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Corvino: "Mihajlovic, mi chiamò Branca e io spinsi per fargli accettare l'Inter. Lui rispose così"

di Daniele Alfieri

Dalle pagine del Corriere Fiorentino, Pantaleo Corvino, ex ds della Fiorentina, ha ricordato Sinisa Mihajlovic raccontando alcuni retroscena risalenti all'esperienza del serbo a Firenze: "Quando l’altra sera ho saputo che ormai non c’erano più speranze mi trovavo a Milano, ho preso il primo volo nella speranza di riuscire a vederlo, ma quando sono atterrato mi è arrivata la notizia che Sinisa era morto. Per questo oggi partirò prestissimo perché voglio essere a Roma per dargli un ultimo saluto. Glielo devo, Sinisa era una persona eccezionale". Prosegue: "Avevo un rapporto molto forte con lui. Lo presi dopo Prandelli e non fu facile. Lui pagò tutto questo e penso che ne fu penalizzato per tutta la stagione. C’erano tante diffidenze nei suoi confronti, ma poi quella Fiorentina riuscì a fare un grande girone di ritorno facendo meno punti solo del Milan che vinse il campionato e questo testimoniò la bontà del suo lavoro".

Ed è proprio alla fine di quel primo campionato in viola che il rapporto tra Corvino e Mihajlovic si fece ancora più stretto: "Capii veramente lo spessore dell’uomo prima che del professionista. A fine campionato mi chiamò Branca che allora lavorava all’Inter per portare Sinisa sulla panchina nerazzurra. Io, sapendo che a Firenze avrebbe rischiato restando visto l’humus della piazza, spinsi con lui perché accettasse. Sapevo che non gli avrebbero perdonato niente nella stagione successiva e poi sarebbe stato un premio sia per lui che per me che lo avevo scelto. Sinisa però mi rispose che lui aveva preso un impegno con i Della Valle e firmato un contratto e che sarebbe andato all’Inter solo con il benestare della società. Rimase testardamente su questa posizione. Allora parlai con la proprietà che scelse di tenerlo perché avevano capito il valore dell’uomo. Sinisa avrebbe potuto andarsene da vincitore a rimase. Poi , come avevo previsto purtroppo, fui costretto a esonerarlo l’anno successivo. Per me questa rimane una ferita che non si rimarginerà mai: il mio unico esonero in 32 anni proprio con un uomo così eccezionale".

Corvino conclude: "Ci siamo sentiti fino all’ultimo. Quando dopo le cure rientrò in panchina con il Bologna, la prima trasferta era a Lecce. Lui venne a trovarmi e passammo dei bei momenti a cena insieme. Purtroppo avevo capito che lui stava lottando la sua ultima partita e che purtroppo non l’avrebbe vinta: l’animale, come lo chiamava, è stato più forte. A me resta la grandezza dell’uomo e un rapporto vero e sincero che non potrò mai dimenticare".


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