Capuano, pm di Calciopoli: "Nel 2006 persa un'occasione. I protagonisti di allora ci sono ancora"
La Repubblica ha intervistato per il giornale di oggi il pubblico ministero Stefano Capuano, che rappresentava l'accusa nel processo di primo grado su Calciopoli nel 2006. "Ero convinto che la vicenda Calciopoli potesse rappresentare l’opportunità per voltare finalmente pagina, invece si è persa un’occasione", dice.
Niente analogie con quel che sta accadendo oggi alla Juventus. "Si potrebbero ravvisare analogie solo qualora dovesse emergere l’esistenza di un sistema ispirato dalla volontà di raggiungere risultati attraverso modalità illecite. Davanti ogni decisione giurisdizionale è indispensabile leggere le motivazioni, prima di commentare. Nel calcio però finisce sempre per prevalere la pancia, rispetto al ragionamento. E non mi riferisco solo ai tifosi della Juventus, ma anche a quelli che sostengono altre squadre".
Sulle plusvalenze, dice Capuano, "sicuramente occorre fissare dei parametri proprio per evitare ciò che accade oggi, dove le norme sono talmente aleatorie da consentire, almeno in linea teorica, di giustificare qualsiasi operazione. Ma mi rendo conto che non è facile. Si tratta di un intervento profondo e complesso, io stesso ho difficoltà a immaginare criteri che possano consentire di individuare in modo sufficientemente attendibile il valore di un calciatore. Per lavorare a questa riforma ci vorrebbe una struttura federale forte che in questo momento, a mio avviso, manca".
Poi si torna su Calciopoli,. "Molti dei protagonisti di quell’inchiesta continuano ad avere ruoli nel mondo del calcio. E non sto parlando solo del principale imputato (Luciano Moggi ndr) per il quale è stato più difficile far dimenticare il suo coinvolgimento, ma di dirigenti, presidenti e anche esponenti del mondo arbitrale. È inutile fare nomi, nelle sentenze c’è tutto. È un peccato, il calcio italiano poteva intraprendere una strada diversa". Al contrario, secondo Capuano, "è ancora ostaggio delle polemiche da bar, di questioni giudiziarie, per non parlare del razzismo negli stadi e della violenza degli ultrà. Altrove si divertono, sono più competitivi e ottengono anche maggiori profitti".