Il nerazzurro dell'anno 2011 è... Samuel Eto'o! (Nonostante l'Anzhi)
Oltre che essere stato l'anno che ha osservato chiudersi il ciclo di successi maggiormente duraturo della storia interista (iniziato nel 2005 con la perfetta punizione di Sinisa Mihajlovic alla Roma che andava a sancire la conquista della quarta coppa Italia della Beneamata), il 2011 nerazzurro che oggi andrà a concludersi è stato senza dubbio quello del camerunese Samuel Eto'o. Con lui e le sue fondamentali valanghe di reti a disposizione, Zanetti e compagni hanno vissuto sei mesi a viaggiare ad una media pienamente da scudetto - riuscendo quasi nella straordinaria opera di rimontare tredici punti ad un Milan che lo scorso dicembre pareva già avere il tricolore cucito addosso con diverso anticipo - ed hanno messo in bacheca la settima coppa Italia della leggendaria e affascinante saga del Biscione.
Una volta realizzatasi in estate la cessione ai russi dell'Anzhi, l'assenza del bomber cresciuto nell'Ucb Douala è invece risultata, assieme al sempre più aumentante logorio atletico di molti di quegli assi che per circa un lustro hanno contribuito a scrivere magnifiche ed impareggiabili pagine di gloria, una delle due sostanziali cause del recente periodo altalenante della compagine affidata prima a Gasperini e poi a Ranieri, squadra da ritenersi oggi probabilmente ancora competitiva ma di certo non più stellare. Una società che, di riflesso, nella persona di Eto'o ha pure visto concretizzarsi l'affare migliore della gestione di Massimo Moratti, avendo ricevuto nel 2009 dal Barcellona ben cinquanta milioni di euro e il cartellino del famelico "Scorpione Nero" in cambio di un fuoriclasse di pari età, e pressoché uguale livello, come Zlatan Ibrahimovic.
"Io lavoro in Europa, ma sogno in Africa", amava sovente ripetere il numero nove di Nkon nel biennio trascorso all'ombra della Madonnina, rimarcando così il feroce attaccamento alla sua terra d'origine: un continente splendido e indigente, tenace e tormentato dalle guerre, incantevole e dimenticato dal quale l'ambizioso Samuel ha ereditato la graffiante scaltrezza nei pressi dell'area di rigore nemica, l'istinto felino per il gol (53 in 102 presenze con la casacca nerazzurra) e per il velenoso dribbling, la classe cristallina quanto il cielo sopra il Kilimangiaro, la propensione al sacrificio anche a costo di snaturarsi (la stagione d'esordio agli ordini di Josè Mourinho, passata per esigenze tattiche a fare più l'esterno che il centravanti e finita con "appena" sedici realizzazioni, ne è a tal riguardo il manifesto simbolo), la luminosità del sorriso che sbuca contagioso dopo una rete o prima di sottoporsi spontaneamente quasi tutti i giorni, completata la faticosa sessione quotidiana di preparazione estiva svolta con la solita ed irreprensibile professionalità, a una mezz'ora abbondante di autografi sotto il caldo sole di Pinzolo.
Un osannatissimo campione dall'animo disponibile e generoso, impulsivo e determinato, orgoglioso e sensibile: assoluto protagonista di coraggiose battaglie dentro e fuori il rettangolo verde, sia che ci fosse da impadronirsi di un trofeo oppure da zittire il becero razzismo di alcuni tifosi dalla rara ottusità mentale, e ammirato ambasciatore Unicef capace di regalare un prezioso orologio al portiere avversario solo per congratularsi della prodezza con cui quest'ultimo gli si era opposto - accadde con Sebastien Frey al termine di un Inter-Fiorentina del novembre 2009 - o di dar vita ad una fondazione che porta il proprio nome e si occupa concretamente di aiutare i bambini africani, avviandoli alla scuola ed a un avvenire meno problematico, strappandoli al carcere o semplicemente cercando di garantirgli un po' di serenità. Una lunga sequela di gesta umane veramente notevoli in mezzo a sporadiche cadute di stile, tipo l'inattesa aggressione ad un giornalista di una radio di Yaoundè avvenuta nel maggio 1998 a conclusione di una polemica conferenza stampa dove un nervoso e diciassettenne Eto'o, che andando avanti nella sua carriera si sarebbe tra l'altro assicurato lo scettro di capocannoniere del Camerun di ogni tempo, s'era fatto istintivamente guidare più dalle viscere che dalla ragione.
Sul manto erboso, invece, nessuna caduta di stile: gol a grappoli figli di piedi pregevoli e velocità indomabile, partite spesso vinte in solitario come soltanto un carismatico leader sa essere in grado, costante incubo degli estremi difensori e stupendo attaccante proprietario di un'illustrissima cassaforte colma di titoli perennemente griffati dai suoi decisivi centri. A livello di club, tra Spagna e Italia una luccicante collezione di successi recitante quattro campionati, tre coppe Campioni, tre coppe nazionali, tre Supercoppe, una coppa Intercontinentale ed un equivalente Mondiale. Giustamente celebrato alla stregua di una delle punte più forti del panorama internazionale del terzo millennio anche perché solo nella storia ad aver conseguito la mastodontica impresa di aggiudicarsi due Triplete consecutivi, in Catalogna nel 2009 e a Milano dodici mesi dopo, con le rispettive società d'appartenenza.
A scanso di equivoci si ricorda, in particolar modo a qualche ossessionato e bilioso amministratore delegato al quale in futuro l'Enel non potrà certo negare un impiego in qualità di esperto in riflettori mal funzionanti, che l'unico autentico Triplete possibile è quello derivante dalla somma dei seguenti tre trofei, da conquistarsi ovviamente nell'arco di una sola stagione calcistica: scudetto, coppa nazionale, coppa Campioni. Tre obiettivi sul cui ottenimento, quest'anno, in casa nerazzurra peserà non poco la mancanza di un fuoriclasse tremendamente risolutivo ed in forma come lo strepitoso Samuel Eto'o dello scorso torneo: fierezza e voglia di non arrendersi dovranno essere dunque le parole chiave dell'imminente 2012 interista, ossia due delle prerogative massime da sempre invidiate all'infinito e degno popolo africano.
Pierluigi Avanzi