Angeli e demoni di Inter-Benfica. Perché l'estetica conta, ma arriverà anche il momento della sostanza
Tutti veri e legittimi gli elogi a fine gara espressi da Simone Inzaghi verso i suoi giocatori che sotto gli occhi di "un meraviglioso pubblico" hanno giocato e vinto una gran prova europea. Una prestazione dal valore doppio, considerata la prova incolore nel match d’esordio a San Sebastian con la Real Sociedad. Reazione da dieci quella a San Siro e non è un caso che l’mpv UEFA della gara è il dieci di Inzaghi: il più sfortunato e meno ‘soddisfatto’ in termini personali, dark side di una medaglia che dal lato opposto vede il più esplosivo, determinato, trainante, pericoloso della rosa dei vice-campioni d’Europa nella prima continentale in casa. Non solo Lautaro, però. Difficile, in verità; scegliere un vero uomo partita per distacco: doverose di nota le prestazioni di Mkhitaryan e Thuram, ma anche di Barella e Bastoni… per citarne alcuni. Più facile trovare i meno brillanti, più che peggiori, nella gara imbastita dalla compagine nerazzurra alla quale vanno riconosciuti i meriti di una prova solida, cattiva, orgogliosa e mai possibilista nei confronti degli avversari. Laddove tra questi, paradossalmente, va inserito l’assist-man di turno, ovvero Denzel Dumfries.
L’olandese che da Istanbul è tornato con una grinta e una determinazione, anche ai fini del risultato, che in passato erano diverse volte mancate, si è imposto quest’anno come aratore di una fascia che non lascia grande spazio alle turnazioni di Inzaghi: l’allenatore nerazzurro si, facilitato in tal senso dall’infortunio di Cuadrado, difficilmente riesce a fare a meno di gamba e velocità ma soprattutto capacità dell’ex PSV Eindhoven di diventare un fattore in fase d'attacco, che da inizio stagione ha preso parte a ben cinque azioni da gol con i suoi due gol e tre assist ma che ieri sera, al netto dell'assist vincente per Thuram si è reso protagonista di vari errori dovuti ad un'imprecisione dettata da una probabile eccessiva 'fretta' di cercare la giocata, che ne hanno condizionato la gara. Gara in cui però si rende protagonista servendo, appunto, al francese un pallone che un super Nicolò Barella aveva, a sua volta, pennellato verso di lui con un filtrante da manuale. Un punto luce degno di nota che scolora il grigio della prestazione imbastita nel suo complesso e che lo inserisce in un contesto perfettamente in linea con la spettacolare partita giocata dall'Inter che deve a sé stessa un enorme plauso ma un altrettanto doveroso rimprovero.
Se è vero che contro i lusitani, i vice-campioni d'Europa hanno mostrato cinismo, grinta, anima, reattività, lucidità e qualità di gioco che non sembra lasciare troppo spazio ai 'sacchismi', altrettanto vero è che 21 tiri, di cui 7 in porta, 8 fuori e 6 fermati rendono ingiustificabile quasi in termini assoluti lo strettissimo 1-0 con il quale si sono chiusi i novantasette giri d'orologio dell'andata. Un risultato che, ad onta di sofismi calcistici che tutto legittimano nel bene del sempre valido monito 'non fermarsi davanti al mero punteggio finale', lascia un non so che d'insoddisfazione che deve far riflettere staff tecnico e giocatori in primis, per evitare che si possa cadere nella potenziale (e già vista) trappola della troppa estetica che però di rado si trasforma in sostanza.
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