.

Darmian: "Tifosi scettici sul mio arrivo? Capivo il pensiero però ho sempre creduto in me. Bravo Bisseck"

di Christian Liotta

Tocca a Matteo Darmian rispondere alle domande di Andrea Ranocchia per 'Frog Talks', il format di Inter Media House condotto dall'ex difensore nerazzurro. Un racconto fatto di aneddoti, ricordi ed emozioni condivise: un dialogo divertente in cui i Ranocchia e Darmian hanno ripercorso anche le due stagioni vissute insieme con la maglia nerazzurra. Questo è quanto racconta Darmian al suo ex compagno di squadra. 

Ranocchia: Io e te abbiamo giocato contro quando tu eri alla Primavera dell'Inter e io con quella del Perugia, e facevi il centrale. Poi ci siamo ritrovati contro con Palermo e Inter quando abbiamo giocato la finale di Coppa Italia che è andata bene.
Darmian: "Per voi sì...".

Ranocchia: Poi anche in Inghilterra.
Darmian:"Ci siamo incontrati che tu avevi firmato da poco, e la tua prima partita è stata all'Old Trafford".
Ranocchia: "Sì, ho esordito lì. Ho fatto un viaggio incredibile perché stava finendo la finestra di mercato. Dopo 3 giorni son venuto a Manchester".

Come ti sei trovato in Inghilterra?
"Bene, è stato un grande passo per me. Arrivare da Torino in una realtà così grande non è mai semplice, con una nuova cultura. Ma devo essere sincero, è stata una grande esperienza, molto costruttiva. L'inglese? Lo parlavo a livello scolastico. Poi ho fatto quattro lezioni ma visti i tanti impegni ho mollato un po'. Ora mi faccio capire e capisco. Però dire che è perfetto è un parolone".
Ranocchia: "Io le sto facendo adesso le lezioni, da un anno. Lo parlavo ma quando sono andato in Inghilterra ero nello Yorkshire e non capivo nulla, mi sembrava arabo. Poi per fortuna c'era Abel Hernandez che parlava italiano e mi ha dato una mano. C’erano anche cinque scozzesi. Però è stata un'esperienza bella".

Com'era la vita lì?
"E' stata un po' più difficile, perché fuori dal campo è un po' diverso rispetto all'Italia. Io ero da solo con mia moglie, abbiamo preso un cane che è stato il primo figlio. Però ci siamo adattati bene, soprattutto i primi anni”.

Chi è stato il tuo primo allenatore?
“Louis van Gaal, bravo e fissato con le regole. Andavamo a pranzo a una certa ora, un tavolo alla volta. Era una persona molto attenta alle regole ma molto bravo sul campo. Poi ho fatto due anni e mezzo con José Mourinho”.

C’è più pressione allo United rispetto all’Hull City?
“Ho avvertito questa cosa. Rappresentavo un club importante ma la pressione non è così forte come in Italia. Da una parte è una cosa positiva, ci sono sempre le due facce di una medaglia: puoi stare più sereno però arriva anche l’eccesso e ti serve quel pizzico di pressione”.

C’era ancora Ryan Giggs? Com’era?
“Il primo anno sì. Una brava persona, poi però è andato via subito. Dal secondo anno di Mourinho quando si è ritirato Michael Carrick è tornato nello staff del portoghese”.

Per me sei un pupillo, ci vorrebbero undici come te perché fai sempre le cose giuste ovunque ti mettano. Ho sempre avuto una grande stima di te, purtroppo tanti ti stanno scoprendo adesso.
“Grazie, da parte mia ho sempre creduto in me stesso, nelle mie qualità e a ciò che potevo dare per la squadra. Poi non sono tipo che cattura l’occhio però all’interno di una partita devi sempre fare delle scelte quindi cerco di fare sempre la cosa giusta al momento giusto e di dare tutto. Spero che sia apprezzato”.

Hai cambiato tanti ruoli, da centrale a terzino fino a quinto.
“Come te, che sei partito da attaccante. Io giocavo a centrocampo da piccolo, poi mi hanno spostato più indietro, prima in fascia perché forse facevo meno danni. Però è andata bene, non so se è stata l’impostazione che ho avuto da piccolo ma è stata anche la mia fortuna”.

Hai iniziato in oratorio, giusto?
“Sì, a Rescaldina. Bello quando da ragazzino finivi la scuola oppure la domenica ti trovavi con gli amici che sono anche quelli di oggi, giocando fino alla sera”.

Quanti amici puoi dire di avere nel mondo del calcio?
“Pochi. Col fatto che poi sono andato all’estero ho avuto la possibilità di conoscere più persone e culture, però quelli con cui ti senti e hai un rapporto di amicizia vero sono pochi. All’Inter sono più legato a Bastoni, Barella, Dimarco; siamo un bel gruppo, penso che anche questa cosa si percepisca all’esterno”.

Qualcosa vi ho lasciato?
“Certo, ci sono ancora due poster tuoi ad Appiano”.

Stai pensando al post carriera?
“Ho ancora qualche anno, spero di sparare bene le ultime cartucce… Onestamente no, mi piacerebbe restare nel mondo del calcio anche se non so che fare ad oggi. Di sicuro ora ti direi che non farei l’allenatore: troppo stress, troppa pressione. Siamo abituati ad una determinata vita, il tecnico la fa peggio. Poi magari farò i vari corsi e alla fine vedrò”.
Ranocchia: “Io consiglio di andare avanti finché hai entusiasmo, se finisce prendi la palla al balzo. Io sono arrivato alla fine perché mi sentivo scarico e ho detto che volevo fare altro”.

L’allenatore che ti ha dato di più?
“Sono stati tutti importanti, è la verità. Chi ti dà di più sotto il profilo tecnico, tattico, oppure nelle giovanili con l’impostazione del corpo. Sceglierne uno non è facile, però dico che il salto l’ho fatto con Gianpiero Ventura a Torino. Sono andato in granata in Serie B, lui mi ha dato tante cose che ancora oggi mi servono. Poi Antonio Conte, in Nazionale e all’Inter: loro due sono stati quelli che mi hanno dato di più”.

Con Simone Inzaghi riesci ad apprezzare il suo modo di gestire il giocatore e di capirlo, però i tecnici del passato li hai sempre dentro.
“Sì, poi penso che sia fondamentale per le scelte che un calciatore fa in carriera. Scegliere una squadra in base all’impostazione di un allenatore fa tanto per un calciatore, cresci tanto sotto diversi punti di vista”.

Dei nuovi arrivati chi ti piace di più? Secondo me col tuo atteggiamento dai tanto.
“Sono tutti bravi ragazzi, si sono messi a disposizione e hanno voglia di imparare. Dico Yann Bisseck: è bravo, ha grande prospettiva e margini di miglioramento. Ha dimostrato di poter stare in questo gruppo, lavora bene durante la settimana. Venire da altri campionati non è mai facile, ma si è ambientato bene e può fare molto bene. Poi un gruppo solido è fondamentale, al di là delle parole l’atteggiamento che conta”.

Si nota molto che avete sempre la rabbia di voler portare la partita a casa.
“Sono stati importanti questi due anni, abbiamo vinto ma anche le sconfitte sono state formative, come la finale di Champions. L’anno scorso in campionato abbiamo perso 12 partite, quindi siamo cresciuti tanto in consapevolezza e non vogliamo che succedano gli errori del passato”.

La sconfitta di Istanbul però vi ha dato la percezione di potervela giocare con tutti.
“Tutti ci davano per spacciati però eravamo convinti di fare bene ed è successo”.

Siete una squadra forte.
“Sì, ce la giochiamo con tutti”.

Il Darmian fuori dal campo?
“Seguo il tennis, non tanto il basket però ci sono Barella e Bastoni che sono malati. Poi con Alex Cordaz mi sono avvicinato al ciclismo: mi è iniziato a piacere, però preferisco il tennis”.

Il tuo idolo sportivo in assoluto, col quale sogni di andare a cena a parte me?
“Con te ci sono stato a cena… Dico Roger Federer, per quello che ha fatto e per lo stile che ha. Oltre ad essere un campione”.

Se dovessi scegliere un superpotere, quale vorresti?
“Non lo so… Forse il teletrasporto per poter viaggiare e fare qualcosa di più appariscente in campo”.

Sei arrivato qui con tanto scetticismo, poi sei diventato un idolo per i tifosi. Per me è stato un piacere avere condiviso tante cose con te.
“Mi fa piacere. Quando sono arrivato potevo capire il tifoso e questo pensiero, io mi sono rimesso abbastanza in gioco. Da Manchester sono andato a Parma perché volevo giocare, cosa che non facevo in Inghilterra, poi è venuto tutto di conseguenza”.

ACQUISTA QUI I PRODOTTI UFFICIALI INTER!


Carlos Augusto: "Arnautovic meritava una gioia così"
Altre notizie