I ricordi di Toldo: "Mou, il massimo. Non ci fosse stata Calciopoli..."
Fonte: Gazzetta dello Sport - Corriere dello Sport
Francesco Toldo dice basta. Dopo 20 anni passati a difendere i pali della porta delle sue squadre, il portiere padovano intraprendere la carriera dirigenziale nell’ambito di Inter Campus. Al termine della stagione della Tripletta, Toldo appende i guanti al chiodo, con la calma e la tranquillità che lo hanno sempre contraddistinto. La decisione è maturata in marzo: “Avevo deciso di smettere già due mesi prima della fine della stagione. Ho detto tutto ciò a Branca, nella notte di Madrid”. E se non fosse arrivato il tris: “Avrei senz’altro rispettato il mio contratto. In estate ho ricevuto diverse offerte, ma non avrei mai potuto vestire maglie diverse da quelle di Fiorentina o Inter”.
Comunque, nel corso di questa grande stagione ci sono stati momenti duri: “Gennaio-febbraio sono stati difficili. I risultati non venivano e nello spogliatoio era inevitabilmente salita la tensione. Ma rispetto al passato siamo rimasti tutti uniti, consapevoli della nostra forza. La svolta è stata Kiev; Londra ci ha dato la consapevolezza di poter vincere anche in Europa. Nella nostra squadra ci sono tanti caratteri forti e litigare non è un reato, anche un qualcosa in più. Solo con un gruppo unito si vince tutto”.Un gruppo tormentato dai suoi scherzi: "Quando ero infortunato alla testa, dicevo a Julio Cesar e Orlandoni di chiamare il dottor Combi perchè mi sentivo male. Eravamo in combutta e quando arrivava il dottore lo prendevamo a botte". Su Balotelli: “Gli vogliamo tutti bene ed ha l’intelligenza per capire cosa è giusto fare o no. E’ un ometto”.
Toldo, nove anni vissuti in nerazzurro, racconta la sua esperienza: "Ho vissuto due epoche. Pre e dopo Calciopoli. Facchetti e Moratti ci hanno guidati fuori dalle difficoltà, costruendo una squadra vincente, che poteva vincere anche prima ma fattori esterni non ce lo hanno permesso". Il portiere padovano è un simbolo del gruppo ed è sempre stato pronto ad aiutarlo, anche con scherzetti e furbate: "A Siena avevo un pallone nascosto in panchina, pronto a gettarlo in campo in caso di difficoltà. Quando lo feci mi beccai il giallo ed i ragazzi mi prendevano sempre in giro". Ad ogni gol nerazzurro, Francesco veniva abbracciato da Zanetti: "E' uno degli esempi della squadra. Fisicamente è un fenomeno, sempre attento e concentrato. Abbracciando me abbraccia coloro che lavorano tanto e giocano poco".
Mourinho: “E’ il massimo. Anche se giocavi poco aveva la parola giusta per farti sentire importante. E’ il massimo a livello di preparazione delle gare. Ma bisogna guardare avanti. Ora c’è Benitez, che farà benissimo”. Si tornano a fare domande personali. L’arrivo di Julio Cesar: “Quando Julio arrivò all’Inter nessuno mi disse che sarei divenuto secondo, anche perché sarei andato via. All’inizio giocava così e così e non piaceva il fatto che si adottassero due pesi e due misure. Poi è divenuto un amico e l’ho aiutato per il bene dell’Inter”. Un’Inter povera di italiani: “E’ vero, ma finché non c’è un regolamento che lo vieta...”. Il difensore più forte con cui ha giocato: “Cordoba. Un fenomeno. Forza fisica, elevazione e rabbia”. Gli attaccanti: “Batistuta, Montella, Del Piero e Ibra”. Più dura da digerire la sconfitta all’Europeo 2000 o il 5 maggio: “Quest’ultima. Non vale la pena ritornarci perché è stato dimostrato che quel campionato è stato falsato. Comunque noi fummo polli a perdere quei punti. All’Europeo partii come riserva, ma mi trovai in campo per l’infortunio a Buffon. Nessuno scommetteva su di noi ma giocammo un grande torneo e sfiorammo la vittoria”.
Le sue partite più belle: “Olanda-Italia, Arsenal-Fiorentina, ed un Valencia-Inter, dovei parai tutto (e Benitez se lo ricorda, ndr). Oltre a quella in cui feci gol alla Juventus”. La partita più brutta: “Valencia-Inter del 2007. Tenevo Burdisso per evitare guai ma al pugno di Navarro la situazione partì. Stavo per entrare nel loro spogliatoio. Mi dovettero tenere a forza”. Il futuro della Nazionale: “Deciderà Prandelli, in ogni caso l’Italia ha sempre avuto un’ottima scuola. Se entri in campo con il pensiero di fare bene, alla fine non prendi gol”. Saluti finali: “Sarebbero in tanti. La mia famiglia, i figli Alessandro e Andrea e la moglie Manuela. Se per la donna di un calciatore è difficile, figuriamoci per quella di un portiere”.