Bedin: "Emozionante sapere che anche una proprietà americana tenga alle tradizioni. Importante lo zoccolo duro di italiani all'Inter"
Fonte: Gazzetta dello Sport
Bella intervista della Gazzetta dello Sport a Gianfranco Bedin, storico mediano della Grande Inter di Helenio Herrera. Bedin ha pranzato con amici di ieri e di oggi e poi diritto nella sede della sua Inter, sempre assieme ai vecchi compagni di battaglia: lui, Aristide Guarneri, Ivano Bordon e Sandro Mazzola, fresco di compleanno numero 82. Assieme a loro a tavola, in uno dei ristoranti di Javier Zanetti, si era accomodato pure Beppe Marotta: dopo la torta, il presidente nerazzurro ha aperto le porte di viale della Liberazione, mostrato la sala dei trofei, ricordato, ricucito e pure regalato un poker di maglie. "Ci ha emozionato sapere che anche una proprietà americana, che guarda giustamente al mondo per esportare il proprio brand, con due piedi nel futuro, voglia ancora essere così... milanese – racconta il mitico mediano, interista per un decennio dal 1964 al 1974 e ancora emozionato per la visita –. Sarebbe facile dimenticarsi di noi, in questi tempi soprattutto, e invece no, nel club che amiamo le radici contano".
Bedin, ci racconti perché questa giornata non la dimenticherà.
"Vedo spesso a tavola i miei vecchi compagni, non sarà certo una novità questa, era successo da pochissimo tra l’altro, ma è stato comunque un pranzo piacevolissimo. Ci hanno invitato alcuni tifosi, ce n’erano anche alcuni famosi come Elio ed Enrico Bertolino, ma tutti per racconti di famiglia o per ricordi diretti parlavano delle nostre vittorie, come se fossero accadute ieri. Ne abbiamo approfittato per festeggiare il compleanno di Sandro (venerdì scorso era il giorno, ndr), come da tradizione, ma per me, per lui, per tutti la vera emozione è arrivata dopo, nel rientrare insieme nella sede per la festa preparata per noi dal club. È Beppe Marotta che ci tiene a non disperdere la storia dell’Inter. Del resto, nelle grandi squadre si fa così..."
Cosa vi ha emozionato di più?
"Vedere i filmati nella sala dei trofei in cui ci siamo rivisti tutti insieme in bianco e nero: la notte magica della vittoria con il Benfica con i 100mila di San Siro fino a bordo campo, gli scudetti della Grande Inter, il Mago Herrera. Poter rivedere da vicino e toccare le Coppe dei Campioni vinte fa uno strano effetto, ti riporta indietro alla gioventù, ma nello stesso modo ti fa sentire davvero leggenda. In realtà, una sola è davvero mia, quella del 1964-65 in cui ero in campo e il mio alleato si chiamava... pioggia: il campo ci aiutò a frenare la pantera Eusebio. In quella della stagione prima ero ancora un ragazzo di bottega, a differenza di Aristide e Sandro che col Real hanno scritto la storia".
A proposito di Mazzola, è sempre stato lui la vostra stella?
"E lo è ancora, non a caso a pranzo si festeggia sempre il suo compleanno.... Ma mi lasci concludere con una riflessione su questa bellissima giornata: è bello sapere che nella mia squadra ci sia ancora uno zoccolo duro italiano che sente l’appartenenza come la sentiamo noi e potrà tramandarlo. I Bedin, Mazzola, Guarneri, Bordon di ieri oggi sono Barella, Bastoni, Dimarco, Darmian. Quella sala dei trofei la stanno riempiendo abbastanza anche loro".