Moriero a FcIN: "Messi e CR7? Il Fenomeno era ben altro. Conte è un top, io lo accompagnerei all'Inter"
Le sue serpentine sulla fascia hanno fatto innamorare milioni di tifosi. Francesco Moriero con i suoi dribbling ha acceso la fantasia del popolo interista dal 1997 al 2000. Tre anni sono bastati per entrare nei cuori del popolo nerazzurro, che oggi sui social l'ha inondato di messaggi di affetto per il suo compleanno. Un traguardo speciale: 50 anni e non sentirli come racconta il leccese in esclusiva a FcInterNews.it: "Sono emozionato e grato di tutto questo amore nei miei confronti. Lo avverto tutti i giorni grazie ai social, è qualcosa di veramente bello. Quando uno smette, rischia di essere dimenticato. Invece mi è successo il contrario: vuol dire che ho lasciato un segno importante come calciatore, ma soprattutto come uomo".
Partiamo dall'estate 1997 e il suo arrivo all'Inter dal... Milan per un milione di lire!
"È stata una estate particolare (sorride, ndr).. A fine campionato mi ero liberato dalla Roma e stavo chiudendo in Inghilterra. Ero a cena con i dirigenti del Derby County per definire l'accordo, quando mi chiama Galliani per andare al Milan. Accetto e firmo con i rossoneri. Un mese dopo, però, mi cerca Sandro Mazzola per prospettarmi l'ipotesi Inter. Non potevo dire di no: in nerazzurro era arrivato il numero uno al mondo (Ronaldo, ndr) e c'erano tanti giocatori adatti al mio tipo di calcio. Mi sentivo molto sudamericano e l'Inter era perfetta per me. Lo scambio con Cruz è stata la scelta giusta e migliore. Non ho avuto alcuna esitazione nel prendere quella decisione".
La prima a San Siro la vide (il 31 agosto 1997) vestire i celebri panni dello sciuscià per Recoba.
"Il Chino fece due gol pazzeschi e così nacque quel gesto omaggio per lui e sopra tutto Ronie...".
Un feeling speciale in campo e fuori con il Fenomeno.
"Abitavamo nello stesso palazzo e ci intendevamo a meraviglia. Forse perché eravamo accomunati dalle umili origini, venivamo dalla strada e ci siamo conquistati tutto passo dopo passo. Ovviamente lui era qualcosa di straordinario, il più forte di tutti. Con tutto il rispetto per Messi e Cristiano Ronaldo che sono fantastici, il Fenomeno era un'altra cosa. Lo reputo il più grande giocatore della storia del calcio. Aveva tutto: dribbling, potenza, velocità, senso del gol. Quando partiva palla al piede, non lo fermavi mai. Ogni volta che entrava in possesso del pallone, poteva inventarsi qualunque giocata perché aveva anche la fantasia di un numero dieci. Come ragazzo poi era dolcissimo e molto simpatico: un fuoriclasse in campo e fuori. Inoltre Ronie viveva per la squadra, non ti faceva pesare il suo essere Ronaldo ma era sempre a disposizione di tutti".
Il suo arrivo all'Inter costrinse Javier Zanetti a traslocare a sinistra.
"All'inizio temevo di giocare poco, perché Pupi aveva una corsa incredibile, una vera forza della natura ed era un cliente scomodo. Invece il suo adattarsi a terzino sinistro, mi liberò la maglia da titolare come ala destra. È andata bene a entrambi! Pupi già allora con Zamorano e Simeone era il leader dello spogliatoio. Zanetti era sempre il primo ad arrivare al campo e l'ultimo ad andarsene. Un vero esempio. Gli auguro il meglio anche nella nuova carriera da vicepresidente, sono convinto saprà trasmettere i suoi valori anche da dietro una scrivania".
Quell'Inter trionfò a Parigi, conquistando la Coppa Uefa e regalando spettacolo in Europa.
"Moratti ci ha sempre detto che quella è stata la sua Inter più divertente. Eravamo un gruppo straordinario, uomini che avrebbero dato e fatto di tutto per la maglia nerazzurra. Fu il suo primo successo da presidente è ancora oggi ce lo ricorda con orgoglio. Una cavalcata incredibile tra rimonte e partite che sono entrate nella storia".
Tra le quali la vittoria a Neuchatel con una sua rovesciata leggendaria...
"Ogni giorno su Instagram trovo tifosi che me la ricordano o postano i video di quel gol. Fu un gesto atletico straordinario: credo di non aver mai saltato così in alto! Una rete meravigliosa, però la più bella della carriera è stata un'altra...".
Quale?
"Quella al Piacenza. In quel gol c'è tutta l'essenza del vero Checco Moriero. Presi palla a centrocampo e andai a segnare dopo aver dribblato tutti gli avversari. Fu una giocata di puro istinto. Era il gol che sognavo di fare fin da quando ero bambino. E pensare che Simoni aveva mandato a scaldarsi Cauet. Ho fatto appena in tempo...".
Ci racconta un aneddoto su Massimo Moratti?
"Più che un presidente per noi era un papà. Era sempre al nostro fianco, ricordo i lunedì post partita in cui ci telefonava per chiederci tutto della gara per sapere come stavamo. Ancora oggi ogni tanto lo sento, non si è dimenticato di nulla neppure a vent'anni di distanza. Sono orgoglioso di essere stato un suo giocatore e di aver contribuito al primo trionfo della sua presidenza. Il suo amore per l'Inter è qualcosa di unico e smisurato".
Un'Inter spettacolare guidata da un tecnico forse troppo sottovalutato dalla critica: Gigi Simoni.
"Sono d'accordo. Gigi era un gestore straordinario dello spogliatoio. Sapeva tenere il gruppo come nessuno. Era bravissimo a capire ogni tua esigenza o problematica. Inoltre aveva dei modi per i quali, anche quando eri arrabbiato, diventava impossibile discutere o litigare con lui. Il merito di quel gruppo così solido e unito è senza dubbio suo. Poi ogni tanto sapeva smorzare la tensione come quel martedì ad Appiano quando entrò nello spogliatoio tutto serio...".
Cosa accadde?
"Ragazzi devo farvi un discorso, ci disse tutto serio. Rimanemmo tutti in silenzio, pronti ad ascoltarlo. Qui all'Inter siete tutti uguali tranne uno: Ronaldo che è più uguale degli altri! Qualche secondo di silenzio e tutti giù a ridere".
Nonostante lei fosse molto scaramantico, ha fatto la storia con la maglia numero 17 addosso.
"È vero, ma avrei voluto la 7. Era quello il mio numero preferito, solo che era di Totò Fresi. Lui era molto legato a quella maglia e così ripiegai sulla 17, non senza timore visto che sono super scaramantico. E invece sfatammo il tabù scaramantico e iniziò un'annata memorabile con la vittoria della Coppa UEFA e la conquista della nazionale. Grazie all'Inter arrivai in nazionale fino a disputare da titolare il Mondiale di Francia '98".
Proprio durante quel Mondiale vestì anche i panni del Cupido per portare Baggio all'Inter.
"Lo tartassavo tutti i giorni! Sapevo della trattativa e volevo convincerlo a venire a Milano. In realtà Robi aveva già detto sì all'Inter, perciò il mio intervento non fu così decisivo (risata, ndr). Lui e Totti sono stati i più grandi calciatori italiani e sono orgoglioso di aver avuto il privilegio di giocare con entrambi. Posso aggiungere un cosa su Roberto?".
Certamente...
"È incredibile che una persona eccezionale, oltre che una leggenda di questo sport, come lui sia fuori dal calcio. Il suo esempio sarebbe utile a tanti e spero che il mondo del calcio gli dia un incarico come merita".
Quell'Inter aveva un attacco atomico.
"Il terzo anno c'erano Ronaldo, Baggio, Zamorano, Recoba e arrivò anche un certo Bobo Vieri. Credo sia stato l'attacco più forte di tutti i tempi. Peccato che tra infortuni e problemi vari non abbiano potuto giocare tanto insieme".
Nell'estate 2000 arrivò il suo addio all'Inter. Colpa di Lippi, si disse...
"Non rientravo nei suoi piani, però me lo disse subito e così accettai - nonostante avessi ancora un altro anno di contratto con l'Inter - il corteggiamento di una grande piazza come Napoli. Non rinnego la decisione, visto che con Lippi avrei avuto poco spazio e c'erano vedute diverse".
Veniamo all'attualità: nello spogliatoio interista tiene ancora banco il caso Icardi. Che idea si è fatto da allenatore ed ex giocatore?
"Da allenatore dico che qualunque cosa avesse fatto Spalletti, avrebbe sbagliato. Sia che Mauro fosse rientrato titolare così come non convocarlo. Da tecnico comunque credo a Mauro sulla questione del dolore al ginocchio che l'ha tenuto fuori e ritengo che la società abbia avallato tutte le decisioni in questa vicenda. Da giocatore invece penso che un chiarimento e le scuse fossero necessarie per appianare le eventuali divergenze dello spogliatoio".
Per la prossima stagione si parla del suo amico fraterno Antonio Conte quale nuovo tecnico nerazzurro. Sarebbe l'uomo giusto per riportare in alto l'Inter?
"Apprezzo davvero tanto Spalletti, ma Conte è il numero uno in circolazione. Non a caso Conte è accostato a tutte le panchine più importanti in questo periodo. Se dovessero prendere lui come leggo sui giornali, prenderebbero un top allenatore che porterebbe la sua mentalità vincente".
Vista l'amicizia e la stima tra di voi, le piacerebbe far parte dello staff di Conte a Milano?
"Con Antonio siamo fratelli, siamo cresciuti e abbiamo giocato insieme. Ci conosciamo fin da quando siamo bambini e lo sento tutti i giorni, ovviamente sarebbe un onore per me una cosa del genere. Sarebbe un onore lavorare per l'Inter in qualunque ruolo o situazione. Se mi chiamassero, non potrei dire di no".
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