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Boninsegna: "Non cambierei la Lu-La con nessuno al mondo. Bisogna puntare su Asllani ma con pazienza"

di Egle Patanè

Era il 14 gennaio 1970 quando per la prima volta nella storia una squadra italiana vinceva in casa del Barcellona. Quella squadra italiana era l’Inter di Herrera e il protagonista fu Roberto Boninsegna, che quel giorno segnò il primo gol di sempre di un interista al Camp Nou. Lo stesso che, tutt’oggi, cinquantadue anni dopo, è ancora l’unico nerazzurro nella storia ad aver segnato ai catalani nel doppio confronto. A ricordare questi dati è lo stesso Bonimba che ci presenta l’Euro-sfida di martedì tra le colonne di Sportweek. “Segnai dopo sette minuti, di piede nella porta alla sinistra guardando dalla tribuna. Pareggiò Fusté, poi, più o meno alla mezz’ora, raddoppio per noi Bertini. Dopo fu una battaglia”.

E stavolta contro il Barcellona come finisce?
“Difficile dire. L’Inter oggi non è una squadra completa, manca di un vero regista. Brozovic non nasce in quel ruolo, è adattato. Però la difesa è solida: Bastoni, Skriniar e De Vrij sono forti fisicamente e perciò difficilmente superabili quando si tratta di fare a spallate in area di rigore. Handanovic è nella fase calante della carriera, ma rimane uno dei migliori che l’Inter abbia mai avuto, sugli esterni Dumfries e uno tra Gosens, Darmian e Dimarco soprattutto spingono molto, e la coppia Lukaku-Lautaro non la cambierei con nessuno al mondo”.

Perché?
“Perché presi singolarmente forse non sono i più forti in assoluto, ma uno accanto all’altro si completano a meraviglia. Lukaku è il punto di riferimento, è quello che dà la profondità. Lautaro è una seconda punta più tecnica, abilissima a girargli intorno, sfruttandone movimenti, sponde, spezzate di testa”.

Come valori assoluti, Lewandowski, che proprio il Barcellona ha preso in estate dal Bayern, è più forte?
“Forse, nel confronto con ciascuno degli altri due. Ma, ripeto, da vecchio centravanti dico che una coppia così bene assortita come quella interista non ha eguali in Europa. Il Barcellona ha due mezze ali giovani e di gamba come Pedri e Gabri, e il regista che manca all’Inter, Busquets”.

Insomma, le attuali difficoltà dell’Inter, già tre sconfitte in campionato più quella interna col Bayern in Champions, le spiega con la mancanza di uno che sappia cucire il gioco?
“Non voglio colpevolizzare Brozovic. Il suo lavoro lo fa anche bene, ripeto però che lui nasce come incursore, trequartista quasi, quindi il ruolo attuale non è quello naturale e forse neanche il più congeniale alle sue caratteristiche. Ma è il centrocampo tutto che mi pare il punto debole della squadra. La mia Inter aveva ruoli e mansioni definiti. Oggi vedo troppi doppioni: Calhanoglu, Mkhitaryan, lo stesso Barella, che pure è molto bravo. Mi sembrano però tutti portati ad attaccare più che a difendere. Ecco, Asllani è un regista vero, ma è anche molto giovane. Puntarci va bene ma serve pazienza”.


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