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Correa: "Vincere il derby per essere protagonisti. Voglio segnare al Milan"

di Egle Patanè



"Siamo ancora a inizio stagione, ma di sicuro senti nell’aria che questa è una partita speciale, una di quelle che possono cambiare una stagione: i tifosi nerazzurri ci chiedono una grande gioia e noi vogliamo dargliela". Parola del Tucu Correa. L'argentino, fresco di interismo, arrivato dopo l'arrivo sul finale della stagione estiva di mercato, parla del suo primo derby di Milano, per il quale "sarebbe sbagliato fare calcoli" come ha detto alla Gazzetta dello Sport. "Se pensassimo ai rischi e ai pericoli. Dobbiamo, invece, ragionare al contrario, pensare a quanto sarebbe importante arrivare noi a -4: con una vittoria può cambiare tutto, sarebbe un messaggio, significherebbe che possiamo ancora essere protagonisti. Ma ora i giudizi definitivi non servono, serve stare là attaccati alla vetta".





Cinque gol in nove sfide al Milan, suo record: le sta antipatico il Diavolo?
"No, ma sono molto legato al gol segnato nella semifinale di Coppa Italia 2019 con cui abbiamo passato il turno anche perché alla fine abbiamo portato a casa pure il trofeo. Un’altra volta ho segnato un gol al 94’: sono state tutte reti importanti, ma voglio segnarne altre ancora".




La prima cosa che le viene in mente sentendo parlare del derby di Milano?
"Io bambino davanti alla tv e dentro al campo ci sono fumogeni, mille luci e tantissimi campioni. Ho pensato a quanto sarebbe stato bello essere lì, anche solo per vederlo. E invece adesso lo gioco pure...”.





Torniamo al momento in cui è arrivato a Milano: chi ha chiamato per un consiglio?
"Una telefona importante è stata quella di Veron, un riferimento per noi all’Estudiantes. Era incredibile, non sbagliava un passaggio. Stavolta gli ho chiesto informazioni sul club e lui ha detto subito: 'Vai!'. Mi ha fatto capire quanto sia grande l’Inter, cosa significhi essere qua. Io non ci ho pensato un attimo: questo sogno ce l’avevo sin da bambino quando l’Inter l’avevo solo sfiorata”.





Cosa ricorda di quel provino del 2012?
"Mi ricordo la Pinetina, l’aria che si respirava, l’emozione: volevo a tutti i costi trasferirmi anche perché ero già tifoso del club visti i tanti argentini. Alla fine i club non si sono accordati: evidentemente doveva andare così, dovevo arrivare qua da adulto".





Quanto è stato importante il fatto che a Milano avrebbe ritrovato Inzaghi?
"Dopo il mio procuratore, ho sentito proprio lui oltre che il club: mi ha fatto capire che questo era un passo in avanti importante. Sentirlo in quel momento mi ha reso felice e sicuro".




Ma quello dell’Inter è lo stesso Simone che aveva alla Lazio?
"Non lo vedo cambiato, è sempre tranquillo e determinato. Bravissimo a gestire con intelligenza: un fratello maggiore che si fa volere bene dai suoi giocatori. E anche il suo staff lavora benissimo: per questo penso che le cose andranno bene per noi, basta avere pazienza".





A proposito, non le fa impressione avere come compagno il suo vecchio avversario?
"Con Dzeko scherzo sempre: gli dico che a Roma vincevamo sempre noi. Averlo come avversario era dura, meglio da compagno: è pazzesco, segna tantissimo".





C’è un po’ di competizione con l’amico Lautaro?
"Competizione sana, ma andiamo tutti nella stessa direzione. Anzi il Toro mi sta aiutando tantissimo in tutto: è un top dentro e fuori dal campo. Prima di venire mi chiamava continuamente per chiedermi: ci teneva che venissi".





È soddisfatto di questo inizio interista?
"Mi aspettavo di stare meglio fisicamente e, quindi, di giocare di più. Ma piccoli infortuni mi hanno penalizzato e questo mi fa arrabbiare. Ma il mio tempo arriverà: ora sto bene e sono pronto a giocare più minuti”.




C’è un compagno che l’ha impressionata particolarmente?
“Il livello della rosa è altissimo. Brozovic, al di là degli scherzi, è impressionante: quanto corre per tutto il campo...”.




Ha perdonato Luiz Felipe per quel salto all’Olimpico?
“Alla fine il cattivo sono stato io per la reazione nervosa! Non era il momento giusto, ma abbiamo subito fatto pace, e resta un fratello. In campo, però, non piangeva per me, ma per il rosso”.




 










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