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Il fuoco incattivito e l'inerzia mutante: l'ultima carambola è quella là

di Niccolò Anfosso

Pronti, partenza, via. Inutile sviluppo costruttivo arretrato della Fiorentina: movimento del pallone orizzontale e prevedibile. Lautaro vince un rimpallo e va di prima intenzione nell'universo di Barella: controllo esecutivo funzionale all'impeccabile deposito in porta: d'esterno, andando in caduta. Repetita iuvant: barelliani impulsi elettrici. L'atmosfera calda del Franchi ha indirizzato gli entusiasmi delle pedine di Inzaghi, alzando al massimo il livello attenzionale sin da subito. La reazione viola è sui piedi di Ikonè, con il sinistro alto e la scomposta intuizione col ginocchio in anticipo su Dimarco. L'aggressività e lo spirito della banda di Italiano coincide con un altro errore marchiano in impostazione: Lautaro Martinez s'incunea prendendosi gioco di Martinez Quarta e scoccando la rasoiata mancina all'angolino. Terzo confronto filato con gol: bellezza tecnico-agonistica.

FUOCO INCATTIVITO. Per quanto il pubblico stesse caricando l'ambiente circostante, il raddoppio ha denotato un atteggiamento nerazzurro estremamente superiore. L'impronta di una cura precisa del confronto è particolarmente evidente. Ogni volta che l'Inter alza i giri del motore, là dietro i fiorentini barcollano, non sanno più quali criteri adottare per fuoriuscire dal guscio. Anche il pubblico casalingo, considerando l'avvio di stagione oltremodo deludente, inizia a spazientirsi al 20' del primo tempo. L'entrata bruttissima di Dimarco (graziato dal direttore di gara) su Bonaventura regala a Cabral il dischetto della riapertura dei giochi. Gli animi s'infiammano e le pedine non si risparmiano, la gara s'incattivisce e i gialli sventolano un po' qua, un po' là.

L'INERZIA MUTANTE. La lentissima trasmissione della circolazione pallonara marchia una differenza sostanziale tra il nostro campionato e la Premier League. Amrabat scalcia Barella, che a sua volta scalcia Kouamè. Entrambe mirano più ai piedi che non al pallone, nella frazione iniziale della ripresa. Su quel traversone di Ikonè, tagliato, gli assilli e le ansie assaltano lo staff nerazzurro. Poi Kouamè mette a terra indisturbato, con tranquillità, un campanile telecomandando il cambio lato a lunga gittata per Ikonè, che punta Acerbi e disegna un arcobaleno magnifico. Magniloquente nella precisione, stile solenne nella parabola fantastica. Le praterie sono da sfruttare, così Inzaghi opta per i cambi sugli esterni, ma poco prima Barella si divora, a tu per tu con Terracciano, la luce del 3-2. Il Toro si prende sulle spalle l'Inter: si guadagna il rigore e lo trasforma implacabilmente. Un'altalena pazza di emozioni infinite, che al 90' vede Jovic orientare la mezza rovesciata potentissima in porta, dopo una sponda d'alto rango di Milenkovic. L'ultima carambola è quella là, innescata da Venuti, che termina nel sacco. Pazzie sconcertanti, concluse in un furibondo mischione al 98' che ha fatto sudare freddo i cuori nerazzurri in ogni angolo del globo terrestre.


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