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Gagliardini: "Coronavirus, uno schiaffo la foto dei camion dell’esercito pieni di bare"

di Mattia Zangari

Da bergamasco, Roberto Gagliardini avverte l'emergenza Coronavirus e tutto quello che ne consegue con maggior dolore. L'immagine della colonna di camion dell’esercito, pieni di bare, usciti dal Monumentale, in tal senso, è esplicativa della tragica situazione, come afferma lui stesso ai microfoni di Tuttosport: "È stato un impatto forte, uno schiaffo che colpisce e ti fa pensare. Tanti amici e amici dei miei amici stanno piangendo i loro cari. Ed è terribile pensare che in quelle bare ci possa essere qualche nonno o un parente di una persona che conosco. In questo dramma, l’unica fortuna è che nessuno dei miei famigliari è stato toccato dalla malattia e questo, quanto meno, mi dà un po’ di serenità".

“Bergamo Mola mia” è uno slogan che rispecchia lo spirito della città?
"“Mola mia” è una delle frasi che impari subito quando sei a Bergamo. Il fatto di saper lottare, di non arrendersi fa parte della genetica di noi bergamaschi. E, in un momento come questo in cui la città è piegata per questo virus, è importante cercare di guardare comunque il futuro in modo positivo, nonostante le nostre difficoltà siano evidenti".

Cosa l’ha più colpita in questi giorni di lutto?
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Il fatto di non capire perché nella bergamasca ci siano stati così tanti ammalati e tanti morti. Non mi sono dato risposte, sono fatalista: è toccato a noi, ma noi siamo belli testardi, abbiamo una cultura del lavoro che accomuna tutti e riusciremo a superare anche questa battaglia".

In tempi di virus, quando suona il telefono, cosa le passa per la mente?
"Non dico che sia angosciante, ma preoccupazione c’è. Non potrebbe essere altrimenti, quando senti cosa ti sta succedendo intorno".

Lei in questi giorni è confinato a Milano. Che effetto le fa vederla così deserta?
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Tutto fermo, immobile... Da non crederci. Il rumore delle ambulanze che passano ci fa però capire che stiamo vivendo un momento unico nella storia. Sono state prese decisioni forti, non facili, ma giuste" 

Il rinvio dell’Europeo nel 2021 le dà un obiettivo in più per ripartire?
"Quello sicuramente, però non penso sia ancora il tempo per parlare di Europei e di Nazionale. Siamo in una fase delicata: in tanti mettono a rischio la loro vita solo lavorando e ogni altro discorso va oggi messo da parte".

Tra le immagini legate al calcio in tempo di Coronavirus c’è quella di Juve-Inter senza tifosi.
"Giocare senza pubblico è particolare, ma questo è ormai passato: ora bisogna pensare soltanto a uscirne, a impegnarsi per il prossimo facendo beneficenza: io, in tal senso mi sono mosso per l’Ospedale Papa Giovanni di Bergamo perché so in che condizioni sono costretti a lavorare e perché lì ho tanti amici. Non è importante la somma, ma basta anche un gesto".

Cosa resterà di questa pandemia?
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Quando tutto sarà superato, cambierà la visione su tante cose e forse saranno migliori anche i rapporti tra persone che non si conoscono. Lo spirito solidale che sta animando gli italiani in questi giorni dovrà continuare anche quando l’emergenza sarà passata. E poi andrà analizzato con calma quanto è successo per capire se ci sono stati errori e cosa si può fare per riuscire a prevenire lo scoppio di un’altra pandemia".

Roberto, qual è infine il messaggio che vuole rivolgere alla sua Bergamo?
"Sempre “Mola mia”. In questi momenti di difficoltà, altre parole non hanno valore. La mia città ne uscirà alla grande e sono convinto che riuscirà comunque a trarre il meglio da questo periodo tanto buio"


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