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La pazza storia di Arnautovic: da nuovo Ibra a...

di Fabrizio Romano
Fonte: Gianlucadimarzio.com

“Il nuovo Ibrahimovic”. Ci risiamo, ancora una volta. Tanti, tantissimi i talenti passati dall’Italia in questi anni con l’appellativo di erede di Zlatan. Basta un fisico importante, accento slavo, potenza nel bagaglio e un po’ di sfrontatezza per diventare automaticamente Ibra. Eh già, magari fosse così facile. Ne sa qualcosa anche Marko Arnautovic, un ragazzotto nato a Vienna nel 1989 da mamma austriaca e papà serbo. “Una bestia”, dicono di lui da giovanissimo, quando dal Floridsdorfer arriva al Twente, facendo il giro della Capitale. Prima all’Austria Vienna, poi al First Vienna, quindi al Rapid Vienna. Ci sono proprio tutte, finché nel 2006 le qualità di questo ragazzo fanno drizzare le antenne degli osservatori del Twente. Arnautovic ha 17 anni, lo sguardo da bullo che non ha paura di niente, le caratteristiche di una punta atipica d’area di rigore che può inventare qualsiasi cosa in qualsiasi momento. Il capo degli osservatori del Twente se ne innamora, non ci pensa due volte e lo porta in Olanda. Prima stagione con gli Allievi da urlo, 18 gol e esordio in Erevidisie a fine stagione; poi, conferma nell’annata successiva, in seconda squadra, con 21 reti in 24 partite. Media mostruosa, colpi da campione vero. E infatti, anche 14 gettoni di presenza con la prima squadra. Da predestinato. “Assomiglia a Ibrahimovic, forse abbiamo trovato l’erede”, dicono al Twente.

Tenere Marko in seconda squadra ancora sembra un delitto, il Feyenoord prova a prenderlo ma McClaren lo trattiene al Twente. E ci punta, tanto che nella stagione 2008/2009 lo lancia da titolare con la prima squadra. Arnautovic chiude una stagione decisamente positiva per un 19enne: 41 presenze tra coppe e campionato, 14 gol di cui 12 in Eredivisie, spesso sotto gli occhi di top club europei che volano in Olanda apposta per seguirlo. Uno score importante, alcuni gol di bellezza struggente. Alla Ibrahimovic, verrebbe da dire (ma forse è meglio di no). C’è però un infortunio a far giungere una nube sul futuro di Arnautovic. All’ultima gara, finalissima di Coppa d’Olanda contro l’Herenveen, Marko esce in lacrime. La diagnosi dice frattura da stress al piede destro, un problema difficile da decifrare per i tempi di recupero. Quello che ha fatto Arnautovic, come detto, non è comunque passato inosservato. E il Chelsea in estate piazza l’assalto: 12 milioni di euro al Twente e operazione chiusa. Ma quando Arna vola a Londra per le visite, il report dei medici è negativo. Non si può prendere, troppo rischiosa quella frattura per un investimento simile. E allora, non perde tempo l’Inter. Lo ha monitorato a lungo, puntato per mesi e portato a casa con un blitz e affare vantaggioso: prestito con diritto di riscatto a 10 milioni di euro. Maglia numero 89, sorriso sulle labbra e presentazioni con José Mourinho.

Che però in conferenza stampa risponde così a chi gli chiede del nuovo Ibra arrivato ad Appiano: “E’ un giocatore che non fa parte della mia squadra, ma dello staff medico”. Arnautovic è chiamato a lavorare tanto per recuperare dall’infortunio e sfruttare l’occasione Inter. E allora, mesi e mesi di lavoro fino a gennaio per ritrovare la condizione dopo una frattura pericolosa da gestire. Il debutto è a Verona, a gennaio, sostituendo Mario Balotelli nel finale di gara con l’Inter in vantaggio. Arnautovic sorride e si gode i complimenti, poi prende gli applausi di tutti quando quattro giorni dopo contribuisce alla rimonta sul Siena a San Siro entrato con l’Inter sotto 2-3 e ribaltando tutto sul 4-3. Sembra l’inizio della scalata di Arnautovic, quel giovane perduto su cui l’Inter ha voluto investire. E invece, no. Balotelli, dicevamo poco fa. L’uomo a cui ha dato il cinque al momento del cambio per il suo esordio, è lo stesso con cui Marko ha legato in maniera quasi indissolubile. Amici fraterni. Giovani ma anche affamati di divertimento. Fin troppo, quando hai dietro uno che si chiama Mourinho.

Le serate di Arnautovic e Balotelli fanno rumore, gli allenamenti non soddisfano lo Special One, addirittura l’austriaco si dice si sia fatto rubare una macchina prestatagli da Samuel Eto’o. Episodi incredibili di cui Arnautovic si rende protagonista col passare dei mesi, più fuori che dentro al campo. Mourinho sa e vede tutto, anche sedute d’allenamento che non lo convincono per nulla. Marko è ancora un ragazzino e non un professionista serio, l’Inter è impegnata su tre fronti e Mou non ha tempo da perdere. Da gennaio ad aprile, Arnautovic sparisce. José fa il sergente di ferro con lui e Balotelli, Marko riapparirà solo per 10 minuti positivi contro l’Atalanta. Le sue ultime immagini in nerazzurro, oltre a quelle del magico maggio dell’Inter che vince il Triplete. Arnautovic paradossalmente porta tutto ciò in bacheca, ma si fa notare di più per gli scherzi ai compagni a fine gara insieme al fratellone Balotelli. Quelli così Mourinho non li vede, Arnautovic si è bruciato l’occasione di un club che aveva investito su di lui. L’Inter sceglie di non riscattarlo a fine stagione, Marko torna al Twente ma giura: “A Milano sono cresciuto tanto, l’esperienza all’Inter mi ha formato”. Un po’ pochino, per il ‘nuovo Ibrahimovic’.

Lo prenderà nelle settimane successive, nel giugno del 2010, il Werder Brema dove l’austriaco gioca ancora oggi. Tante critiche ai suoi comportamenti da capitan Frings, qualche gol in Bundesliga nel corso di queste stagioni, anche il ritorno a San Siro da avversario tra gli applausi. Arnautovic è ancora giovane, le qualità sono ottime e c’è tempo per emergere. Magari, mettendo la testa a posto ed evitando i tanti errori di gioventù che in Germania, come a Milano, gli hanno creato problemi. Doveva essere una matricola, è stata una meteora. E la sensazione di un talento a rischio di bruciarsi per via della propria testa c’è ancora oggi, come per il fratellone Balotelli, davanti a sé ha il tempo per cambiare. Non è mai troppo tardi. Tutto questo è Marko Arnautovic, il nuovo Ibra che di Zlatan ha solo il vic finale. E che ha vinto il Triplete… fuori dal campo. Ma non ditelo a Mourinho.


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