Anche la Lazio s'inchina all'Inter: all'Olimpico è 0-3
Fonte: Calciodirigore.com
Evviva il rombo a centrocampo. Mancini ha scoperto la formula vincente, Mourinho l'ha adottata anche per la sua Inter e i nerazzurri continuano a volare. La sesta vittoria consecutiva in campionato è addirittura altisonante, come il 3-0 sul campo di una Lazio reduce dal colpaccio di San Siro in Coppa Italia contro il Milan. Probabilmente gli uomini di Delio Rossi hanno pagato a caro prezzo i 120 minuti di mercoledì sera, ma in campo la differenza di valori è stata un fattore determinante. La forza d'urto nerazzurra lascia a volte sbalorditi, così come la facilità nel confezionare una vittoria senza nubi sul campo di una delle migliori squadre del nostro campionato. Per la prima volta in questa stagione Mourinho conferma la formazione della partita precedente, dando fiducia ancora a Cruz al fianco di Ibrahimovic, complice anche l'assenza di Adriano e Balotelli, lasciati a casa. Delio Rossi risponde con il tandem Pandev-Zarate, supportati da Mauri. Pronti via e l'Inter si trova in vantaggio: cross da sinistra di Muntari e tuffo vincente di Samuel, che nobilita con un gol (da ex romanista è ancora più piacevole) il suo stato di forma smagliante. Sono trascorsi appena 2 minuti e il match prende già una piega. La Lazio è stordita ma cerca di rialzarsi, avanzando con il baricentro. Kolarov è il più intraprendente, con fiondate dalla distanza che mettono un po' di timore a Julio Cesar. La conclusione da lontano, complice anche una retroguardia ospite ben organizzata, è l'unica soluzione che i biancocelesti riescono a trovare. Ci provano prima Dabo e poi De Silvestri, ma la mira non è precisa. Foggia cerca costantemente l'uno contro uno ma le sue cadute sin troppo "facili" indispettiscono Mourinho, che protesta con Orsato per l'atteggiamento del napoletano, invitandolo a non fare scena. L'Inter attende la Lazio nella sua metà campo ma quando può tenta di ripartire. E' ancora Samuel a staccare bene su azione d'angolo, ma la palla termina alta. A metà primo tmpo il match perde nel giro di pochi minuti due dei suoi protagonisti: prima Cruz e poi Pandev sono costretti ad alzare bandiera bianca per guai muscolari, sostituiti rispettivamente da Crespo e Rocchi. Prima di uscire, Pandev mette Zarate nelle condizioni di colpire da pochi passi, ma la chiusura di Cambiasso si rivela decisiva. Dopo un tentativo dalla distanza di Foggia, in pieno recupero arriva, quasi a sorpresa, il raddoppio: cross di Maicon dalla destra e sfortunato autogol di Diakitè che, nel tentativo di anticipare Crespo, mette il pallone nella propria rete laciando di stucco Carrizo. Il 2-0 è una mazzata terribile per i padroni di casa, nulla a confronto della terza segnatura, che arriva al 53': punizione di Cambiasso e colpo di testa di Ibrahimovic, che trova l'angolo alto sotto la traversa. Lo svedese parte in posizione di fuorigioco, ma ne la terna arbitrale ne i difensori laziali se ne accorgono. In teoria il 3-0 dovrebbe spegnere gli ardori della Lazio, ma a sorpresa li riaccende. Intorno al 15' della ripresa succede di tutto: Kolarov batte una punizione dal limite e accorcia le distanze, ma lo fa mentre Orsato sta ancora invitando la barriera a indietreggiare. Tutto l'Olimpico protesta vivacemente, così come i padroni di casa. Tare viene espulso dalla panchina, Julio Cesar viene ammonito perché chiede che il punto di battuta vnga spostato più indietro. Insomma, il secondo tentativo di Kolarov si infrange contro la barriera e il discorso finisce lì. Il tempo trascorre e i nerazzurri controllano la reazione dell'avversario, che vive soprattutto su un bellissimo spunto di Zarate: l'argentino salta tre avversari e cerca l'angolo sulla destra, ma Julio Cesar gli nega la gioia della rete. L'ingresso di Brocchi e Meghni non produce nulla, quelli di Figo e Mancini servono solo per arricchire il tabellino. Sul campo la musica non cambia, perché gli ospiti dimostrano fino all'ultimo minuto di essere superiori, inviando alla concorrenza l'ennesimo messaggio: per lo scudetto, anche quest'anno, c'è un'unica seria candidatura.