Icardi: "All'Inter è un anno di ricostruzione. Mi voleva il Real Madrid ma scelsi..."
Si racconta in una lunga intervista concessa a Canal Plus Mauro Icardi in cui ripercorre tutta la sua carriera, partendo dai suoi inizi alle Canarie, passando per le esperienze al Barcellona e alla Samp, per poi finire con la sua avventura all'Inter, raccontando anche qualche piccolo retroscena: "Il Barcellona mi ha scoperto in un torneo a Tenerife a cui io partecipavo con la maglia del Vecindario. Giocammo la finale contro l'Espanyol e vincemmo il torneo e da lì tutti i top club spagnoli, Barça, Real, Valencia, mi hanno contattato. Fu una decisione difficilissima, ma io essendo un bambino la presi a cuor leggero. Nel Barcellona c'erano Messi, Eto'o, Ronaldinho, i giocatori che ammiravo e che vestivano la maglia della squadra che tifavo: il Barcellona. Quando ci fu questa opportunità di andare alla Masìa non ci pensai molto e scelsi loro. Se non avessi giocato alle Canarie non sarei andato al Barça e poi non sarebbe successo tutto quello che sto vivendo ora. Per me è un orgoglio essere uscito da un'isola che poco ha dato al calcio ed essere considerato un giocatore di primo livello. Sono una persona matura e lo devo alla famiglia perché mi hanno sempre dato la possibilità di scegliere quello che ritenevo fosse meglio per me, cose buone e cose negative incluse. Messi? Quando mi stavo allenando al Camp Nou mi misi all'uscita degli spogliatoi e appena vidi uscire Leo lo chiamai presentandomi e chiedendo se si ricordava di me, dato che gliene avevano parlato in più occasioni, e lui mi disse che ci saremmo incontrati dopo il suo allenamento e ci siamo conosciuti meglio. E' stata una cosa fantastica, di tanto in tanto ci sentiamo via telefono o via messaggio. Quando decisi di andare via dal Barça accadde tutto velocemente la Samp mi vide giocare quindici minuti partendo dalla panchina contro l'Espanyol e mi dissero che in Italia avrei avuto molte più chance e decisi di accettare. Lo stesso anno il Real mi chiamò per andare a giocare con il Castilla, ma non potevo passare dalla Serie A alla Liga Adelante.
Si parla poi della sua consacrazione in Italia nella gara contro la Juve vinta 2-1 in rimonta dalla Sampdoria: "Quella è stata la gara in cui sono esploso, ma già contro il Genoa nel derby segnai. L'allenatore (Ferrara, ndr) fu costretto a schierarmi per assenza di altri, ma alla fine vincemmo. Giocare contro la Juve in quello stadio era una nuova esperienza. Io ho fatto solo il mio dovere, sono rimasto tranquillo e ho fatto doppietta a Buffon per vincere quella partita".
Dopo le gioie vissute con la maglia blucerchiata ci fu il passaggio all'Inter: "Per me l'Inter è una delle più grandi squadre al mondo. Aveva appena vinto tutto e da sempre è la storia del calcio. Non ebbi alcun dubbio nel trasferirmi a Milano. Qui gioco sempre e aiuto la squadra segnando molti gol, ma nonostante questo l'Inter non si trova dove meriterebbe di stare come squadra. Adesso ci stiamo riassestando dopo l'addio di molti campioni che qui hanno vinto tutto e quindi dobbiamo solo aspettare l'anno prossimo per essere di nuovo al top. Contro il Sassuolo perdemmo 3-1 e tutti perdemmo la testa. La mia rabbia nacque dal fatto che regalai la maglia ad un bimbo in prima fila in mezzo a tanti adulti. Quello che più mi fece arrabbiare è che strapparono dalle mani del bimbo quell'indumento per ributtarlo in campo. Mi partì l'embolo (ride, ndr), ma è passato tutto. Il cucchiaio a Napoli? Presi la decisione con Guarin perché sappiamo che sono un ragazzo freddo. Quando finirò la mia carriera sicuramente vorrei giocare con il Newell's per vedere quello che si prova a giocare davanti a quei tifosi".
La chiosa finale riguarda quel momento in cui gossip e calcio vennero a contatto, quando Maxi Lopez gli negò il saluto in un Sampdoria-Inter: "Sapevo non mi avrebbe dato la mano, era una cosa logica. Lo avevo detto anche a Wanda a casa, io però gli avrei porto la mano egualmente perché tutti avrebbero guardato la partita, inclusi i suoi figli e sarebbe stato un bel gesto per far capire che non c'era alcun problema per me. Quando tornai a casa il figlio più grande di Maxi mi chiese il perché suo padre non mi avesse salutato e io gli spiegherò in futuro il perché, senza rancore".