Il derby è un incidente di percorso, ma vanno fatte alcune riflessioni: perché perdere l'equilibrio sull'1-1?
Prima o poi doveva succedere, lo dice la storia, lo dicono i grandi numeri. Non si può vincere sempre e dopo 6 derby consecutivi è arrivata la sconfitta che ha permesso al Milan e ai suoi tifosi di rialzare la testa. Adesso la cosa più importante in casa nerazzurra e non farsi prendere dal panico né dall'ansia, trattando questo scivolone come un banale incidente di percorso. Rumoroso, ma sempre un incidente. Al contempo la prestazione di ieri, al di là del risultato finale, non va sottovalutata perché è in linea con quanto visto a Monza, amplificato dalla qualità dell'avversario che non si è limitato a difendere ma ha anche attaccato, approfittando degli squilibri tattici dell'Inter.
Ecco, tra i tanti argomenti di discussione dopo il derby di ieri, uno che merita particolare riflessione è proprio quanto accaduto nella ripresa quando sul punteggio di parità, 1-1, i nerazzurri hanno abbandonato la loro classica organizzazione, trovandosi spaccati tra attacco e difesa con un centrocampo in tremenda difficoltà nel fare filtro. Atteggiamento tipico di chi sta perdendo, non pareggiando, una partita complessa. Non è neanche un caso che le migliori occasioni avute dal Milan prima della rete decisiva di Matteo Gabbia siano arrivate quasi tutte in contropiede e dopo la rivoluzione in mediana operata da Simone Inzaghi che ha richiamato in panchina i tre titolari Nicolò Barella, Henrikh Mikhitaryan e Hakan Calhanoglu per dare spazio a Piotr Zielinski, Davide Frattesi e Kristjan Asllani. Probabilmente solo l'uscita di Barella, come ammesso dall'allenatore, è stata obbligata da un problema fisico del giocatore, mentre gli altri due compagni di reparto erano visibilmente in riserva con l'aggravante di un cartellino giallo sulla fedina penale.
Fatto sta che con il centrocampo alternativo i nerazzurri hanno azzerato le operazioni di filtraggio, lasciando vere e proprie praterie agli avversari, incapaci di sfruttarle a dovere. Può essere una banale conseguenza delle caratteristiche dei giocatori in campo, ma gettare la croce addosso ai subentrati sarebbe un errore perché anche i compagni di squadra hanno fatto fatica a mantenere le consegne. Si pensi alle iniziative offensive di Benjamin Pavard e Alessandro Bastoni, un paio di volte supportati da Francesco Acerbi. Troppi uomini nella metà campo avversaria e pochi a coprire. Con il risultato di parità, vale la pena ribadirlo.
Ergo, evitando in modo assoluto la ricerca di capri espiatori, bisogna valutare quanto accaduto a 360 gradi per evitare che in situazioni simili, pur non trovandosi sotto nel punteggio, la squadra perda le distanze consegnandosi all'avversario. Il Milan avrebbe potuto approfittarne in modo crudele e paradossalmente il gol l'ha trovato da calcio piazzato, ma la prossima volta esponendo il fianco senza una reale necessità potrebbe andare persino peggio. Una grande squadra non ha l'obbligo di vincere sempre e se si trova in difficoltà può anche limitarsi a portare a casa un pareggio, senza motivi di imbarazzo. Invece la responsabilità di dover vincere il settimo derby consecutivo è così penetrata nella testa dei nerazzurri al punto da spingerli oltre il limite del buon senso, facendo alla fine il passo più lungo della loro gamba, un all in senza alcuna ragione d'essere. La mentalità vincente di questo gruppo è straordinaria, lo confermano i risultati. Ma 'leggere' certe fasi della gara o della stagione è una qualità altrettanto preziosa.
La priorità ora è rintracciare le cause della prestazione di ieri e ce n'è più di una, con la consapevolezza che questo gruppo ha la forza mentale per mettersi alle spalle questo incidente di percorso e non ripetere gli stessi errori. L'equilibrio tra i reparti è sempre stata la chiave delle grandi prove dell'Inter di Inzaghi, capace di andare al di là degli schemi e dei ruoli offrendo un gioco corale che non dà punti di riferimento e al contempo diverte gli spettatori. Ma questa interpretazione fluida del gioco è sempre stata caratterizzata da una solida fase difensiva, che però in questa stagione, a parte la trasferta di Manchester, non sempre ha trasmesso sicurezza. Si spiegano così le 5 reti sul groppone in altrettante partite di campionato, gran parte arrivate da errori di squadra o del singolo più che dalla bravura dell'avversario.
Sicuramente l'impegno in Champions ha influito sulla testa e sulle gambe di molti giocatori, ma non può e non deve essere una giustificazione: il doppio impegno settimanale sarà una costante in questa stagione e alla lunga Inzaghi sceglierà in base allo stato di forma dei suoi più che al curriculum sotto la propria gestione.