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Il manuale degli opposti al Da Luz: da gita accademica ad agonismo elettrizzante il passo è breve

di Niccolò Anfosso

Le motivazioni fanno sempre la differenza: costituiscono la benzina per le pedine rampanti che lottano su quel prato verde. L'Inter si presenta al Da Luz facendo una gita nemmeno troppo accademica, con poca concentrazione e, forte di una qualificazione agli ottavi di Champions League già in tasca con due turni d'anticipo, gioca con troppa sufficienza, inaugurando i primi minuti in terra portoghese nel peggiore dei modi. Perché Le Águias, ancora a zero punti nel girone, entrano in campo con grande voglia e determinazione, oltre alla consueta qualità tecnica frutto di una padronanza nella gestione del possesso. Partenza a mille con un pressing altissimo. L'istante in cui le seconde linee comprendono le complicazioni della serata, ecco che la squadra di Schmidt ha già trasformato l’istinto indomabile in un luminoso crepuscolo.

MANCA DAVVERO TUTTO. Il bilico non c'è: Joao Mario è avvelenato in quel continuum spontaneo. Destra, sinistra, procede al centro, sempre con in testa l'ordinaria caratteristica della sua identità: l'inserimento senza palla senza fornire le coordinate dei riferimenti alle difese avversarie. La proiezione prospettica del positivismo incide, la banda di Schmidt gioca praticamente sul velluto, l'Inter è quasi sorpresa, per meglio dire rassegnata nell'interpretazione dei ruoli. Manca l'atteggiamento caparbio a tinte nerazzurre. La pressione del Benfica diventa asfissiante sin da subito, le riserve dell'Inter si fanno trovare impreparate nella contesa. I portoghesi attaccano con incidenza, agguantando ogni posizione del baricentro, curando le incursioni dei centrocampisti avversari con la padronanza degna della cornice di pubblico. Uno, due, tre: Joao Mario mette in chiaro le cose in poco più di mezz'ora. Nello spogliatoio, soprattutto in serate come queste, ci si parla eccome all'intervallo. L'atteggiamento dell'accensione e spegnimento si attiva.

LA RIPRESA DEL CAMBIAMENTO? E per far sgretolare, anche in minima parte, le certezze portoghesi, occorre provarci e riprovarci con personalità, coraggio ed entusiasmo. Ingredienti che l'Inter mette in campo all'inizio della ripresa. Il binario può cambiare e il treno nerazzurro si scatena con Arnautovic e la bella volèe di Frattesi. La truppa di Schmidt pare quasi impaurita e spaesata, sapendo che per sprecare quel filo del triplo vantaggio occorre molto 'impegno'. Il Benfica rimette in partita un'Inter spenta e mai sul pezzo nei primi 45'. Contemplazione delle idee innovative e ricerca puntuale dell'espressione superiore. Portoghesi guardinghi, nerazzurri decisi e maggiormente intraprendenti, arrivando al tiro con molta facilità. Tante pedine oltre alla linea del pallone permettono alle aquile di ribaltare il fronte, con il 2 vs 1 non sfruttato anche per l'ottimo recupero di Bisseck. Il binario è quello giusto e arriva un insperato (a fine primo tempo) 3-3 sul calcio di rigore conquistato da Thuram e trasformato da Sanchez. Giochi psicologici che s'invertono in via istantanea, il Da Luz viene gelato quando credeva di aver sigillato la pratica a fine primo tempo. Le due squadre si aprono e il divertimento aumenta sensibilmente, potendo sfruttare gli spazi aperti. Antonio Silva si fa cacciare per un'entrataccia ai danni di Barella e il rettilineo finale viene imboccato con l'equilibrio molto flebile. Al 96' Barella colpisce la traversa con un tiro tanto, forse troppo, bello. E l'epilogo fotografa un 3-3 incredibile ed elettrizzante.


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