Tra calcio e fede in Dio: Lucio si racconta
Fonte: SportWeek
Non capita tutti i giorni di sentire parlare a cuore aperto Lucio, il difensore brasiliano all'Inter dalla scorsa estate. Questa volta, invece, il centrale arrivato dal Bayern Monaco si concede a un lungo colloquio per la rivista della Gazzetta dello Sport 'SportWeek', nella quale parla della sua vita calcistica, dell'impatto col calcio europeo e italiano, ma soprattutto della sua fede in Dio, lui che appartiene alla Chiesa Evangelica ed è uno degli Atleti di Cristo: "Nel mio richiamo a Gesù non c'è ostentazione della mia fede, solo un messaggio di pace e speranza. Non voglio convertire nessuno: ciascuno è libero di seguire o no la via del Signore, ma io posso dire che quando l'ho imboccata la mia vita è cambiata". Poi spiega come: "Prima di incontrare Dio, facevo spesso scelte sbagliate, faticavo a prendere decisioni, ero molto impaziente. Con la Parola di Dio ho imparato ad accettare me stesso e i miei errori, e ora sono più tranquillo".
Si passa poi alla sua avventura da calciatore, iniziata prestissimo, e in un ruolo inedito: "Quando avevo 7-8 anni giocavo attaccante, poi ho messo su muscoli e ho iniziato a crescere, per cui mi hanno spostato". Propensione all'attacco che però gli è rimasta innata, come dimostra spesso in campo: "Sì, ma qui in Italia prima di tutto si pensa a non subire gol; ogni volta che salgo, Samuel mi grida 'Torna!'". Lucio è approdato in Europa a 22 anni, in Germania. Un impatto non molto facile: "Era tutto diverso: lingua, cibo, calcio, clima. E' stato davvero molto difficile, ho pensato anche di lasciare. Mi hanno aiutato i miei compagni brasiliani e mia moglie Dione. Rispetto ai tedeschi, però, gli italiani sono più felici, somigliano a noi brasiliani. I tedeschi sono più chiusi".
Lucio fa anche alcune considerazioni relative al mondo del calcio: "In partita odio la slealtà, l'entrata cattiva. Non concepisco il voler fare del male agli avversari, perché penso che per noi il calcio sia la vita, e non si può rovinarla spezzando una gamba. Dell'ambiente calcio non mi piace la poca considerazione di cui godiamo all'esterno: veniamo sempre dipinti come gente arrogante e presuntuosa, ma non siamo tutti così. E non è vero che pensiamo solo a far festa, io per il lavoro mi sono sottoposto a tante rinunce, e così altri che stanno nel calcio con serietà". E l'ipocrisia che permea questo mondo, con argomenti tabù come l'omosessualità, non lo infastidisce? "Non posso esprimermi perché non ho amici gay, ma non ho tabù. Credo solo che l'uomo sia fatto per la donna, e viceversa: questo per me è naturale".