuare il motivo che ha portato l'Inter, quasi all'improvviso, a cedere così vistosamente?
"Difficile rispondere, difficile trovare il motivo di quelle difficoltà. Purtroppo abbiamo perso troppi punti contro le piccole, soprattutto in casa. Guardate la Juventus: non ne sbaglia una, non perde un colpo. Va a Crotone e vince, va da una parte e vince, va dall'altra e vince. Noi, invece, no. Ricordo il pareggio interno contro il Carpi proprio al 90'. Questo alla Juventus non capita mai, e tutti i punti persi per strada hanno fatto la differenza nel ritorno. Mentre nel girone d'andata vincevamo sempre. Non perdevamo un colpo. Magari solo per 1-0, questo è vero, ma vincevamo sempre. Poi contro Juventus, Roma e Napoli può succedere di tutto e si può anche perdere, ma sprecare tutte quelle occasioni contro le piccole no. Non dovrebbe accadere a una squadra come l'Inter".
L'esordio nel derby resta comunque indelebile nella sua mente.
"Tutti i primi mesi sono stati incredibili. Poi certo, il derby è stato meraviglioso. Prima partita, stadio pieno e vittoria contro i rivali: tanta roba!".
Tornando invece all'Inter di oggi, tanti tifosi sottolineano il fatto che una buona parte della rosa non meriti di indossare questa maglia. Lei, abituato a dare tutto sul campo, che idea si è fatto?
"Sentivo le stesse cose quando sono andato via da Torino, si diceva che alcuni giocatori non fossero da Juventus. Io penso che tutti debbano lavorare per migliorare e crescere, ma è facile parlare a posteriori. Io, per esempio, sto bene. E nonostante non sia più così giovane sono in grande forma. E oggi sento alcuni tifosi che dicono: "All'Inter servirebbe ancora uno come Felipe Melo. Ci metteva la faccia, non si tirava mai indietro, dava tutto...". Purtroppo quando mancano i risultati è giusto essere criticati. Succede anche a Messi con il Barcellona... Quando si vince sono tutti forti, quando si perde sono tutti scarsi. È normale, il mondo del calcio va in questo mondo".
Quale potrebbe essere la soluzione per tornare competitivi?
"Ora tocca alla società, che deve prendere i giocatori giusti per questa Inter. Ma ricordiamoci che il denaro non è tutto: se un giocatore viene pagato 70-80 milioni di euro e la squadra fa fatica, normale per lui essere 'risucchiato' nelle difficoltà generali. Non è colpa sua".
Su Gabriel Barbosa si è detto e scritto di tutto e di più. Chi meglio di lei può dare un giudizio tecnico su un giocatore che, allo stato attuale, rappresenta una scommessa persa.
"Cito ancora la Juventus, in particolare Dybala. Non mi ricordo di un Dybala titolarissimo già al primo anno, assolutamente. Sul serio, io non me lo ricordo. Poi, gradualmente, conosci il calcio italiano, comprendi l'importanza di un club come la Juventus e riesci a fare bene e a dimostrare tutte le tue qualità. Purtroppo Gabriel è arrivato a Milano in un momento storico difficile per l'Inter, che non vinceva e non vince da tanti anni. E con tanti cambiamenti ancora in corso. Ma la società deve credere in lui, senza dubbio. Altrimenti si correrebbe il rischio di ripetere l'errore commesso con Coutinho. A Milano dicevano che era scarso, ora lo vuole tutta Europa. Dai, per favore.... Ci vuole un po' di intelligenza, altrimenti poi si piange se Gabriel diventa forte in altre squadre. Dobbiamo essere intelligenti! Parliamo di un ragazzo di 20 anni che deve ancora abituarsi al mondo italiano, perché in Brasile è tutto diverso".
Pertanto scommetterebbe a occhi chiusi sulla sua esplosione?
"Per me è fortissimo. E lo ha già fatto vedere in Brasile, sia con il Santos che con la Nazionale brasiliana. Non può essere diventato scarso nel giro di pochissimo tempo. Dai, non scherziamo... È fortissimo".
Domanda secca: Icardi capitano, sì o no?
"È ancora molto giovane e deve ancora crescere, ma è fortissimo già oggi. Anzi, è un fenomeno. Se lui non segna l'Inter non vince. Questo è fin troppo evidente. È un fenomeno. Fa doppiette, triplette e fa gol in ogni modo, ma la fascia da capitano è un'altra cosa, penso sia troppo per lui. Un giocatore che fa il capitano deve avere il rispetto degli avversari. Uno di quelli che, quando lo guardi e lo ascolti, pensi: "Cazzo!". E mi riferisco anche agli avversari, che devono avere timore, nel senso positivo, nei suoi confronti. E con Icardi questo non succede. Sono successe troppe cose in passato, oggi non lo vedo come un vero capitano. Magari tra qualche anno, anche perché è un campione, ma oggi non può indossare la fascia. Pensi che Felipe Melo era uno dei pochi ai quali Icardi dava ascolto. Personalmente ho sempre parlato bene di lui, perché è un fenomeno, questo voglio ripeterlo e sottolinearlo. Ma non è pronto per fare il capitano, questo sicuro, nonostante abbia dimostrato maturità quando ha chiesto scusa per quelle ormai famose righe presenti inizialmente nel suo libro. Ma ci vuole altro, oggi non è pronto".
Juventus-Real Madrid 1-4: sinceramente, per chi ha fatto il tifo?
"Sinceramente? Per il Real Madrid, ma non al 100%. E le dico perché. Credo che l'Italia abbia bisogno di un successo del genere, per guadagnare punti in ottica ranking UEFA e non restare indietro rispetto agli altri campionati. In questi anni stanno dominando le spagnole, quindi un successo della Juventus sarebbe servito. In ogni caso ha vinto la squadra che ha giocato meglio e che ha nettamente meritato".
Cosa farà Felipe Melo una volta lasciato il calcio giocato?
"Non ci ho ancora pensato. Ho un contratto con un club importantissimo e sono molto, molto felice. I tifosi mi hanno accolto benissimo, sono entrato da subito nel loro cuore. Il pensiero e l'obiettivo è di fare la storia del Palmeiras vincendo il più possibile. Poi vedremo, non lo so ancora. E non è neanche facile rispondere a questa domanda. Diciamo che un domani vorrei andare negli Stati Uniti a vivere con la mia famiglia, pur rimanendo nel mondo del calcio. Questo è sicuro, ma ancora non sono in quale ruolo. Ci penserò al momento giusto".
Il Comandante chiude così questa lunga chiacchierata: "Voglio salutare tutti i tifosi italiani. Il vostro Paese, che amo, mi ha fatto crescere tantissimo. Mando un abbraccio e un bacione al pubblico della Fiorentina e, soprattutto, a quello dell'Inter. Io sono interista, spero di vedere la squadra in alto già nella prossima stagione. Ma lo stesso vale per la Viola, i suoi tifosi sono sempre nel mio cuore".