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Gli svarioni tecnico-tattici (a monte) dell'Inter nell'annata 2016/2017

di Matteo Serra

Ancora una volta l'Inter si trova a concludere un campionato anonimo tra mille polemiche, incertezze sul futuro e il bisogno di un capro espiatorio. Si può puntare il dito contro la società, assente e confusa, o contro l'allenatore (o gli allenatori) non adatto all'Inter, oppure contro i calciatori, ritenuti scarsi e presuntuosi. In tutti e tre i casi non si sbaglia: nell'horror che è stata la stagione 2016/2017 ovunque si guardi si trovano errori anche grossolani. Per una volta però mettiamo da parte i problemi societari interni e il difficile inizio della gestione Suning per concentrarci sul campo e su questioni tecnico-tattiche: questa Inter è una squadra costruita male, piena di giocatori troppo simili tra loro o palesemente inadatti a puntare al terzo posto. Insomma Frank de Boer e Stefano Pioli non sono stati piloti inadatti a far far rendere al meglio una Ferrari. Forse della monoposto rossa questa squadra ha il motore, il talento, ma è priva di ogni sorta di aerodinamica e ingegneria necessarie a creare una vettura in grado di andare veloce per più gare. Proviamo ad analizzare reparto per reparto quello che è mancato:

DIFESA - Nell'idea di Roberto Mancini e Piero Ausilio, la difesa titolare a quattro dell'Inter doveva essere così composta: Ansaldi, Miranda, Murillo ed Erkin. Ansaldi è sempre stato un buon giocatore, che ha dato il meglio nella scorsa stagione nel 3-4-3 del Genoa di Gasperini. E' però altrettanto vero che è sempre stato fragile come un cristallo, costantemente soggetto agli infortuni. Dall'altro lato Erkin, il cui pregio principale era essere un parametro zero, era anche una scommessa rischiosa ancora prima di giocarla. Non a caso è stato ceduto dopo l'uscita di scena di Mancini. In questo senso, l'Inter avrebbe dovuto presto armarsi diversamente, dato che D'Ambrosio non aveva mai fatto vedere in carriera le buone prestazioni che ha fornito quest'anno mentre Nagatomo da ormai diverse stagioni ha dimostrato di non essere più all'altezza della situazione. Considerare di partire con 4 incertezze nel ruolo di terzino è già un errore. Per quanto riguarda i centrali, l'unico dal rendimento sicuro, almeno sulla carta, è Miranda, che ha però 32 anni. Murillo nella parte finale della scorsa stagione aveva già mostrato tutti i limiti che quest'anno ha confermato. Ranocchia è sempre stato sul mercato mentre Andreolli è sicuramente un buon giocatore ma le tempistiche del suo ritorno a una condizione decente erano note. Sono tutte situazioni non nuove, che chiunque ben conosceva prima dell'inizio della stagione e che chi costruisce la squadra ha o ignorato o sottovalutato. Se l'Inter fosse stata ancora in corsa per il terzo posto domenica scorsa lo avrebbe fatto presentando il seguente quartetto difensivo: Nagatomo, Medel, Andreolli e D'Ambrosio. Non certo da zona Champions. 

CENTROCAMPO - Medel, Kondogba e Brozovic. L'Inter si è presentata con questi tre giocatori per due maglie ai nastri di partenza, a cui poi si è aggiunto Gagliardini a gennaio. Tutti e tre, escludendo l'ex Atalanta, non sono giocatori dal rendimento sicuro. L'Inter con Medel titolare in questi anni non ha mai avuto la protezione difensiva che sperava, Kondogbia lo scorso anno ha deluso e Brozovic è sicuramente un giocatore dal grande talento, ma tende all'individualismo, vive la partita in maniera molto personale, esaltandosi quando è in giornata di grazia e diventando irritante quando le gambe e la testa non girano. Anche in questo caso sono tutte scommesse, che se vinte possono portare in alto ma che al tempo stesso possono essere controproducenti, proprio come succede adesso. Per vincere servono certezze tattiche, serve decidere chi sia il padrone del centrocampo, il cuore e il cervello della squadra, a cui tutti gli altri possano aggrapparsi nei momenti difficili. Non si può sperare che i problemi si risolvano da soli. L'Inter non ha questo tipo di giocatore e questa lacuna è nota da tempo. Il solo Gagliardini ha dato una ventata di novità, ma sarebbe chiedergli davvero troppo salvare la baracca da solo. In tutto questo si inserisce Joao Mario, arrivato più per il suo fascino di campione emergente che per una reale utilità tattica, senza sapere se sia un regista, un trequartista o un esterno. E' sicuramente un giocatore importante da avere in rosa, ma andava messo al centro del progetto per farne un titolare fisso, invece è sempre stato un'alternativa. Da 40 milioni.

ATTACCO -  Mancini aveva chiesto gli esterni, e gli esterni ha avuto. Peccato che siano tutti il doppione dell'altro. Candreva e Perisic in qualunque squadra di vertice sarebbero uno il sostituto dell'altro, perché entrambi giocano nello stesso modo: sempre dritti per il proprio binario. Perisic va alla conclusione, Candreva al cross, ma nessuno ha caratteristiche per entrare nel campo a dialogare con il trequartista o la punta. Banalmente, l'Inter non ha un Suso, che con quel mancino elegante spesso ha messo in difficoltà le difese avversarie (vedi il derby di andata). Avere due esterni di questo genere inoltre ha reso impossibile anche solo pensare di cambiare sistema di gioco, dato che le caratteristiche dei due sono troppo precise e limitanti per chieder loro un lavoro diverso. Quando Pioli l'ha fatto, la Roma è venuta a padroneggiare a San Siro. Banega è stato preso per essere il faro offensivo, ha sicuramente un cervello calcistico superiore a quello della media in Serie A, ma la sua storia parla chiaro: non è mai stato un cracque nel senso latino del termine. De Boer prima lo ha provato come regista, Pioli sempre come trequartista, ma mai con continuità. Costante il ballottaggio con Joao Mario, alla lunga stressato all'inverosimile. A Genova entrambi erano in panchina per far giocare Eder, sicuramente volenteroso ma mai rivelatosi adatto alle esigenze della squadra. Infine dietro Icardi è impensabile avere il solo Palacio, che ormai da due stagioni fatica a rendere. Si muove in campo come pochi, ma ogni vantaggio che gli regala la sua mente brillante viene annullato dalla lenta reattività dei suoi muscoli. Domenica è uscito Icardi ed è entrato proprio el Trenza, invece dello scalpitante Pinamonti: cambio incomprensibile. Se Icardi ha un raffreddore o una giornata no, come può capitare a chiunque, bisogna avere un'alternativa credibile. 

Detto questo, l'Inter ha comunque una rosa che è in grado di fare qualcosa in più di 2 punti in 7 partite, di arrivare più in alto del settimo posto, di battere in scioltezza Crotone, Genoa e Sampdoria. Non vi è dubbio quindi che lo scarso rendimento abbia nei giocatori la causa primaria, ma in origine il tutto è nato ed è stato pensato male. Sono stati commessi errori di concetto da più menti, che invece di essere allineate per il bene comune hanno agito per conto proprio. E nel calcio la bacchetta magica non esiste.


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