Contro la sfortuna c'era da armarsi prima: ma resta la via del gioco
Quando il pallone non viaggia bene, le posizioni in campo sono confuse, la squadra è sfiduciata o, peggio, irritante per quanto è superficiale, ogni lettura diventa più facile. Non si vincono molte partite giocando alla rinfusa, cercando di venire a capo di un match grazie agli episodi, improvvisando sulla forza delle proprie qualità tecniche che spesso restano maggiori dell’avversario di turno ma non sono neanche più quelle dei bei tempi, e tutto ciò l’Inter lo sa bene, perché è proprio questa la causa delle consuete flessioni in cui questa squadra si esibisce da anni. Non è questo, però, il discorso da fare per Torino. L’Inter ha giocato, eccome se ha giocato, forse anche con più fluidità rispetto al derby. Ha creato una miriade di palle gol, ha preso l’ennesimo palo della sua stagione, è sbattuta contro un Sirigu in giornata di grazia e contro la versione migliore del Mazzarrismo, quando il Torino si è giustamente chiuso con 9 giocatori a protezione della porta e Belotti a vagare per il campo per spizzare più in là il rinvio dal fondo.
SFORTUNA E MASOCHISMO - Il concetto di sfortuna, per carità, esiste. Nel calcio è spesso connesso ai legni colpiti, appunto, alla porta stregata, a quei pochi centimetri di piede che valgono un fuorigioco invece di un gol regolare. Contro la sfortuna, però, ci si arma per tempo. Nel trolley per le vacanze estive, insomma, l’ombrello devi metterlo, perché se vai al mare e piove sei certamente sfigato ma, quando ti bagni e chi è intorno a te ridacchia al riparo, la sfiga ha già smesso di essere una scusante. È in questo momento, più che in ogni altra fase della stagione, che vengono alla luce le lacune di una rosa che ha un evidente problema in zona gol. Per tornare alla dicotomia tra buona e cattiva sorte, chi ha Icardi è di per sé un fortunato, che diventa poi sfortunato quando Icardi sbaglia o non riceve un pallone giocabile, ma costui resta un colpevole masochista se non gli affianca qualcuno capace anche solo di sfiorare la soglia dei 20 gol complessivi.
DIPENDENZE - Invece si dipende da lui, sostanzialmente, e a sua volta Icardi – per propria natura – dipende dalla vena di chi lo serve. Ecco dunque che ancora una volta l’Inter è finita ad aggrapparsi alla luna di Perisic, uno che quando è in giornata no non ne prende una neanche sbagliando, e guarda caso il momento di massima crisi stagionale è combaciato col letargo invernale del croato. Ieri Perisic è tornato trasparente, anzi dannoso come sull’azione del gol, e l’Inter non ha fatto arrivare un pallone giocabile alla sua unica arma offensiva. È proprio adesso che le lacune si vedono con forza, ora che l’Inter gioca bene e la scusante dei giocatori apatici o del tecnico incapace non regge più. Lo stesso argentino, poi, ha il suo più grande difetto (forse l’unico) nel non distribuire storicamente i gol in maniera omogenea lungo la stagione: ne fa 4, poi 2, poi magari resta a secco per tre partite, e allora l’Inter fa una fatica abnorme a trovare la via della rete. Quei buchi, umanissimi, che Icardi ha (altrimenti sarebbe da un pezzo a giocarsi la Champions, con quelle cifre in almanacco) andavano insomma colmati in estate; altrimenti, la qualificazione all’Europa che conta si mostra appunto in bilico sin dall’inizio, com’è d’altra parte oggi, e non può esser considerata un traguardo minimo in avvio di stagione.
PADRONI DEL PROPRIO DESTINO - L’innesto di Lautaro Martinez per l’anno venturo è d’altra parte un tentativo di tappare questa annosa falla, a riprova del fatto che la falla esiste. Per le gare che restano, a incominciare dalla trasferta di Bergamo, l’Inter non ha però diritto al pessimismo. Il quarto posto è ancora lì, alla portata, e le romane si affronteranno tra loro proprio alla prossima: vincendo, insomma, l’Inter tornerebbe automaticamente lì dove vorrebbe finire il campionato. Non diremo che i nerazzurri sono matematicamente padroni del proprio destino, perché questa affermazione – visti i trascorsi – non tranquillizza proprio per niente. Va però ribadito che, a maggior ragione quando davanti hai solo una bocca da fuoco, l’unica via per vincere è quella che passa dal gioco e dall’imprevedibilità: il fatto che l’Inter, con Spalletti, abbia finalmente preso a giocare a calcio non può che suggerire un futuro luminoso per i nerazzurri.
UNA GIORNATA NO - Quella di Torino, insomma, è una giornata no e non ha niente a che vedere con ben altre sconfitte assai più motivate che questa squadra ha rimediato in stagione. Perché la gara di ieri resti un episodio, però, non si deve tornare indietro, a ricercare una concretezza e un cinismo che tanto questi ragazzi non hanno. Si può solo provare a servire meglio Icardi e, magari, a mandare in gol anche altri (ieri, ad esempio, stava per segnare Gagliardini). Per far ciò, non c’è via differente rispetto a quella del gioco, proprio quella su cui l’Inter si è già ben incamminata.
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