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A Cagliari una prova d'orgoglio: l'Inter è già grande, il rimpianto di più

di Antonello Mastronardi

Con la consueta determinazione, che è anche un po' rabbiosa pur nella sua lucidità, l'Inter di Pioli reagisce a un ko sorvolando senza patemi le spine della prova successiva, quella che potrebbe aprire una ferita simile a una crisi. Al termine della consueta settimana di psicodramma, con il toto-panchina brioso più che mai a scapito di un tecnico che oggi vanta una media punti di 2,26 per gara, la risposta di Cagliari suona ancora più roboante e matura. L'Inter, nella testa, è diventata già una grande e, comunque andranno le cose, gran parte di quest'acquisizione si deve al lavoro poco appariscente di Stefano Pioli. Eppure, le contingenze si coalizzano ostili, e il vento è tutt'altro che favorevole al ritorno verso il tanto atteso porto europeo. La sconfitta casalinga della Roma ne è l'esempio più lampante, col Napoli che continua a guardare i nerazzurri dall'alto dei suoi 6 punti di distacco.

FUORI DAL TEMPO E DALLA STORIA - Sardegna, questa misteriosa. Nel racconto di viaggio Mare e Sardegna del 1921, lo scrittore inglese David Herbert Lawrence ebbe a raccontare la sua visita all'isola in compagnia della moglie: la Sardegna, da Lawrence, fu definita come una terra "fuori dal tempo e dalla storia", immersa in una dimensione di immobilità, incontaminata e verace qual è. Fuori dal tempo e dalla storia, purtroppo, rischia di essere anche la maiuscola vittoria dell'Inter in quel di Cagliari. Fuori dalle tempistiche di una rincorsa Champions che da diversi mesi non dipende esclusivamente dalle prestazioni nerazzurre, lontana dalle frenetiche voci di mercato che, inesorabilmente, arrivano già con la primavera a scalzare le questioni di campo, come accade ormai da tanti, troppi anni in casa Inter. È una vittoria mutilata dalla profonda sensazione di fatalismo che si fa largo nell'ambiente: Roma e Napoli non cederanno, Pioli via, occorrerà cambiare tutto e forse, a quel punto, l'anno venturo sarà migliore di questo. Ma perché si è arrivati a tanto? E, soprattutto, è opportuno assumere questa prospettiva arrendevole e nichilista?

L'ORIGINE DEI MALI - La vittoria del Napoli a Roma smentisce un teorema con cui diversi commentatori si sono riempiti la bocca nell'ultima settimana: a nostro avviso, infatti, la brutta prova offerta domenica scorsa con i giallorossi non dimostra necessariamente un'inferiorità dell'Inter nei confronti delle sue competitor. Il terzetto formato da Napoli, Roma e Inter si attesta invece su un livello alto, più o meno comune, che può dar vita a scontri diretti dal risultato imprevedibile, in un senso o nell'altro. Prova ne sia, se non altro, che i nerazzurri sarebbero verosimilmente a giocarsela punto a punto con le rivali, se solo il passo di Pioli fosse stato intrapreso da inizio stagione. Il gap che l'Inter ha da colmare si esaurisce proprio nella schizofrenia e nel deficit di programmazione. Con lo sbarco di Suning ancora ben caldo, l'Inter è stata dilaniata nell'estate scorsa dalla mal gestita vicenda Mancini, prima dell'improvvisata chiamata di De Boer al capezzale di una malata che aveva dannatamente bisogno di un tecnico competente sul calcio italiano. Questa leggerezza non cessa di essere pagata, ogni domenica sera, quando la classifica non sorride ai nerazzurri pur dopo l'ennesima vittoria.

LEZIONI E RIMPIANTI - Sia chiaro, con ciò non si vuole suggerire una conferma dell'allenatore emiliano: se Suning darà tanto e pretenderà tanto nella pianificazione della prossima stagione, è giusto che possa chiedere conto a chi risponda appieno alla sua fiducia. È probabile e auspicabile, però, che il tutto avvenga con tempismo e progettualità, senza che nel vortice del cambiamento siano inghiottite idee e giocatori utili alla causa. La gara di ieri, ad esempio, lascia in eredità la classe pura di Banega, insieme a un Perisic che sfoggia ormai un passo da semifinale di Champions: guai a toccarli, guai a cambiare tutto nella speranza che tutto migliori, qualsiasi siano i risultati raccolti a fine stagione. La squadra, intanto, si sente giustamente grande e ha il dovere di provarci, a partire dall'insidiosa sfida all'Atalanta, nella speranza che il 30 aprile, quando a San Siro arriverà il Napoli, i giochi per il terzo porto siano ancora aperti. A fine stagione, però, l'Inter operi da grande: se oggi il rimpianto dei mesi buttati è tanto forte, che almeno serva da lezione.


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