Conte: "Dove ho allenato non ho mai lasciato macerie, se vado via è perché ho dato tutto. Il dito medio ad Agnelli..."
Dopo le prime anticipazioni uscite nei giorni scorsi, oggi è andata in onda l'intervista che l'ex allenatore dell'Inter Antonio Conte ha rilasciato ai microfoni di Belve, programma in onda su Rai2. "Non nasco belva perché la belva è una bestia feroce. Se lo divento a bordo campo? Nel calcio vita mia morte tua, una delle due squadre deve soccombere. Il pari è una sconfitta. Quando non alleno, fuori dal lavoro, non mi piace parlare di calcio. Anzi mi rapporto con persone che non c'entrano col calcio. Il lavoro te lo porti anche a casa, ci sono tanti problemi".
"Io non sono feroce, sono esigente con me stesso e anche con gli altri. Odio perdere e questo mi fa diventare a volte feroce. Penso di essere un leader riconosciuto e voglio essere un leader. Mi piace, penso di essere nato per fare questo - ha aggiunto -. Che voto a Conte calciatore? 8. E da allenatore? 8 e mezzo. Mi reputo a 54 anni abbastanza giovane come allenatore e il resto della carriera mi darà la possibilità di alzare quel voto in meglio, spero. Da calciatore forse mi mancava quel talento che ho da allenatore. Da calciatore non ero scarso, ero tecnico, ma non avevo il talento di Zidane e Del Piero, giocatori che restano nel calcio.
"La sconfitta non la vivo bene e quindi preferisco viverla da solo per non far soffrire gli altri. Soffro quando perdo. È un lutto per me perdere. Lo vivo 36-48 ore e vivo per questo in solitaria. Mi sento proprio giù. Ma voglio poi capire perché si è perso e lì divento feroce - spiega Conte -. Ho avuto la fortuna e la bravura per scrivere qualcosa di storia a livello calcistico. Non sono sazio, cosa mi manca? Vorrei in futuro trovare una situazione in cui posso continuare a scrivere la storia, anche a livello europeo. Poi saranno le opportunità a dire cosa sarà il futuro. Il mio sogno me lo tengo per me. A volte i sogni si fanno in due, un allenatore vuole magari essere in quella squadra per tutta la vita ma non ci sono le condizioni, per restare o tornare.
"Sono simpatico per il club e per i tifosi di quel momento e divento antipatico per il resto. La Juve? È squadra sempre da battere, hai sempre l'Italia contro. Non è da tutti giocarci ed allenarla - ha proseguito -. A volte l'impulsività mi ha portato ad essere maleducato. Difficile per me essere maleducato quando ho avuto una brutta reazione con Andrea Agnelli il dito medio durante la Coppa Italia Inter-Juve. È stata una reazione ad una maleducazione e a tante cose, poi ci siamo chiariti. Ci sta che si risponda così ad un brutto gesto".
"In tutti i club dove sono passato ho lasciato grandi fondamenta sul quale continuare a lavorare, non ho mai lasciato macerie. Quando cambio è perché ho dato tutto. Ho finito le energie. L'addio di cui mi sono pentito è quello alla Juve dopo tre anni. Vedevo grandi problemi anche dietro alle piccole così", ha concluso Conte.