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Anno 2022, le partite sliding doors: da derby a derby, da Juve a Juve. Fino alla 'svolta' dell'ultima

di Redazione FcInterNews.it

La gara svolta di questa stagione potrebbe arrivare già il 4 gennaio: dovesse vincere col Napoli e poi dar seguito, l'Inter potrebbe ben dire di aver cominciato con una partita “sliding doors” l'anno solare 2023.

Per il 2022, invece, è già tempo di bilanci, certezze. Sicuramente lo è per la seconda parte della stagione passata. Con campionato e coppe già in archivio, ci sono le risultanze a parlare. Non è difficile decidere la gara svolta in negativo. Persino chi non è troppo avvezzo alle vicende interiste ha ben poca difficoltà a percepire il derby di ritorno del 5 febbraio come la partita in cui qualcosa è andato perso. La fiducia, la brillantezza. In mezzo a tante partite difficili, quella caduta immeritata, materializzatasi in pochi minuti di rimbalzi fortunosi (il pari di Giroud) ed errori marchiani (la marcatura di De Vrij e un intervento maldestro di Handanovic sull'1-2) ha segnato il prosieguo del percorso. I famosi sette punti in sette gare. Partite perse (Sassuolo al Meazza) o pareggiate (Genoa a Marassi) che in altri mesi sarebbero probabilmente finite in altra maniera, concentrate in una strettoia in cui è sembrato impossibile far girare le gambe.

Eppure proprio al termine di quel tunnel c'è la partita in grado di segnare un'annata verso il lato migliore. Non è bastata per rivincere il campionato, ma è stata probabilmente quella che ha tenuto in piedi il discorso fino all'ultima giornata e che ha permesso di arrivare alla finale di Coppa Italia con intatte possibilità di battere la Juventus, come poi è avvenuto. Proprio contro i bianconeri, qualche settimana prima dell'atto finale del trofeo della coccarda, a Torino ha vinto l'Inter più brutta. Una prestazione incolore, figlia del periodo di cui sopra, nel derby d'Italia. Senza mordente nelle transizioni, rannicchiata nella propria metà campo. E sì, con un pizzico di fortuna negli episodi chiave, le solite polemiche che a Torino sono una costante, un rigore di Calhanoglu calciato e ricalciato, “allenamento” di quello di Coppa. Nella sera di un soffertissimo 0-1, la squadra ha probabilmente visto una Dea bendata finalmente voltatasi da una certa parte, dopo un percorso in cui non erano mancate partite dominate e lasciate senza l'intera posta in tasca. Persino il 3-0 al Milan nella semifinale di ritorno, pieno e meritato, ha delle radici nello scalpo dello Stadium.

Per la stagione in corso, il giudizio è parziale. Si può vedere una partita chiave in un senso o nell'altro solo riguardo a una prima metà. L'augurio è che prima ancora del Napoli, possa essere significativa la sfida di Bergamo con cui si è andati alla pausa, visto che è stato il primo scontro diretto portato a casa. A meno che non si sfoci nel campo europeo e allora il successo sul Barcellona al Meazza assume quei connotati: dopo aver affrontato a viso aperto Real Madrid e Liverpool nella scorsa stagione raggranellando semplici uscite a testa alta, finalmente è arrivata la vittoria che serviva, non più effimera come ad Anfield Road, determinante per il discorso qualificazione. Sempre con Calhanoglu di mezzo. Nel male, di sfide perdute ce ne sono state fin troppe. La prima conta un attimo di più, a Roma contro la Lazio. Per i cambi di Inzaghi (Lukaku e Dumfries fuori tra grandi dubbi), per il crollo finale. Fosse stata l'unica, ma non lo è stata: Milan, Roma, Udinese, Juventus. Di qui il -11 dal Napoli. Un distacco enorme. Da ridurre subito.

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