Fabbian: "Per un giovane l’importante è giocare, bello ascoltare Chivu sul Triplete. Il più forte nel mio ruolo? Barella"
"Sono un normalissimo ragazzo di 21 anni che ha la fortuna di fare quello che gli piace da sempre. E cerco di godermela nella maniera più naturale possibile". Parole e musica di Giovanni Fabbian, protagonista oggi di una lunga intervista su SportWeek. Il centrocampista scuola Inter parla della sua avventura in quel di Bologna senza rinunciare a qualche riferimento a tinte nerazzurre.
Hai sempre fatto il centrocampista?
"Sono partito attaccante, poi terzino e difensore centrale. Ho giocato un po’ in tutti i ruoli, tranne quello del portiere. Anzi, sì, una volta sola: al primo tiro presi gol, e per colpa mia. Dissi subito basta. A centrocampo mi hanno spostato che avevo 13 o 14 anni: ero cresciuto parecchio in statura e decisero che quello sarebbe stato il mio ruolo".
A Padova vinci lo scudetto Under 15 e capisci che il calcio sarebbe stato il tuo futuro?
"No (ride). Lo sognavo, ma senza pensarci veramente. Quello scudetto fu il coronamento di un percorso iniziato quando avevo 8 anni. Poi passai all’Inter".
Dove trovi Chivu come allenatore.
"Ha influenzato parecchio il mio modo di giocare. Ed era bello ascoltare i suoi aneddoti di ex calciatore interista, legati soprattutto alla vittoria del Triplete".
All’Inter incontri Willy Gnonto, di cui hai detto: “È il mio miglior amico nel calcio”.
"Ce ne sono altri, però a lui sono particolarmente attaccato. Bravissima famiglia, lui è forte in campo e divertente fuori. Siamo stati compagni di banco al convitto".
Prima esperienza da professionista, a Reggio Calabria: un veneto di 20 anni che parte per il profondo Sud…
"Fantastico. Bellissimo".
Il tuo primo allenatore tra i professionisti è stato un certo Pippo Inzaghi…
"Mi ha fatto giocare, mi ha regalato parecchi preziosi consigli, ha speso pubblicamente parole buone nei miei confronti. Ci sentiamo ancora".
Hai detto: Thiago Motta mi ha conquistato elencandomi i miei difetti. Quali?
"Eh, sono cose tra noi due e tra noi due devono restare. Però è vero che, alla nostra prima telefonata, mi chiarì in cosa secondo lui avrei dovuto migliorare".
Hai detto: “Mi piace stare al Bologna perché gioca bene al calcio”.
"Sì, siamo una squadra che cerca sempre di trovare la soluzione per uscire dalla propria metà campo con la palla a terra: è una scelta che presuppone l’assunzione di responsabilità. È bello giocare nel Bologna ed è bello vederci giocare".
A un ventunenne serve giocare in una squadra come questa, oppure salire un gradino, per esempio tornando all’Inter, a contatto con grandi campioni ma col rischio di guardarli dalla panchina?
"Per un giovane l’importante è giocare, con la possibilità di sbagliare".
I più forti nel tuo ruolo?
"Barella, per la personalità e perché sa fare molte cose. Bellingham, perché ha qualità tecniche fuori dal comune".