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Per Gasp meglio Palacio di Tevez. E Pandev...

di Fabio Costantino

Lui dice di voler rimanere all'Inter in virtù di un contratto di altri 3 anni e della volontà di riscattare una stagione, l'ultima, al di sotto delle aspettative. Goran Pandev è sempre più al centro del mondo nerazzurro, ma non per i motivi che lui auspicherebbe. Non si tratta, infatti, di una leadership acquisita, ma di un biglietto di sola andata verso altre destinazioni. Il macedone, che Gasperini sta impiegando più per necessità che per convinzione delle sue qualità, non convince più di tanto nel ruolo di attaccante esterno e le prime uscite stagionali dell'Inter testimoniano le sue difficoltà a mettersi in evidenza sull'ala destra. Non che Alvarez, sua alternativa, stia facendo meglio, ma l'argentino ha la giustificazione di essere appena arrivato e di necessitare di qualche tempo per conoscere il calcio italiano, più agonistico e veloce di quello da cui proviene.

Pandev invece, in quanto a esperienza, pur avendo 27 anni può vantarne in grossa quantità, perciò le sue difficoltà sono di altra natura. Sin dal suo arrivo all'Inter, nel gennaio 2010, l'ex Lazio si è adattato con grande spirito di sacrificio alle esigenze tattiche di Mourinho, Benitez e Leonardo, ma se con il primo è riuscito a ritagliarsi un posto da titolare anche nella finale di Madrid, con chi ha seguito lo Special One ha faticato non poco a produrre qualcosa di importante per la squadra, ottenendo in cambio, spesso, i mugugni del pubblico di fede interista. Oggi la situazione non è mutata e prima di trovarsi nuovamente in casa ulteriori contraddizioni, la dirigenza cerca di trovare al macedone un'altra sistemazione dove possa avere il proprio spazio e sia gradito dalla tifoseria.

Inoltre, nonostante i primi tentativi, il diretto interessato non è totalmente in sintonia con il ruolo che Gasperini avrebbe in mente per lui, trattandosi di una seconda punta più che di un'ala. Motivo in più per cederlo altrove, dove sia più gradito al tecnico di turno. Proprio la mancata (finora) cessione di Pandev blocca il mercato in entrata dell'Inter, ora che l'addio di Eto'o (altro attaccante con poca propensione a giocare da esterno) è cosa fatta. Anche i sassi oggi sanno quanto siano determinanti per il gioco di Gasp gli attaccanti esterni, coloro che 'creano' il gioco offensivo, per questa ragione non ha senso mettere a disposizione dell'allenatore giocatori adattati a un ruolo che non appartiene loro. Eto'o e Pandev rispondono a questa etichetta, non nascono come esterni ma ci si adattano.

Da questo presupposto nasce la decisione di rinunciare al camerunese (oltre ad altri ovvi motivi economici) e, possibilmente, al macedone, che però si oppone a una cessione. Se avesse dato il proprio consenso, ora vestirebbe la maglia del Genoa con Palacio che avrebbe fatto, per la gioia di Gasperini, il percorso opposto. Resta ancora in piedi l'idea di cederlo al Napoli nell'affare Lavezzi, ma De Laurentiis, pur gradendolo come contropartita tecnica, chiede molto denaro per rinunciare al Pocho, anche lui più adatto al gioco sulle fasce. Insomma, l'ex laziale, nella sua irremovibilità, impedisce a Branca di regalare a Gasp un esterno di ruolo che oggi gli manca. Indubbiamente, se l'Inter riuscisse a mettere le mani su almeno uno tra Palacio e Lavezzi, qualcosa lì davanti cambierebbe, però con l'addio di Pandev ed Eto'o gli innesti dovrebbero essere due.

Palacio è un'idea che resta sempre in piedi, ma serve che Pandev dica sì. Poi, se i nerazzurri volessero puntare su Lavezzi, dovrebbero effettuare un importante investimento economico ma l'operazione è particolarmente complessa. L'opzione Zarate è interessante, perché il giocatore, anche lui guarda caso argentino, è sul mercato ma Lotito per lui chiede 20 milioni: pagare moneta, vedere cammello, dice il presidente della Lazio, che con Moratti non ha ottimi rapporti dal 'ratto' proprio di Pandev. L'Inter lo vorrebbe in prestito con diritto di riscatto, complicato trovare un punto di incontro.

L'idea Kuyt, emersa negli ultimi due giorni, è una boutade giornalistica mentre su Forlan il discorso è ben avviato, tanto da essere ormai giunti alla contrattazione per l'ingaggio dopo l'ok dell'Atletico Madrid sulla base di 5 milioni di euro. Il Cacha è un ottimo attaccante, Moratti lo apprezza e lo considera un'opportunità alla voce qualità-prezzo ma non si tratta di un esterno. Anche lui dovrebbe adattarsi al ruolo, per quanto le sue doti di 'tuttocampista' gli rendano più agevole il compito e la sua esperienza anche a livello internazionale lo etichetti come un big del pallone. Restano però perplessità sull'età: a 32 anni Forlan non può essere definito un investimento, ma una soluzione per il presente. Su queste basi è un ottimo affare.

Tatticamente permangono dubbi anche su Tevez, una prima/seconda punta che gioca spesso largo ma preferisce accentrarsi. Come Eto'o partirebbe da posizione defilata per cercare il tiro, mentre Gasperini da un attaccante esterno si aspetta che crei superiorità numerica saltando l'uomo e cerchi la punta centrale. L'Apache è in grado di fare un po' tutto, ma dovrebbe essere 'inquadrato' nel modulo e rendersi disponibile anche per il lavoro 'sporco'. Accetterebbe questo sacrificio pur di vestire la maglia nerazzurra? È un dubbio che, come gli elevati costi dell'operazione (il giocatore stesso rifiuta il prestito), frena la dirigenza nerazzurra. Idea delle ultime ore è Mario Götze, baby talento del Borussia Dortmund già nel giro della nazionale di Löw: bel prospetto, esterno sia d'attacco sia di centrocampo, forse è troppo giovane per un ruolo di responsabilità come questo. Ma chi non risica...

Pertanto, in attesa che qualche mossa concreta venga effettuata, è ipotizzabile che Gasperini abbia messo in cima alla sua lista Palacio, Lavezzi e Zarate, più adatti al gioco offensivo che ha in mente, piazzando in seconda fila campioni conclamati come Tevez e Forlan, ideali più per entusiasmare i tifosi che per il suo modulo d'attacco. Perché, in fin dei conti, per Gasperson non è il singolo che deve andare in gol, ma l'Inter, attraverso un gioco offensivo corale in cui tutti sanno cosa fare.

 

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