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Icardi secondo il suo primo tecnico: "Altrove sarebbe già al top"

di Francesco Fontana
Fonte: La Gazzetta dello Sport

Bella e storica intervista della Gazzetta dello Sport che vola a Vecindario (Spagna) per 'esplorare' l'inizio carriera dell'attaccante nerazzurro Mauro Emanuel Icardi Rivero. L'attuale bomber nerazzurro, infatti, inizia proprio nell'Unión Deportiva Vecindario (club delle Canarie che attualmente milita nella Tercera División, quarto livello del calcio spagnolo) la propria 'scalata' verso il top del calcio italiano ed europeo, segnando ben 384 reti in sei anni. Chiamatelo 'predestinato'. E chi meglio di Jesus Hernandez può accompagnare i lettori in questo 'viaggio' a ritroso nel tempo?

Microfono, quindi, al primo allenatore di Maurito: "Diventerà il nuovo Cristiano Ronaldo. Aveva 9 anni, ma già al primo allenamento ha messo in mostra doti fuori dal comune. Pensate che un arbitro al termine di una delle prime partite gli chiese l’autografo. Ma quella era una squadra straordinaria. C’erano anche Martel, ora al Saragozza, Olivenzia, nella A norvegese e Kozhounarov, un bambino bulgaro. Forte come Mauro, se non di più. Era andato al Real, ma a 16 anni gli è morta la mamma in un incidente aereo e ha smesso. Ma un allenatore non ha tanti meriti. L’importante è che non faccia danni e assecondi i talenti, che li lasci sviluppare senza fretta". 

RADICI - "Com’era da bambino Mauro? Arrivava da una famiglia forte, grande dignità e pochi soldi. Juan, il papà, da giovane era stato calciatore e qui faceva un po’ di tutto: imbianchino, meccanico, macellaio… La madre Analia faceva le pulizie e non si è mai persa una partita di Mauro. Voi avete in mente un Icardi tutto social e tatuaggi. Quella è solo immagine perché lui da quando a 15 anni ha firmato un contratto ricchissimo con l’Adidas ed è andato al Barcellona, è un’azienda. Marketing. Ma il vero Mauro era un ragazzo timido e mite che a volte provava vergogna. I gol, per esempio, non li celebrava mai. Ma appena entrava in campo si trasformava. Anche a scuola era molto bravo. Lo avremmo potuto far giocare con i ragazzi di due categorie superiori, ma non lo abbiamo fatto perché in quel gruppo lui aveva stabilità. Erano amici, compagni di scuola, di giochi e di squadra. Per questo non ha mai voluto andare via".

MOMENTO CHIAVE - "Nel 2007 ho chiesto di partecipare a un torneo dove c’erano squadre importanti come Porto e Siviglia. Gli dissi: 'Se fai bene qui ti notano tutti'. In campo volava, dribblava 5-6 avversari e andava in porta. Impressionante. Lì è nata una stella. Ma Mauro è ancora in crescita. Lui riesce a fare bene in Italia dove le difese sono dure, chiuse. Però credo che la sua squadra ideale sia l’Atletico per il tipo di gioco di Simeone. Se fosse in Spagna o in Inghilterra, dove avrebbe più campo per muoversi, Mauro sarebbe già un top. Lo diventerà. Ha le doti per essere il nuovo Ronaldo. Vedrete".


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