Calciomalato - Gegic inguaia la A: "I big..."
Almir Gegic si sfoga, e prima di farlo davanti agli inquirenti rilascia un'intervista alla Gazzetta dello Sport. Una chiacchierata cercata proprio dall'ormai ex calciatore serbo (con passaporto turco): «Mia moglie era contenta: da tempo voleva sfogarsi. Così non riusciamo più ad andare avanti - dice Gegic -. Non si può sempre scappare o rimanere rintanati. Ho una bimba di quasi 4 anni. Ecco perché ho preso la decisione...».
Gegic, sta per costituirsi?
«Sì, andrò a Cremona. Quando? Molto presto. Dipende dalla Procura: i contatti li gestirà l’avvocato. Oppure farò da solo. Dopo potrò pensare al futuro. Credevo fosse possibile una trattativa con le autorità italiane. Che so: evitare il carcere, ottenere dei domiciliari in cambio di una piena collaborazione. Ora ho capito che dovrò passare dei giorni in una cella. Va bene lo stesso. Voglio raccontare tutto al dottor Di Martino.Non sono un santo, ma neppure quello che raccontate sui giornali».
Ci dica, allora.
«Non sono un boss. Non comando nessuna organizzazione. Certo, mi piaceva scommettere e cercavo "informazioni" sulle partite di A e B. I soldi ai giocatori? Non erano mica miei.Hoaccompagnato delle persone, facevo da interprete e poi puntavo di tasca mia. Ilievski? Sì, con lui molte volte sono stato in Italia e spesso incontravamo i giocatori per comprare le dritte. Ma non ho mai minacciato nessuno. Non sono il tipo, parla la mia fedina penale. Neppure una rissa o una guida da ubriaco. Niente di niente. E poi se proprio vogliamo dirla tutta, non c’era mica bisogno di spaventare i giocatori...».
Che cosa vuol dire?
«Ne ho visti a decine, nessuno ci ha mai mandato a quel paese. Tutti ascoltavano ed erano interessati. E quelli che all’inizio ci dicevano "no", poi cambiavano idea e richiamavano. Gervasoni ogni sera mi contattava via Skype e mi proponeva partite, nomi di calciatori pronti a vendersi. Le scommesse sono una malattia. E in Italia il virus c’è in tutte le squadre, Serie A compresa. Anzi, ancora non avete visto nulla. Il dottor Di Martino è bravo: se continua a indagare arriverà ai pesci grossi».
Lei li conosce?
«No, non vendevano "informazioni". Il problema sono le scommesse: i giocatori più guadagnano e più non sanno che cosa fare. E allora puntano. Poi non si fermano. In Italia c’è un terreno fertile: la propensione alle combine è altissima. E’ una questione di mentalità: oggi la vittoria serve a me, domani te la restituisco. Sono cose che vanno avanti da anni e i dirigenti sono in prima fila in questo mercato. Solo che prima non c’erano le scommesse: ogni tanto si sapeva di una gara venduta. Adesso ci sono interessi milionari e i calciatori sono al centro dell’ingranaggio. Accade così anche in altri Paesi, da voi si è scoperto questo traffico perché ha indagato la magistratura».
C’è differenza però tra corruzione e accordi in campo.
«Ma pensate davvero che io e Ilievski potevamo ribaltare i campionati se non c’era dall’altra parte chi ci stava ad ascoltare? E credete che ad agire c’eravamo solo noi o gli ungheresi? Chiedete a Gervasoni da quanti anni va avanti a vendere "informazioni". E quante volte ci chiamava per presentarci nuovi giocatori pronti a fare affari. Non vi faccio nomi: è giusto che ne parli al dottor Di Martino».
Si era visto con qualcuno degli ultimi arrestati? Mauri e Milanetto?
«Non ho mai conosciuto Mauri e Milanetto. Lazio-Genoa e Lecce-Lazio combinate? Beh, mi sembra che Di Martino abbia un po’ di prove in mano... Quello che so lo riferirò presto ai magistrati».
Bertani lo ha mai incontrato? C’è dimezzo Novara-Siena...
«Sì, con Bertani mi sono visto. E uno di quelli che mi ha presentato Gervasoni. Su quella gara c’è da raccontare. Lo farò con Di Martino».
Ci dica se la Nazionale può stare tranquilla. Sa, c’è l’Europeo...
«Ognuno risponde delle proprie azioni. E sono sicuro di non sbagliare se dico che scommettono anche giocatori importanti. Mi creda: è una malattia. Andrò in carcere per questo. Ma non sono un boss, un violento, uno che minaccia...».