Due peccati capitali condannano l'Inter. Icardi e Politano trascinano, Asamoah giù
Quando Icardi ha spezzato l’incantesimo, sembrava tutto apparecchiato per la solita, iconica partita da Pazza Inter che gioca in maniera confusionaria, si trova sul baratro ma in qualche modo riesce a cavarsela. Il film era perfetto, perché a intricare ulteriormente la trama si è aggiunto Lucas Moura che, al Camp Nou, ha siglato il pari contro un Barcelona zeppo di seconde linee. Mancava il colpo di teatro finale, quello che avrebbe fatto alzare tutti i tifosi stipati nel solito, meraviglioso San Siro strapieno: ma l’urlo definitivo è rimasto strozzato in gola quando Lautaro Martinez, a una manciata di minuti dalla fine, manda alto il più semplice dei colpi di testa a due passi da Zoet. Nulla da fare, non è tempo per l’Inter. Non quest’anno, almeno. Dopo le prime due gare tutto era possibile, ma il solito calo invernale della squadra di Spalletti ha rovinato tutto, vanificando la miglior partita di Icardi da quando veste la maglia dell’Inter. E rispedendo i sogni di gloria in Europa League, dove raggiungendo la finale si pareggerebbe (quasi) i proventi derivati da un quarto di finale di Champions League.
CONFUSIONE - L’Inter è entrata in campo con il giusto atteggiamento, aggredendo alta e corta il PSV e togliendo alla squadra di Van Bommel il respiro necessario per sfogare la manovra sulle fasce. Nonostante tutto, il ghirigoro di Asamoah con cui il ghanese restituisce il pallone agli avversari che poi finalizzano con Lozano complica irrimediabilmente la situazione: l’Inter va in confusione, perde ogni tipo di distanza e si appiattisce verso la porta di Zoet che non dovrà compiere miracoli, nonostante i ventidue tiri verso la sua porta. Il gol di Dembelé a Barcellona è una mera illusione, visto che a San Siro l’Inter non riesce a far uscire con regolarità il pallone. E se a inizio campionato si sfruttavano le fasce, l’insolito 4-3-3 con Candreva interno non dà nulla in termini di equilibrio e sfilaccia ulteriormente la squadra. Il risultato è una squadra spenta, incapace di creare con continuità e, peccato mortale, imprecisa: se Perisic avesse indirizzato meglio quel colpo di testa su magia di Icardi, se lo stesso croato fosse arrivato per tempo su un bel cross di Candreva… Ma, purtroppo, la storia la scrivono i vincitori. E l’Inter dovrà aspettare.
TRASCINATORI - Nel secondo tempo l’Inter riesce a organizzarsi meglio e Icardi guida la squadra con la sua miglior prestazione: Maurito gioca a tutto campo, fa a sportellate contro i centrali del PSV (poca roba, va detto) e smista palloni a uno, massimo due, tocchi. È un piacere per gli occhi vedere come riesce ad accendere l’azione con una combinazione veloce. Se il piacere estetico per certi versi si appaga, la partita si innervosce: il PSV inizia una incredibile lotta contro il tempo, mentre la manovra interista torna a essere arida, senza sbocchi. Brozovic, senza Vecino che crea profondità tra le linee ha difficoltà a giocare la palla e Skriniar e De Vrij non riescono ad appoggiare la costruzione. Perisic sembra incapace di saltare un uomo, così non rimane che affidarsi al più spigliato: Matteo Politano si carica sulle spalle la squadra e ingaggia una serie di duelli personali che lo portano a scuotere la squadra dal suo torpore. È una sua pennellata che inzucca Icardi, per l’uno a uno.
IL SECONDO ERRORE - Dopo il pareggio, l’Inter di Spalletti commette il secondo peccato capitale. Se nel primo tempo si era affannata a cercare in tutti i modi il gol del pareggio, dopo il 72’ è come se entrasse in un limbo: scoprirsi cercando la vittoria o conservare il risultato, consci di come stesse andando la partita a Barcellona? Spalletti sembra indicare la via quando toglie un esausto Politano per Vrsaljko, riequilibrando la squadra che aveva in campo anche Lautaro e Keita, in uno spregiudicato monito offensivo. Vrsaljko a sinistra è pressoché nullo e la spinta si affievolisce. Quando Moura segna, è tardi: l’Inter imbastisce un piccolo assedio, con il finale che tutti conosciamo. A volte la Garra Charrua non basta, ma è beffardo pensare che i nerazzurri escono da un girone di Champions League a causa della regola dei gol in trasferta nella differenza reti degli scontri diretti, contro un Tottenham normale, senza sussulti. Uscire totalmente per demeriti propri brucia, soprattutto dopo un periodo nero: dalla gara di Wembley contro gli Spurs, l’Inter non ha più saputo vincere, mancando diversi match point sia contro Roma e Juventus, sia ieri sera.
È tempo di rimettersi in carreggiata, ora. Il Milan è alle calcagna della squadra di Spalletti e la Roma, ondivaga, è da considerarsi una minaccia al pari della Lazio. L’obiettivo di questa stagione non era certo vincere la Champions League, ma effettuare un percorso franco in Serie A in modo tale da ritornarci agilmente nella prossima stagione. Senza limitazioni UEFA, con una consapevolezza maggiore e, perché no, dopo un bel percorso in Europa League.
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