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Acerbi: "Inter brava, ma senza la Champions ti rode. Mi ha fatto un po' male essere etichettato milanista"

di Christian Liotta
Fonte: TMW

Archiviata la stagione con l'Inter, Francesco Acerbi si getta ora nelle finali di Nations League in programma questa settimana nei Paesi Bassi. Proprio il difensore nerazzurro interviene in conferenza stampa a Coverciano, tornando in primo luogo sull'amarezza per la finale di Champions League persa contro il Manchester City: "Bisogna essere comunque orgogliosi di quanto fatto, però c'è un po' di amarezza. Le finali, bravi, bravi... ma se non alzi il trofeo non c'è nulla scritto e questo un po' ti rode. Anche perché la mia sensazione dal campo era che ci è mancata la consapevolezza che davvero potevamo far male a questo Manchester City. Si parlava troppo di quanto era forte e questo un po' inconsciamente l'abbiamo pagata. Anche il City aveva timore di noi, abbiamo fatto di tutto per far sì che la Champions andasse a Milano... Peccato, grande rammarico".

Cosa si può dire su questa annata del calcio italiano?
"E' un anno importante per l'Italia, non è mai successa una cosa del genere. Se è l'inizio di qualcosa non lo so... Il campionato inglese è il più forte in questo momento, ma noi siamo l'Italia, un paese con tanti giocatori forti, tanti giovani che possono giocare. A dimostrazione che il calcio italiano è ancora di ottimo livello. Anche in Nazionale bisogna risollevarsi, sappiamo il nostro valore e ciò che vogliamo fare. Vogliamo dare il massimo".

Sei pronto per giovedì?
"Anche il giorno dopo la finale di Istanbul, poi col nervoso che si ha la giochi. Ho trascorso un giorno in cui pensi e ripensi a cosa potevi fare di più, analizzi il percorso e la sconfitta. Questi risultati fanno parte della vita, l'importante è fare sempre meglio ogni giorno. Sei in Nazionale e la testa ora è qui, alla sfida di giovedì. E' una gara che si prepara da sola, bene".

E' stata una occasione irripetibile la finale di sabato? Che impressione di ha fatto Haaland?
"E' il doppio del giocatore che ho affrontato tre anni fa contro il Dortmund. Grandissimo attaccante, ma si è fatto un ottimo lavoro di squadra. Dopo la partita pensieri zero, per dieci minuti non volevo parlare con nessuno. Occasione irripetibile lo pensi prima della partita, ma dentro di me ho pensato solo a dare tutto e che magari potrà esserci un'altra occasione. Prima pensi un po' a tutto, dopo resti male della sconfitta".

Pensi ai cori 'Acerbi non lo vogliamo della scorsa estate' da parte dei tifosi?
"Io sono abbastanza forte, non mi interessa. Ciò che mi ha dato energia e forza è ciò che voglio io, andare oltre e non far contenti gli altri. Per un sorrisino mi hanno dipinto come milanista e lì mi ha fatto un po' male perché come professionista e uomo sul campo nessuno doveva mettere in discussione il mio impegno. Per qualsiasi squadra in cui ho giocato. Però ho detto di dover andare avanti, è la mia passione e la mia vita e per questo sono orgoglioso di me stesso".

Che traguardi ti poni a questo punto?
"Vincere le Coppe sì e no... Il mio obiettivo unico è che quando finirò di giocare a calcio potrò dire di aver dato tutto per ciò che rappresento io. Non so tra un anno dove sarò, tra sei giorni dove sarò... Tra due settimane non lo so. Non so dove sarò, due ore prima della fine del mercato dissi no a Inzaghi e poi sono andato. La strada più giusta sarà quella migliore per me stesso, poi a fine carriera tirerò una linea. La finale di Champions non era programmata, do tutto".

Hai probabilmente vissuto la tua migliore stagione in carriera. Come te lo spieghi che sia arrivata a 35 anni?
"Dopo la malattia sono sempre stato in crescendo, ho sempre disputato buone stagioni. Un giocatore non fa una gara da otto e poi da 4. E' sempre ciò che vuoi fare da grande, cerco di tenermi al massimo, poi la fame, la voglia, la volontà. Vuoi arrivare dove gli altri non vogliono arrivare, poi certo c'è anche il gruppo e un po' di fortuna visto che non ho subito infortuni".

Che insegnamento portate dopo la finale di Istanbul?
"Non sono uno che ci gira molto intorno. Ho perso la finale e devi avere la consapevolezza che te la puoi giocare con tutti e addirittura vincere se c'è un gruppo forte e coeso, che va avanti e si rialza anche dopo le batoste. Questa è l'unica strada che ti permette di andare avanti. Quando perdi non è un fallimento ma un insegnamento. Si vince e si perde, sperando ci siano sempre più vittorie rispetto alle sconfitte".


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