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Lu-La sbiadita nei ricordi e nelle prestazioni di chi l'ha fatta splendere. Lautaro poteva imitare Lukaku

di Fabio Costantino

C'era una volta la Lu-La. A dissolverla tra le nuvole ha pensato per ben due volte Romelu Lukaku, andandosene via sul più bello e lasciando in eredità parecchio malcontento e voglia di rivalsa nei suoi confronti. A proseguire la legacy è stato Lautaro Martinez, prima al fianco di Edin Dzeko, oggi di Marcus Thuram. Ieri i due 'ex' si sono ritrovati faccia a faccia per la terza volta, dopo le due della scorsa stagione quando il belga vestiva la maglia della Roma. E per la terza volta hanno entrambi mancato l'appuntamento con il tabellino dei marcatori. Ma se Lukaku ha confermato di essere assai a disagio sul rettangolo di gioco contro i nerazzurri, questa volta anche el Toro ha fallito l'appuntamento. 

Per la precisione, i numeri sono già di per sé eloquenti: per Lautaro 5 palloni persi (1,2 di media), appena 33 tocchi, 2 tentativi fuori dallo specchio, solo 2 falli subiti, 76,5% di passaggi riusciti (75,9% in media) in 88 minuti di gioco. Per Lukaku 2 palloni persi, 22 tocchi, nessun tiro, 1 fallo subito, 71,4% di passaggi riusciti in 76 minuti. Due prestazioni ben al di sotto delle loro potenzialità e del ruolo che ricoprono nelle rispettive squadre. Però se il belga è stato letteralmente cancellato dal campo da un monumentale Francesco Acerbi (ed è la terza volta che accade...), l'argentino è incappato in una delle sue peggiori serate che memoria aiuti a ricordare.

Lento di piede e di testa, visibilmente appesantito, in chiaro ritardo di condizione e senza la sua abituale cattiveria, il capitano dell'Inter ha tendenzialmente vagato per il campo in attesa di qualche illuminazione, rendendo agevole il compito di Alessandro Buongiorno o Amir Rrahmani che lo controllavano a turno. Un pallone dei suoi lisciato clamorosamente nel primo tempo e un colpo di testa su azione viziata da fuorigioco nel finale, respinto da Alex Meret: si riassume qui il suo contributo offensivo. Non che lontano dalla porta abbia dato l'impressione di poter fare la differenza, anzi. Per larghi tratti della gara è rimasto avulso dal gioco, anche nei momenti di maggiore spinta dei nerazzurri che nel secondo tempo hanno obbligato gli ospiti a difendersi negli ultimi 30 metri. 

Se Lukaku non ha ancora convinto pienamente da quando è arrivato al Napoli (non ha svolto la preparazione atletica con la squadra per i ritardi del mercato), anche Lautaro sta faticando a trovare la condizione giusta. Con il senno di poi i giorni di vacanza ha cui ha rinunciato per venire in soccorso della squadra forse gli sarebbero stati utili, perché a novembre inoltrato è a dir poco insolito inseguire ancora la miglior forma fisica. E la partenza per rispondere alla convocazione della Nazionale in questa sosta del campionato non aiuterà in quest'ottica: rimanere ad Appiano Gentile a lavorare per tornare al top sarebbe stato più utile alla causa nerazzurra, ma è una perdita di tempo avanzare pretese. Per lui la Seleccion è troppo importante, pur non essendo la prima scelta offensiva del CT Lionel Scaloni. Impossibile chiedergli di rinunciarvi, al netto del fortissimo legame con l'Inter.

Diversamente, Lukaku ha deciso di non rispondere alle convocazioni del CT del Belgio, Domenico Tedesco, nel precedente giro di chiamate proprio per rimettersi in forma a Castelvolturno, rispondendo presente invece per i prossimi impegni in Nations League. E da quanto visto domenica sera al Meazza anche lui avrebbe bisogno di concentrarsi solo sul proprio club e lavorare sodo per riprendere il giusto ritmo.

Se la Lu-La è ormai un ricordo nella testa dei tifosi nerazzurri, che l'hanno vista splendere fino alla conquista del 19esimo Scudetto, salvo poi ritrovarsi solo a tratti nel tentativo di replica, oggi le due metà che la componevano, definitivamente distanti in campo e fuori, sono entrambi in fase calante e dovranno rimboccarsi le maniche per tornare lassù a dominare la scena, ognuno per la propria strada e per la propria squadra. Se i ricordi di Lautaro e Lukaku insieme sono sbiaditi, si può sostenere altrettanto delle rispettive prestazioni davanti al pubblico che li vide illuminarsi insieme. Ora il pallone passa a loro, com'è giusto che sia: dare una svolta personale alla propria stagione rappresenta quel sottile confine tra chi arriverà davanti o dietro alla fine del campionato.


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