.

Beccalossi: "La Juve era la squadra da battere anche ai miei tempi. Mi sarebbe piaciuto affrontare il Milan di Berlusconi"

di Egle Patanè

Presentato presso la libreria Rizzoli di Milano il libro 'La mia vita da numero 10', autobiografia di Evaristo Beccalossi, l'ex calciatore nerazzurro, ha riavvolto il nastro dei ricordi: "Ho sempre creduto nelle mie qualità, tecnicamente ero abbastanza dotato e per questo avevo dei vantaggi. Il primo gol non lo dimenticherò mai, dissero che fu un gran gesto tecnico. Io sinceramente pensai che invece fu più un gesto istintivo. A volte i miei compagni all’Inter si aspettavano la mia giocata, mi sentivo la responsabilità addosso perché sapevo che si facevano in quattro e correvano anche per me”. 

A proposito di compagni di squadra, Beccalossi ricorda alcuni anni in cui nella sua Inter si creò un gruppo straordinario:
"Con Oriali ho un rapporto speciale, è la mia coscienza. Quando smisi di giocare lui diventò procuratore e gli chiesi dei consigli quando verso la fine della mia carriera andai a Barletta in Serie B. Ricordo che durante il viaggio per andare a firmare mi fermai in autostrada all’altezza di Pescara, chiamai Oriali e mi disse che era tutto ok. Firmai per il Barletta, Oriali non volle neanche mille lire per il lavoro che fece per me. Per me è un fratello".

Sull’avversario da battere a tutti i costi Beccalossi non ha dubbi e in un certo senso si lega al presente:
"Già dai miei tempi la Juventus bisognava batterla perché era la Juve. A 22 anni, arrivi dal paesello e giocavi contro dei campioni mi esaltava. Qualcuno dei loro giocatori si arrabbiavano dei duelli in campo, qualcuno me lo ricorda ancora adesso. Batterli sportivamente era un'emozione unica. Il Milan d’accordo, è sempre il derby e ci mancherebbe. Ma non era ancora la squadra di Berlusconi. Sinceramente mi sarebbe piaciuto affrontare quel Milan".

Giocare a San Siro:
"Meraviglioso. Ti da quel 30% in più, lo vivi a mille all’ora. E se non sai reggere le pressioni che genera non sei un calciatore da Inter. Fare 7 anni a San Siro come ho avuto l’onore di fare io devi essere tosto. Sono contento di quello che sono riusciti a fare e di essere riuscito a ritagliarmi uno spazio nella storia dell’Inter. Mi spiace che il rapporto con il club non si è chiuso bene, se fossi stato più maturo magari sarebbe andata diversamente. Sono andato via a 28 anni, nel pieno della mia carriera. Mi dissero che dovevo andar via. Ormai fa parte del passato, resta un rammarico".


Inter-Juventus 1-0, Tramontana: "Gran primo tempo, ripresa più sofferta"
Altre notizie
Martedì 30 dicembre