Orlandini: "Il gol agli Europei U21 nel '94? Non ci credevo. Ha agevolato la mia carriera"
Ospite di oggi ai microfoni di Casa Di Marzio è stato Pierluigi Orlandini, ex giocatore tra le altre di Inter e Atalanta e oggi allenatore nella sua scuola calcio. Il gol in finale degli Europei U21? Quel 20 aprile 1994 rimarrà sempre dentro di me. Ho fatto un grande gol che ci ha permesso di alzare la coppa. E pensare che sono stato convocato per un caso fortuito… In quegli anni ero sempre stato titolare, ma prima di quell’Europeo non ero in forma. La lista Uefa era di 20 giocatori e non ero tra quelli, poi Sandro Cois si è infortunato e sono stato convocato da Cesare Maldini al suo posto. La finale col Portogallo è stata dura. Erano favoriti e forse meritavano anche di vincere, avevano giocatori come Rui Costa e Figo. Noi cercavamo le ripartenze, e così siamo arrivati ai supplementari. C’era da poco il golden gol e non tutti sapevano bene la regola. Infatti quando ho segnato e hanno portato i tavolini per la premiazione siamo rimasti un po’ sorpresi. Il gol? Quando ho visto partire il tiro da fuori area avevo subito capito di averla colpita bene. Era imparabile per il portiere, che non era nemmeno così alto. L’ha deviata leggermente e si è infilata sotto all’incrocio. Quella rete mi ha portato alla ribalta, tutti se la ricordano. È stata una grande spinta per me, mi ha agevolato in carriera”.
Sulla sua carriera da allenatore: “Ho iniziato coi grandi, ma ragionavo ancora come giocatore. Pensavo fosse più facile, poi mi sono buttato sul mondo dei giovani ed è stato più gratificante”.
Oggi Orlandini cerca di insegnare ai suoi ragazzi i valori dello sport: “I temi sono cambiati e le tecnologie non aiutano. Anche i rapporti sono diversi, oggi i ragazzi stanno più comodi a casa. In tanti fanno sport solo per moda e non per passione. È un mondo brutto, contornato da persone che fanno credere ai ragazzi che il successo sia facile da raggiungere. Il calcio è un piacere se hai passione, ma anche un sacrificio. C’è gente che chiede soldi in cambio di raccomandazioni. Ma con queste non arrivi in alto, al massimo nei settori giovanili. È solo un’illusione, perché dopo diventa sempre più difficile. E in tanti ne escono devastati. Serve poi anche una famiglia dietro con dei valori. Quando sento parlare di tattica per i giovani inorridisco” ha proseguito. “Nella scuola calcio che ho aperto giocano ragazzi nati tra il 2008 e il 2014, e pensiamo perlopiù a sviluppare la tecnica. Non si viene per vincere ma per giocare, il bambino deve divertirsi in maniera seria, imparando le regole e il rispetto per compagni, avversari e allenatore. Sono insegnamenti di vita. E anche con i genitori devi essere chiaro su questo. Sono felice quando loro mi dicono che i bambini non vedono l’ora di venire al campo. Si allenano sempre e bene. Con i più grandi ho avuto maggiori difficoltà, essendo passati da altre scuole calcio magari gli hanno dato insegnamenti diversi dai miei”.
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