Benitez conferma la sua vocazione europea. Ma in Italia serve altro
E se accadesse come nel 2006/2007, quando tutti non potevano credere alla possibilità che un Milan, con i grandi problemi post Calciopoli, con un ritardo impressionante in classifica nei confronti dell’Inter capolista (a fine anno saranno 36 i punti di distacco), che alla fine giunge ad Atene, al termine di grandi vittorie europee e conquista la sua ultima Champions? Certo l’ipotesi è molto spinta e schiaffeggia la cabala e la superstizione, ma l’Inter, da squadra pazza nel DNA, potrebbe anche regalare quest’impresa. D’altronde quel Milan forse non era quella squadra brava e fortunata che conquistò la sua sesta Champions a Manchester nel 2003, oppure quello squadrone straordinario fermato agli undici metri ad Istanbul, nel 2005, dai Reds di Benitez? Proprio lui, il tecnico spagnolo, ha vissuto le serate più positive all’Inter proprio in Europa, lontano dall’Italia, lontano dalla Serie A. Il suo stile di gioco, complesso e caratterizzato da un possesso palla prolungato, mal si adatta forse alla mentalità nostrana, fatta di copertura totale degli spazi e di ripartenza fulminea. Il gioco che l’Inter dimostra si può adattare al modello europeo e potrebbe dare soddisfazioni nel lungo termine, una volta trovata la quadratura del cerchio e una volta svuotata l’infermeria.
D’altronde non è un mistero che le squadre di Rafa vadano meglio durante la settimana che nel weekend. Lo spagnolo conquistò nel 2004 la Coppa Uefa con il Valencia e nel 2005 la prima citata Champions a Istanbul contro i cugini, concludendo però il campionato inglese al quinto posto. Solo in Spagna gli è riuscito il double, nel 2004, in un campionato decisamente meno competitivo e insidioso . Rafa conosce bene i meandri della Champions e sa districarsi. Solo una volta, 2005/2006, non superò gli Ottavi, venendo sconfitto dal Benfica. Da lì in poi solo soddisfazioni. La finale di Atene, nel 2007. La finale di Mosca mancata al termine di una battaglia a Stamford Bridge contro il Chelsea, persa nei supplementari, e poi un'eliminazione sempre sul filo di lana contro i Blues, l’anno dopo. La Champions dunque sembra essere il suo habitat, più del campionato.
A Benitez di certo non si chiede il bis, un qualcosa di molto difficile che neanche al grande Barcellona, lo scorso anno, è riuscito a ottenere (merito dell'Inter di Mourinho, ndr). Per far sì che questo accada si dovrebbero creare determinate condizioni. Anzitutto la fame può incidere. I nerazzurri dello scorso anno ne avevano tanta. Ora potrebbero essere sazi, certo, ma potrebbero gettarsi a capofitto sulla coppa qualora il distacco dal Milan dovesse aumentare. Certo nessuno butta via il campionato, che comunque è ancora lungo e tutti ben sanno, specie i campioni d’Italia uscenti, che anche chi è al vertice può vivere un periodo negativo, favorendo la risalita di altre squadre al vertice. Il campionato è questione di periodi. La coppa di motivazioni e nervi saldi. La nuova Inter, con il possesso palla prolungato, potrebbe ben adattarsi allo stile Champions, dove solitamente vince chi gioca bene. Uno stile ben diverso da quello della Serie A, territorio in cui le difese chiuse affogano la manovra, per poi colpire di rimessa.
E allora sta a Benitez, confermato sulla panca che scotta(va), creare un’Inter dalle due facce: elegante e fascinosa in Europa, concreta e tosta in Italia. La ricetta potrebbe portare benefici a una squadra che vuole presto uscire dal tunnel imboccato nel periodo novembrino, e se proprio la Serie A dovesse diventare una montagna difficilmente scalabile, si potrebbe, perché no, prendere spunto dai cugini almeno per una volta, ricordando la loro cavalcata in Champions nel 2007. I tifosi nerazzurri certamente capirebbero…