Bastoni: "Esordio a S. Siro incredibile, ma la finale di EL è il più bel match fin qui. Madrid 2010, avrei voluto giocare"
Dopo la bella vittoria di ieri conquistata dall'Inter contro il Borussia Moenchengladbach, Alessandro Bastoni si è collegato in diretta Instagram con l'Associazione Giacomo Sintini per sposare la causa promossa dal presidente, ovvero una raccolta fondi in ausilio all'ospedale di Perugia per fronteggiare la crisi Covid. Emergenza che "ha determinato chiaramente degli sconvolgimenti a tutti noi, anche dal punto di vista sportivo" come il nerazzurro stesso ammette. Il 95 interista, uno dei primi calciatori di Antonio Conte ad aver contratto il Virus si dice piuttosto fortunato non "sentendo di lamentarsi nulla". Per l'occasione il difensore prelevato dal vivaio dell'Atalanta ha risposto ad una serie di domande che riguardano il suo modo di vivere il calcio e lo sport in generale.
Ti trovi bene a Milano, in campo e in spogliatoio?
Quando sono arrivato a Milano ho trovato un ambiente fantastico, dai tifosi allo staff mi hanno accolto tutti veramente alla grande, sto davvero bene”.
Cos'era lo sport per te quando eri bambino?
“Uno svago prima di tutto, era liberare la testa da quelli che potevano essere gli impegni da bambino o ragazzino quale compiti o scuola. Io ho sempre fatto la vita da pendolare, facevo Cremona-Bergamo varie volte a settimana e sono 130 km andata e 130 al ritorno. Sono cose che a otto anni magari fai inconsciamente, non sai se questi sacrifici ti porteranno effettivamente a qualcosa. In tanti hanno iniziato con me e adesso non giocano più a calcio quindi è anche un rischio puntare tutto sul calcio. È una cosa che ho sempre fatto volentieri, era la mia passione ed è il mio sogno è tuttora e sono stato fortunato. Per me lo sport è questo. Il mio sport mi ha dato una grande mano ad aprirmi con altri ragazzi, a fare amicizie che tuttora durano anche fuori dal campo”.
Eri appassionato anche di altri sport?
“Sono molto appassionato di basket. C’è la squadra del mio paese in Serie B. Mi piacciono tanti sport, è il mio mondo e la mia passione primaria. Seguo qualsiasi tipo di sport”.
Siamo tutti lontani dagli stadi. Cos’è lo sport senza i bambini a fare il tifo?
“Sicuramente il fatto che gli stadi siano vuoti è una grande mancanza, soprattutto in uno stadio come San Siro dove i tifosi sono veramente l’uomo in più che ti danno la marcia in più per andare avanti. I bambini è uguale, ti fanno tornare magari indietro nel tempo a quando eri bambino mi è capitato fare il raccattapalle da bambino ed era un’emozione incredibile. Quando torno nel mio paese vedo tutti i bambini che mi guardano come se fossi chissà cosa, ma in cuor mio so che sono lo stesso ragazzo di sempre. Quindi i bambini mancano molto e spero si possa davvero tornare presto alla normalità”.
Qual è stato il match più bello della tua vita?
“L’esordio a San Siro è una cosa incredibile. Probabilmente me ne renderò fra qualche anno perché comunque giocare davanti a 70mila persone che urlano il tuo nome è veramente bello, ma magari in questo momento fatico a rendermene conto che sul momento non riesci a capire probabilmente. Il match più importante la finale di Europa League, anche se l’abbiamo persa penso sia stata importantissima perché arrivare a giocare una finale europea è sempre un gran risultato. Ho ventun’anni posso crescere ancora e queste partite mi fanno crescere e quindi sono fiducioso per il futuro”.
Le partite internazionali fanno crescere in maniera incredibile…
“L’ho provato anche in Nazionale qualche settimana fa ed è proprio un altro livello, vedi che tutte le squadre hanno dei gran valori. Anche le squadre meno blasonate hanno comunque qualche giocatore forte che sai che ti può mettere in difficoltà, e questo aiuta molto anche a livello di concentrazione nei novanta minuti”.
Se potessi rivivere un match del passato?
“Ne faccio uno con l’Inter e uno con la Nazionale. Con gli azzurri direi il ricordo più bello in assoluto quindi il 2006, vorrei essere Materazzi. Credo sia l’emozione più bello in assoluto vincere qualcosa a livello mondiale con la tua Nazionale. Ti responsabilizza molto e ti dà consapevolezza, hai la possibilità di rappresentare una nazione intera, che in questo caso è l’Italia. Quindi direi Italia-Francia. L’altra è la finale di Champions dell’Inter contro il Bayern Monaco, perché dopo il Mondiale c’è la Champions”.
La squadra serve anche per un campione come te? E cosa significa essere squadra?
“Condividere uno spogliatoio e fare amicizie al di fuori del campo. Il singolo viene valorizzato dalla squadra, da soli in nessun campo di calcio come nella vita non si fa nulla. Non ho molta esperienza per dirlo ma da quello che ho vissuto ho posso dire questo Fare squadra vuol dire darsi una mano con un compagno se si ha un momento di difficoltà. A volte capitano i giorni no, ognuno di noi ha il proprio carattere. La squadra è una sorta di seconda famiglia e come in tutte le buone famiglie vanno trovati compromessi e rispettare i caratteri di tutti e credo che per raggiungere degli obiettivi bisogna essere una grande famiglia prima che una grande squadra”.
Qual è stato il regalo di Natale più bello ricevuto?
“Per noi in famiglia il ritrovo è alla viglia che è il compleanno di mia nonna quindi ci ritroviamo tutti là ed è questo il grande il regalo, soprattutto per me che vivo lontano. È molto bello. Parlando di regali materiali il Natale per noi era sempre Play Station nuova quando usciva e Fifa”.