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È un'Inter da cinque, non solo sfiga: dai tre problemi alle due note liete

di Fabrizio Romano

Cinque in pagella. Lasciare San Siro un po' come un genitore che saluta la professoressa non completamente soddisfatta del rendimento scolastico del figlio. I tifosi dell'Inter si aspettavano qualcosa in più, dopo l'intelligente prestazione di Torino, dalla sfida contro il Rubin Kazan. E si sono ritrovati per larghi tratti una squadra incapace di creare il suo gioco, di arrivare alla conclusione, di trovare quella semplicità di palleggio che è dettame basilare per Andrea Stramaccioni. Un'Inter che non è piaciuta, spesso noiosa e illuminata solo da (rari) lampi di luce. Con tre problemi principali e due note liete che spiccano in quel Meazza che sembra diventato maledetto.

VOTO CINQUE IN PAGELLA - Non da bocciare, ma rimandata a domenica. Contro l'onesto Rubin Kazan del santone Berdyev, l'Inter trova un 2-2 in extremis con la voleé firmata Nagatomo che vale un punto sì, ma anche un passo indietro sul punto di vista del gioco. Nella notte di San Siro è mancata la brillantezza nel proporsi con un proprio gioco, proprio come la solidità difensiva intesa come movimenti complessivi e non solo legata ai singoli. Insomma, non è stata solo sfiga o solo episodi. Folate interessanti in lunghi tratti di torpore causante nervosismo, una sorta di vorrei ma non posso che ha definito tre problematiche principali.

I MENO

CONTINUITÀ DI GIOCO DA IMPORRE - Questo è il cardine principale su cui sta lavorando Stramaccioni. Naturalmente, non è tutto da buttare quanto fatto finora e quanto visto ieri. Anche perché di fronte c'era un Rubin organizzato bene e messo in campo strategicamente. L'Inter però può e deve fare di più in fase di creazione di gioco. La squadra si prende ancora larghi pause, momenti spenti alternati a fiammate improvvise. Di base, c'è un'idea che è studiata e ben precisa per un gioco palla a terra con un centrocampo di quantità e intelligenza a sostegno delle punte. Manca però l'appoggio deciso dei terzini e più precisione quando si arriva al momento della finalizzazione. Il riposo garantito a Milito porta alla logica conseguenza di maggiore fatica nella caccia al gol, ma il Principe da solo non può bastare. Serve più incisività e una continuità di gioco da imporre, specialmente quando ci si trova davanti in casa squadre abili a bloccarti gli spazi. In questo, servono passi avanti per un'Inter che sappia sfatare il tabù di San Siro e migliorare la continuità nel proporre un calcio che ieri sera è venuto troppo spesso a mancare. Perché non ci sarà sempre un Milito salvatore della patria a sbloccare partite più chiuse, e se ti chiami Inter te ne trovi davanti tante. Specialmente se non hai ancora automatismi perfetti in difesa e quindi il contropiede - come ieri sera - può diventare maledettamente letale.

SAN SIRO: ABBIAMO UN PROBLEMA - No, non possono essere soltanto episodi. Se l'Inter non riesce a vincere tra le mura amiche c'è una motivazione ben precisa. E come non lo è la sfortuna, non lo è neanche il terreno di gioco. Quello che manca è proprio un meccanismo di squadra oleato, che consenta di imporsi sull'avversario senza doversi obbligatoriamente adattare. In trasferta questa squadra va a nozze, perché trova gli spazi per far male con i campioni di cui dispone. In casa, non è sempre così. Dall'Hajduk al Vaslui fino al Rubin ieri sera, gli esempi di chi punta sul contropiede sono lampanti. E Zeman, dirà qualcuno? Anche quella partita fotografa la situazione. Fino a quando la Roma non ha rifiatato nella propria metà campo per poi puntare sul contropiede, è stata l'Inter a fare il suo gioco. Poi, il crollo dettato proprio dagli spazi che non c'erano più e dalla volontà di spingersi alla ricerca del gol. Con una coperta troppo corta, anche perché - come spiegato - manca ancora un pizzico di incisività. La soluzione, come sempre, sta nel lavoro: Stramaccioni sa bene che bisogna ancora fare tanto e lo farà nel modo migliore. Perché questa Inter può e deve migliorare ancora tanto il suo gioco offensivo in fase di possesso. A quel punto, San Siro tornerà a sorridere. Non potrà mica essersi offeso solo all'aver udito del nuovo stadio in progetto...

JONATHAN E SAMUEL, DUE CASI CHIAVE - Eccoci al terzo problema, quello che più chiama in causa il tifoso da stadio. Il dito puntato contro chi sbaglia. Introduzione necessaria: un applauso deciso a Stramaccioni come a Zanetti, da allenatore e capitano veri, che hanno immediatamente preso le difese dei due giocatori in questione. Ma Jonathan e Samuel hanno vissuto una notte davvero da incubo, contro gli ostici attaccanti del Rubin. Il problema è legato però non solo ai singoli, ma al reparto che dipende a sua volta dal sostegno della squadra. Lo sottolinea spesso, a ragione, proprio Stramaccioni. Perché, a prescindere dai palesi errori singoli, Jonathan si è ritrovato praticamente sempre costretto all'uno contro uno senza il raddoppio previsto dalla mediana. E perché Samuel ha dovuto trovarsi più volte come Ranocchia nell'occasione del secondo gol, in un oceano da coprire con una punta a cercarlo. Da qui nasce il problema, perché la difesa va decisa. Stramaccioni in conferenza ha spiegato di voler cercare una coppia di centrali fissa, e proprio questa è un'urgenza assoluta. Una difesa ha bisogno di continuità e rodaggio, il turn over viene dopo. Rilanciare Samuel poteva starci dopo un periodo di assenza, adesso però c'è da decidere chi sono i due guardiani fissi davanti a (un sublime) Samir Handanovic. Quello è il primo passo, oltre al maggior sostegno del centrocampo ai due terzini. Non solo Jonathan, disastroso singolarmente nell'occasione del rigore, ma anche Nagatomo, che dalla sua parte tende a lasciare scoperta la corsìa troppo spesso. Anche qui, dunque, meglio trovare due interpreti che diano garanzie fisse. E lavorare sul raddoppio delle marcature (serve anche più brillantezza dai centrocampisti, il Guarin di ieri va addomesticato), più che su una fase di spinta gestita in maniera più ragionevole in queste ultime uscite. Jonathan e Samuel decisamente rimandati, quindi, ma il lavoro da migliorare in difesa resta globale.

I PIÙ

MARKO È GIÀ GRANDE: DAVANTI C'È LUCE - Migliorare la fase di finalizzazione, dicevamo. Eppure, qualcosa di positivo da quest'Inter-Rubin Kazan è venuto fuori. Impossibile non applaudire Marko Livaja, un ragazzo del 1993 che gioca con la serenità di un veterano. Fisico imponente, duttilità per un tridente offensivo, disposizione al sacrificio, abilità nel giostrare anche da boa all'occorrenza. E quel fiuto per il gol che ha sempre avuto. Stramaccioni lo ha lanciato in una serata delcata, Markino ha risposto con un gol molto più difficile da segnare di quanto non sembri. La zuccata vincente di Livaja è la fotografia perfetta per un prodotto dell'Inter voluto fortemente e cresciuto con un processo intelligente. All'Hajduk ha dato fastidio più volte, per quei movimenti intelligenti tra esterno e interno e la capacità di trovare spesso la giocata più giusta. Non male, per un ragazzino. L'Inter ha deciso di tenere lui per un ruolo marginale e di lasciare crescere e segnare in santa pace Longo. E sta avendo ragione. Proprio come per lo scambio Cassano-Pazzini (più 7,5 milioni, ricordiamolo). Perché Antonio è stato davvero illuminante, ancora una volta. Tanta corsa, più palloni invitanti serviti ai compagni e giocate da vero leader che non perde la lucidità in una serata complessa. Peccato sia mancata l'incisività di chi i gol poteva e doveva farli, il discorso è quello di prima: si crea ancora troppo a folate e con poca continuità, come non si finalizza abbastanza. Verranno tempi migliori, anche per Coutinho. Strappa applausi poi mugugni, ma in quel metro e 71 di ragazzino c'è tantissima qualità che si sta raffinando. Diamogli fiducia e tempo, proprio come per Livaja. Poi, da domenica, rientra anche Milito con Sneijder. Insomma, davanti c'è luce. Ma ora servono i gol davanti alla gente nerazzurra.

REAZIONE D'ORGOGLIO - Un'Inter da cinque in pagella, ma non da buttare e bocciare. Lo abbiamo premesso in partenza, lo confermiamo alla fine. Anche perché l'altro lampo di luce di Inter-Rubin è stata la reazione della squadra alla batosta del gol del furetto Rondon. Veemente, di cuore, d'orgoglio. Perché non è stata una bella Inter, tutt'altro. Ma lasciare due punti al Rubin in questo girone e dopo una partita sostanzialmente giocata alla pari nella mediocrità generale, sarebbe stato un peccato troppo grave. "Non rivedremo più un crollo come quello con la Roma", Stramaccioni dixit. E aveva ragione. Perché l'Inter si è andata a prendere con i denti un punto che non poteva lasciare per strada, in condizioni decisamente non semplici. Proprio con un episodio. Eppure, come dimostrato, non è stato un caso bensì frutto di una scossa morale. La strada per l'Inter resta però ancora lunga. A partire da domenica, per riprendersi San Siro e tornare alla sufficienza. Perché questo cinque in pagella non è frutto di sola sfiga Tre problemi, due note liete. La somma fa cinque. Un voto matematico, ma che non piace a nessuno. Insomma, non c'è tempo da perdere: è già ora di tornare sui libri, il prossimo esame dista solo due giorni.


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